Dal corriere della sera
Corriere 3 ottobre 13
Il coraggio dei moderati
di MASSIMO FRANCO
L’era di Silvio Berlusconi si è chiusa con un ultimo, malinconico bluff . Il suo voto a favore di un governo che voleva abbattere è l’estrema finzione di vittoria di fronte a una disfatta politica e personale: col paradosso che viene certificata col suo consenso. Ma è anche il sigillo finale su una fase nella quale era cresciuto il distacco del fondatore del centrodestra dalla realtà, italiana e internazionale: al punto da non avere più antenne per captare l’emancipazione davvero moderata dei suoi ministri e di molti parlamentari.
Si può dire che solo col voto di ieri è nata una vera maggioranza politica delle larghe intese. Non a caso il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha avvertito che sarà quella a governare, e non l’ammucchiata numerica che vorrebbe condizionarla. È una coalizione che si è forgiata passando attraverso una strettoia drammatica; e superando il trauma di una spaccatura del Pdl tutt’altro che prevedibile. Ne emerge un nucleo governativo, guidato dal vicepremier Angelino Alfano, che non può essere sminuito con la categoria dei transfughi o dei complici della sinistra. La sensazione è opposta.
Si tratta di una componente che oggi può rivendicare a ragione una forte identità; e proporla da posizioni di parità a una sinistra che ha avuto il merito di assecondare, senza forzarla, un’operazione politico-parlamentare evidentemente matura. Basti pensare alle implicazioni anche psicologiche che la sfida col Cavaliere ha avuto per un personaggio come Alfano, finora suo «delfino». Ma è chiaro che da oggi la maggioranza ha il compito di gestire con equilibrio e, viene da dire, generosità, i rapporti con il Berlusconi sconfitto.
Dopo il risultato di ieri alle Camere, anche il suo destino giudiziario non può non assumere contorni diversi. E non dovrebbe consentire a nessuno forzature per umiliarlo: tanto meno agli avversari. L’asse fra Quirinale, Palazzo Chigi, Pd, montiani e moderati del Pdl dovrebbe essere una garanzia. Protetta e consigliata da Giorgio Napolitano, la nuova maggioranza può puntellarsi su una omogeneità più marcata. E se agisce, è destinata a relegare in un angolo urlante non solo i «falchi» berlusconiani ma anche quelli annidati nelle pieghe della sinistra, oltre a Beppe Grillo e a una Lega svuotata.
Sono loro, esponenti del partito trasversale della crisi, gli sconfitti. E a vincere è chi vuole soddisfare la fame di stabilità dell’opinione pubblica, e la richiesta di certezze che Europa e mercati finanziari giustamente pretendono. Forse, l’errore più grossolano dei tifosi dello sfascio è stato di non avere capito che sono cambiate le regole del gioco. In un’Europa immersa nella crisi economica, il vincolo esterno dell’Italia non è più determinato dai patti militari: è dettato da codici di sicurezza finanziaria altrettanto stringenti.
Rischiare di stravolgerli per comprensibili, ma inaccettabili, ragioni personali è stata l’ultima illusione di onnipotenza di Berlusconi: una miopia che ha rivelato impietosamente la sua appartenenza al passato.