Prof, A. Scaglione ricorda Peppino Benincasa sopravvissuto alla strage di Cefalonia

64233003_331579291109165_7017896250070532096_nIn ricordo di Peppino Benincasa sopravvissuto alla strage di Cefalonia, ha combattuto come partigiano dell’ELLAS per la Libertà dell’Italia e della Grecia dal nazifascismo.

Mi avvio alla conclusione con le parole di Giuseppe Benincasa: <<Noi della Divisione Acqui non vogliamo ricompense, né chiediamo vendetta, perché non servono a risuscitare i 9.406 morti. Almeno, però dateci l’onore e ricordate che siamo stati i primi a combattere l’arroganza e l’alterigia dei nazi tedeschi>>                                                    Prof. Antonio Scaglione

 

 La battaglia e la strage di Cefalonia:

esperienze umane e processuali

The battle and the massacre of Cephalonia: human and procedural experiences

del Prof. Antonio Scaglione

Gentili Signore e Signori,
anzitutto ritengo doveroso ringraziare vivamente il prof. Giovanni Puglisi, Presidente della Società Siciliana per la Storia Patria e il dott. Salvatore Savoia, Segretario Generale della stessa, per avere
patrocinato il presente evento e per averlo ospitato in questo splendido e secolare Salone Di Maggio.
Ringrazio anche l’ANPI, nelle persone del Vice Presidente nazionale e Presidente della sede di Palermo, Ottavio Terranova, e del Vice Presidente, Angelo Ficarra, e tutti i relatori per avere aderito alla presente iniziativa.
Saluto cordialmente le Autorità civili e militari, i rappresentanti delle Magistrature, ordinaria e contabile, e dell’Avvocatura, e tutti i gentili ospiti intervenuti, che, con la loro presenza, testimoniano
stima e considerazione per questa iniziativa di memoria e di ricordo dei militari caduti nella battaglia e nella strage di Cefalonia.
Ringrazio infine, tutti coloro che, impossibilitati a partecipare, hanno fatto pervenire graditi messaggi di saluti e di ricordo delle vittime della strage, come, tra i tanti, il Presidente e il Vice Presidente della Regione, il Presidente della Corte di Appello, dott. Matteo Frasca, il Comandante Interregionale della
Guardia di Finanza, Generale di Corpo di Armata, Carmine Lopez, il Sindaco di Palermo, prof. Leoluca Orlando, e il Sindaco, Alexandros Paris, e il Vice Sindaco, Evangelos Kekatos, di Cefalonia.
Il 26 ottobre dello scorso anno, ci siamo già incontrati in questa stessa sede per presentare il volume sulla strage di Cefalonia, curato dal dott. Marco De Paolis, Procuratore generale militare di appello, oggi nuovamente presente tra noi, e dalla professoressa Isabella Insolvibile, nel quale i due studiosi hanno ricostruito questi drammatici eventi sotto il profilo sia storico sia giudiziario, inserendo anche una fondamentale appendice che contiene i più rilevanti atti giudiziari, sinora inediti

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L’amplissima pubblicistica sugli eventi di Cefalonia si è ulteriormente arricchita, nell’anno in corso, di altri due volumi: Filippo Boni, L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia, Longanesi, Milano, e Ermanno Bronzini, La battaglia di Cefalonia, Il Mulino, Bologna4
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Abbiamo deciso, con il presente Convegno, di ritornare su questi drammatici avvenimenti, anche per ricordare la recente scomparsa del soldato-partigiano, Giuseppe Benincasa, che era stato presente in questo stesso Salone, alcuni anni fa, per un altro Convegno sui processi per i crimini di guerra nazifascisti.
Giuseppe Benincasa raccolse anche le Sue memorie in un volume edito a cura dell’Anpi nel 2013, nel quale raccontò la sua vita: una gioventù difficile, connotata già da sentimenti libertari e antifascisti; l’arruolamento a 18 anni e la partenza per la Grecia; il suo inserimento nella banda musicale militare; la iniziale vita tranquilla a Cefalonia; le drammatiche vicende seguite all’8 settembre del 1943; le manifestazioni di giubilo per l’armistizio; i violenti combattimenti tra gli undicimila militari italiani e le truppe tedesche; la resa e il successivo eccidio di ufficiali e militari; la sua fuga dal luogo della strage; il suo ingresso nelle formazioni partigiane dell’Ellas; il suo matrimonio; la lotta partigiana e la
successiva guerra civile in Grecia; il suo rientro in Italia.

