L’ARTICOLO DI ANTONIO ORTOLEVA SUL LIBRO DI SAVERIO LODATO APPARSO OGGI NELLA PAGINA CULTURALE DEL GIORNALE DI SICILIA. LODATO HA PRESENTATO A PALERMO IL SUO “QUARANT’ANNI DI MAFIA” PROPRIO SUL PALCO DELL’ANPI DEL 25 APRILE A PALERMO AL GIARDINO INGLESE
libri. «Quarant’anni di mafia» di Saverio Lodato con nuovi aggiornamenti
Cosa Nostra, una storia infinita
Il primo a recensire il libro di Saverio Lodato, allora s’intitolava «Dieci anni di mafia», fu Giovanni
Falcone. Era il settembre 1990 e il giudice più palermitano di tutti, che combatteva la mafia nell’indifferenza o nell’ostilità della maggioranza dei concittadini, disse (e scrisse poi su «Micromega»), concludendo il suo intervento a Roma: “Una cosa è certa: indietro ormai non si può più tornare”. E lo disse non tanto agli astanti di Porta di Ripetta e al mondo intero, quanto
crediamo a sé stesso, fra ottimismo a denti stretti e pessimismo a sorriso smagliante, come lui sapeva fare. A porre il sigillo definitivo su quel libro edito da Rizzoli si aggiunse pochi giorni dopo a Palermo Paolo Borsellino.
L’allora procuratore di Marsala parlò di Lodato, cronista e inviato dell’Unità in Sicilia, come di “un compagno di viaggio… col suo altissimo impegno civile a rappresentare la stampa accanto alla giustizia”, e concluse come il fratello
gemello Giovanni con l’ottimismo della volontà: “Dieci anni di antimafia hanno avuto un effetto, non perseguito deliberatamente da investigatori e giudici, che ha allontanato dalle giovani generazioni meridionali quella tentazione alla
convivenza.. che generava il consenso diffuso di cui la mafia si è nutrita”.
La ristampa con l’aggiornamento più doloroso portò a quindici gli anni da
raccontare, e non erano ancora scomparsi l’odore acre del tritolo sulla città e
lo sgomento per il massacro dei due uomini più avversati dalle istituzioni e
dagli apparati in combutta. E più amati, si scoprì a esequie avvenute, dalla
gente semplice e dai ragazzi. Qualche volta bisogna morire per avere ragione.
Il capitolo verrà titolato «L’Apocalisse». Vennero i successivi aggiornamenti e
le continue ristampe di un libro che oggi alle soglie dei «Quarant’anni» appena
compiuti (Bur, euro 13,90) e delle 900 pagine complessive, si accredita, in
Italia e all’estero, come un testo imprescindibile per affrontare e comprendere
Cosa nostra, il fenomeno che ha compromesso la reputazione dei siciliani nel
mondo, questo sì e non certo le fiction sul tema.
Il sipario storico di Saverio
Lodato si apre sull’omicidio di Boris Giuliano – 21 luglio (giorno di
Borsellino) 1979 – il capo della squadra mobile, che prima di altri comprende
il fenomeno e costruisce un sistema di intelligence. La mafia ha decimato in
questi anni intelligenti, profeti e ribelli, chi capisce sino in fondo e chi
non si piega.
E passando attraverso una sequenza di delitti e arresti
eccellenti, pentiti, politici collusi e impegni generosi di cittadini, parroci
e associazioni, passando dagli ostruzionismi interni dei procuratori Curti
Giardina e Giammanco e alla Corte Costituzionale di Carnevale, le innovazioni
legislative a favore e quelle contro, poi le trattative con la mafia e lo stop
ai morti ammazzati – Lodato ci accompagna ai giorni che stiamo vivendo. La
morale è questa: Falcone e Borsellino e pochi altri furono i primi in 120 anni
a combattere Cosa nostra con metodi seri e moderni. Se si vuole continuare su
quei metodi e con gli uomini giusti si potranno evitare aggiornamenti infiniti
al suo libro. Nel contempo, ci fa intendere l’autore, rendere inoffensivi quei
pezzi di Stato e della politica che hanno tenuto in vita la mafia. Sarà il modo
estremo, non solo gli anniversari, per rendere onore agli eroi civili della
giustizia. (*ao*)
Antonio Ortoleva