Di Angela Diana Di Francesca
segnaliamo con piacere questa interessante nota storica sull’antifascismo a Cefalù
Cefalù ha avuto in passato una forte tradizione libertaria, sia ad orientamento anarchico e marxista che cattolico, e questo ha sicuramente influito nella formazione, negli anni della dittatura fascista, di movimenti di idee antifasciste che, con carattere assolutamente trasversale, coinvolgevano persone diverse per età e provenienza sociale. Essendo impossibile riunirsi in circoli (fu chiuso per un certo periodo anche il Circolo Unione), ed essendo attivo un efficiente servizio di spie dell’Ovra (la polizia segreta fascsta), che operava nelle grandi città come nei piccoli paesi, la circolazione e lo scambio delle idee doveva avvenire con molta cautela e la professione a viso aperto del proprio dissenso poteva avere conseguenze gravissime, il cui verificarsi dipendeva dalla “generosità” o dall’arbitrio delle autorità locali.
Ciononostante a Cefalù vi fu la presenza di giornali che esercitarono il diritto alla libertà di pensiero, di cui il più noto è L’Idea, testata della sinistra cattolica che si ispirava a don Sturzo, a cui collaborarono i giovani Giuseppe Giardina, Giuseppe Giglio, Lorenzo Spallino, e che fu chiuso d’autorità nel 1925. E vi furono gruppi di antifascisti, schedati, perseguitati, arrestati ma che continuarono la loro scelta di “resistenza” insegnando ai giovani col loro esempio l’amore per la libertà.
Ricordiamo il comunista Gioacchino Bellipanni, più volte processato e condannato per le sue idee; Stefano Provenza, a cui poi fu intitolata la locale sezione del PCI, che per vent’anni tenne nascosta la bandiera rossa, per lui simbolo di giustizia sociale; Andrea Maggio, professore di matematica nel licei, che fu privato della sua cattedra per non aver accettato la tessera fascista e che subì anche un arresto; Salvatore Di Francesca, che svolgeva una battaglia di opinione divulgando la conoscenza di stampa o di libri “proibiti”; Luigi Battaglia, che, sebbene avesse spesso subìto perquisizioni, custodì in casa una grande foto di Giacomo Matteotti, che i socialisti di Cefalù avevano invitato a tenere un comizio nel 1924 e che era stato aggredito dai fascisti del luogo. E un ritratto del deputato martire (fu sequestrato e ucciso pochi mesi dopo) si trovava nascosto dietro un’immagine religiosa nel Salone da barbiere di Pasqualino Portera, padre dello studioso Domenico. luogo di riunione degli antifascisti cefaludesi: gesti, questi, che esponevano a rischi non indifferenti ma che venivano compiuti per il loro grande valore simbolico, così come quello di firmare un documento di protesta per l’uccisione di Matteotti. Gli antifascisti cefaludesi-di cui i nomi citati sono solo una parte- si riunivano oltre che nel Salone Portera, nella sede dell’Azione Cattolica, o nel negozio di libreria e cartoleria di Francesco Paolo Miceli,antifascista di spicco, che fu, assieme agli altri sopracitati, tra gli organizzatori della venuta di Giacomo Matteotti a Cefalù.