1 Testo della Relazione introduttiva svolta al Convegno su “La battaglia e la strage di Cefalonia: esperienze umane e
processuali” (Palermo, 19 novembre 2019, Fondazione “Società Siciliane per la Storia patria”).
2 Già Vice Presidente del Consiglio della Magistratura militare.
3 M. DE PAOLIS-I. INSOLVIBILE, Cefalonia: Il processo, la storia e i documenti, Viella Libreria editrice, Roma,
2017, passim.
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V. F. BONI, L’ultimo sopravvissuto di Cefalonia, Longanesi, Milano, 2019; E. BRONZINI, La battaglia di
Cefalonia, Il Muino, Bologna. 2019. Negli ultimi anni, oltre al libro di DE PAOLIS-INSOLVIBILE, era stato
pubblicato anche il volume di E. AGA ROSSI, Cefalonia, la resistenza, l’eccidio, il mito, il Mulino, Bologna, 2016.
5 G. BENINCASA, Memorie di Cefalonia, Diario di un sopravvissuto della divisione Acqui, Quaderni dell’ANPI
Sicilia, a cura di F. Ciminato, Istituto poligrafico europeo, Palermo, 2013.

Particolarmente drammatiche sono le pagine nelle quali ha descritto come scampò alla strage: <<I miei commilitoni si accasciavano su di me. Gli spari si confondevano con le loro urla e i loro lamenti, cadevano come birilli. Venni travolto da quell’immenso peso umano che mi cadeva addosso, rimanendo schiacciato dai tanti corpi privi di vita, non riuscivo più a muovermi. Svenni per il dolore e per la disperazione>>6
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La battaglia, svoltasi nell’isola greca di Cefalonia tra il 15 e il 22 settembre 1943, costituisce il più rilevante scontro armato tra le truppe italiane, soprattutto della Divisione di Fanteria Acqui, e quelle tedesche dopo l’armistizio dell’8 settembre dello stesso anno, che sancì la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani, e segnò l’inizio della Resistenza contro i nazifascisti.
Dopo i combattimenti e la resa della Divisione Acqui, il 22 settembre 1943 i tedeschi trucidarono migliaia di prigionieri militari italiani, il cui numero è ancora oggi uno dei fatti più controversi degli eventi di Cefalonia; prigionieri di guerra ai quali doveva applicarsi la Convenzione di Ginevra.
Il successivo 24 settembre gli ufficiali italiani superstiti furono fucilati in quello, che è stato definito dalla storiografia, come “l’eccidio della Casetta rossa”.
La strage rappresenta uno dei più gravi massacri e crimini di guerra commessi dalle truppe naziste nei confronti di militari italiani nel drammatico biennio 1943-1945.
La vicenda giudiziaria relativa alla strage di Cefalonia è analoga a tutte le altre vicende per i crimini di guerra commessi in Italia e all’estero dalle truppe nazifasciste nel biennio 1943-1945, evidenziando, drammaticamente ombre, luci e disfunzioni della nostra giustizia penale militare

