All’età di 90 anni è morta il 2 settembre Giuseppina Vittone partigiana piemontese, dirigente comunista. Organizza la riscossa delle donne in Sicilia, deputato regionale dal 1955 al 1959. Moglie di Girolamo Li Causi.
Nel renderle il saluto e il doveroso omaggio da parte dell’ANPI Palermo e della Sicilia per una vita spesa per la conquista della libertà dal fascismo e per il riscatto della dignità umana, la ricordiamo con le parole di un’altra partigiana, Nella Marcellino e del figlio Luciano.
Nella Marcellino sull’Unità del 17 febbraio del 2004 ricorda i perigliosi momenti di preparazione, con Giuseppina Vittone, dello sciopero CONTRO IL FASCISMO del marzo 1943 a Torino che seguiva quello del febbraio dei cantieri navali di Palermo:
“5marzo del 1943. Ero a Torino e avevamo organizzato lo sciopero a Mirafiori e in decine di altre fabbriche. Il giorno dopo è arrivata la compagna Giuseppina Vittone che poi è diventata la moglie di Girolamo Licausi. Era andata a Milano a prelevare un certo numero di Unità, nell’edizione clandestina. Ci incontrammo sotto il portico, vicino al palazzo comunale di Torino. Lei aveva tutto il corpo imbottito dalle copie dei giornali stretti con un elastico. Tale elastico si ruppe proprio al momento dell’incontro e le copie si sparsero a terra, tra il Comune e via Garibaldi. Le raccogliemmo in fretta e furia e ci infilammo in un portone. Il titolo grande diceva, se ben ricordo: Centomila operai scioperano contro il fascismo. Auguri!”.
Il figlio Luciano Li Causi nel tracciare la sua idea di “politica come strumento per cambiare, arma collettiva protagonista della scena sociale e culturale, da impugnare con razionalità e passione, al fianco di tante e di tanti; immaginando, con chiarezza ma senza ingenuità, una società-mondo dove prevalgano giustizia sociale, equità, libertà collettive ed individuali,” ricorda i suoi genitori:
“Io sono figlio di deputati. Comunisti. Mia madre, Giuseppina Vittone, partigiana torinese, attiva nella clandestinità, ha rischiato più volte la vita. Dopo la Liberazione ha vissuto in Sicilia, con mio padre, ed ha organizzato le donne dei quartieri popolari di Palermo. Insieme ad altre, si è battuta per i loro diritti e per la loro emancipazione. E’ stata eletta all’Assemblea Regionale Siciliana, dal 1953 al 1958. Ha rifiutato lo stipendio da deputata, perché in casa c’era già quello di mio padre.
Girolamo Li Causi era nato in un paese della Sicilia occidentale. Suo padre, un ciabattino più volte emigrato negli USA, era riuscito a farlo studiare. Aveva, da giovanissimo, incontrato le idee socialiste lascito del movimento dei Fasci siciliani, di fine ‘800. Partito per Venezia, per frequentare la facoltà di Economia di Ca’ Foscari, si manteneva agli studi con le lezioni private e con lavoretti diversi. Dirigente socialista e sindacalista, ha vissuto la nascita e l’affermazione del fascismo in Veneto, difendendo Camere del lavoro e sedi di partito dagli assalti squadristici, ma difendendo al contempo le condizioni di vita dei portuali e degli edili veneziani, o dei lavoratori agricoli del trevigiano. In clandestinità dal 1924, quando aderisce al Partito Comunista, opera in Italia settentrionale per mantenere in vita ed operativa l’organizzazione del partito, falcidiata dalla repressione; viene infine catturato nel 1928, e condannato dal Tribunale Speciale fascista a vent’anni e nove mesi di reclusione. Con un’aggravante di pena, perché al momento della sentenza aveva gridato ‘Viva il Partito Comunista Italiano!’.”
ringraziamo Antonio Terranova per il recupero delle importanti testimonianze.