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Il contesto originario è costituito dalla situazione del nostro paese alla fine del secondo conflitto mondiale.
Elementari esigenze di giustizia avrebbero imposto di processare immediatamente, con rigore e equilibrio, tutti i militari tedeschi e italiani, responsabili delle stragi e degli altri efferati delitti
commessi in danno di militari, civili e ebrei.
Sennonché ciò avvenne, come è noto, in maniera molto limitata.
Infatti, dopo i cinquanta processi circa a carico di militari tedeschi portati a conclusione dalle Corti militari alleate, l’Autorità giudiziaria militare italiana, nell’arco temporale di dieci anni, avviò e portò a conclusione solo dodici processi a carico di militari tedeschi per crimini di guerra.
Le cause devono essere ricondotte, sul piano internazionale al contesto della guerra fredda e, sul piano interno, al qualunquismo, alla sconfitta del fronte di sinistra nel 1948, alla spaccatura della popolazione tra comunisti e anticomunisti, al revanscismo, e al ritorno della vecchia Italia del compromesso e delle ambiguità.
A questo quadro, sul piano normativo, si devono aggiungere l’amnistia del Ministro della Giustizia dell’epoca, motivata dalla “necessità della riconciliazione e della pacificazione di tutti gli Italiani”, nonché i contestuali provvedimenti di indulto, di grazia e di liberazione condizionale concessi ampiamente ai condannati.
Solo nel 1994, dopo un lungo periodo di colpevole stasi giudiziaria, nel corso delle indagini riaperte per la strage delle Fosse ardeatine a carico del Capitano delle S.S. Erich Priebke, fu scoperto, negli
archivi della Procura generale militare presso la Corte di Cassazione, siti in Palazzo Cesi a Roma, un armadio, passato alla storia, secondo una puntuale definizione del giornalista Franco Giustolisi, come “L’armadio della vergogna”.
In questo armadio erano contenuti 695 fascicoli processuali relativi a delitti commessi dalle truppe tedesche e italiane della Repubblica di Salò nei confronti di civili e militari italiani in Italia e all’estero
dall’8 settembre 1943 al maggio del 1945, archiviati provvisoriamente nel 1960 dall’autorità giudiziaria militare dell’epoca, tra i quali anche gli atti relativi alla strage di Cefalonia9
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6 G. BENINCASA, Memorie di Cefalonia, cit. p. 35 s.
7 Sul tema, v. S. BUZZELLI- M. DE PAOLIS – A. SPERANZONI, La ricostruzione giudiziale dei crimini nazifascisti
in Italia. Questioni preliminari, Giappichelli, Torino, 2012, passim.
8 V. M. DE PAOLIS, La punizione dei crimini di guerra in Italia, in S. BUZZELLI, M. DE PAOLIS, A. SPERANZONI, La ricostruzione giudiziale dei crimini nazifascisti, cit., p. 109 ss.
9 V. F. GIUSTOLISI, L’armadio della vergogna, Beat, Nutrimenti, Roma, 2011.

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Purtroppo, però, ombre e disfunzioni continuarono ad essere presenti. Infatti, alla luce di un altro recente studio della stessa prof. Insolvibile, sia pure limitato ai crimini di guerra commessi all’estero10, si registra un ulteriore periodo di stasi dal 1994 al 2001, caratterizzato da riaperture delle indagini e rapide conclusive archiviazioni.
Ad analoghe conclusioni, sulla base di un confronto tra gli elenchi forniti dalla Procura militare di Roma e gli atti della Commissione parlamentare di inchiesta sull’occultamento dei fascicoli, si è
pervenuti anche con riferimento ai processi penali per crimini di guerra commessi nel centro dell’Italia durante l’occupazione tedesca. Nel periodo 1994-2001 si registrarono, infatti, sia provvedimenti di archiviazione senza lo svolgimento di idonee e effettive investigazioni, sia applicazioni generalizzate e problematiche dell’istituto della prescrizione.
Solo successivamente furono disposte invece riaperture delle indagini e positive conclusioni delle stesse per impulso di alcune Procure militari: la Procura militare di La Spezia, diretta dal dott. Marco De Paolis, tra il 2002 e il 2008, quella di Verona dal 2008 al 2010 – pubblico ministero De Paolis – e, infine, quella di Roma, diretta dallo stesso dott. De Paolis dal 2010 al luglio del 2019.
Da notare altresì che, mentre i pochi processi penali celebrati in precedenza avevano limitato la responsabilità penale ai comandanti, i nuovi processi hanno riguardato anche militari di grado non elevato sul presupposto della irrilevanza, per questi crimini di guerra, della causa di giustificazione dell’adempimento del dovere.
Questi processi per fatti di strage, nonostante la difficoltà di avvalersi della prova testimoniale per il decorso del tempo e anche se con decenni di ritardo dovuti alla già evidenziata stasi processuale del periodo 1994-2001, si sono conclusi con decine di sentenze di condanna all’ergastolo.
In particolare, con riferimento proprio alla strage di Cefalonia il relativo procedimento penale fu avviato originariamente solo nel 2007 e fu chiuso successivamente per la morte dell’unico imputato,
un sottotenente dell’esercito tedesco. Le indagini furono però riaperte nel 2010 dal Procuratore militare Marco De Paolis e portarono, il 18 ottobre 2013, alla sentenza di condanna all’ergastolo (in contumacia) emessa dal Tribunale militare di Roma, poi passata in giudicato, del caporale tedesco
Alfred Störk, ritenuto responsabile del delitto di concorso in violenza con omicidio continuato commessa da militari nemici in danno di militari italiani prigionieri di guerra, almeno 117 ufficiali.
Il Procuratore De Paolis dichiarò all’epoca che questa sentenza di condanna, a distanza di settant’anni dai fatti, costituì comunque un caso di <<denegata giustizia>>, soprattutto perché limitata ad un solo responsabile, pur essendo positiva la statuizione che l’ordine illegittimo, nel caso di specie, non doveva essere eseguito non potendo costituire <<un paravento per coprire misfatti del genere>> 11)

Al riguardo, voglio ancora una volta ricordare che il dott. De Paolis ha promosso e istruito oltre 500 procedimenti penali relativi a stragi commesse sia in Italia contro la popolazione civile – tra le quali le stragi di Marzabotto, Monte Sole, Sant’Anna di Stazzema, Civitella Val di Chiana, Padule di Fucecchio, San Terenzo e Vinca – sia all’estero contro militari italiani, prigionieri di guerra dei nazisti.
In questo contesto sono stati complessivamente 450 i procedimenti penali istruiti dal dott. De Paolis,
e, conseguentemente, 80 i militari tedeschi rinviati a giudizio e processati davanti ai Tribunali militari di Roma, La Spezia e Verona e 57 gli ergastoli irrogati a persone di cui sette ancora in vita nel 2016, ma la Germania non ha mai eseguito queste sentenze12
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Mi avvio alla conclusione con le parole di Giuseppe Benincasa: <<Noi della Divisione Acqui non vogliamo ricompense, né chiediamo vendetta, perché non servono a risuscitare i 9.406 morti. Almeno, però dateci l’onore e ricordate che siamo stati i primi a combattere l’arroganza e l’alterigia dei nazi tedeschi>>13
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10 I. INSOLVIBILE, Archiviazione definitiva. La sorte dei fascicoli esteri dopo il rinvenimento dell’armadio della
vergogna, in Giornale di Storia contemporanea, XVIII (2 n.s.), 1, 2015, pp.5-44.
11 M. DE PAOLIS, in Il Corriere della Sera, 2 marzo 2016. V., pure, E. A. ROSSI, Cefalonia, cit., p. 119 s..
12 V. M. DE PAOLIS, in Corriere della Sera, 2 marzo 2016.
13 G. BENICASA, Memorie di Cefalonia, cit. p. 65.61

Con il presente incontro abbiamo voluto fare memoria; memoria che – come scrisse Mario Rigoni Stern
con riferimento al testamento morale di Primo Levi
– è <<necessaria […] perché le cose che si dimenticano possono tornare>>.
Vi ringrazio per la vostra cortese attenzione.

 
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