VERSO L’8 MARZO
La strada difficile della Scienza e il maschilismo
In un articolo di Piero Bianucci apparso su ‘Le Stelle’ febbraio 2017, sulla figura di una grande esploratrice della materia oscura, Vera Cooper Rubin scomparsa nel giorno di Natale, si fa opportunamente anche riferimento a curiose incredibili difficoltà di ‘genere’ che, erroneamente, non ci si aspetterebbe nel celeste mondo della astrofisica. Il pensiero corre a Ipazia, la celebre matematica a capo della scuola neoplatonica di Alessandria senza arrivare alla tragica terribile fine complice il vescovo, poi santo, Cirillo di cui ci parla Socrate.
Vera Rubin del 1928 “misurando … la velocità di rotazione in circa 200 galassie…, verificò accuratamente che le stelle esterne orbitano ad una velocità almeno doppia rispetto a quella che dovrebbero avere secondo la legge di gravitazione universale di Newton”. Plausibile risposta a questo fenomeno trovava spiegazione nella ipotesi dell’esistenza della materia oscura. Aveva con le sue osservazioni messo in evidenza l’esistenza della materia invisibile. Dice Biancucci un lavoro da premio Nobel che però non porta Vera Cooper Rubin a Stoccolma, così come non ci potè andare Jocelyn Bell, la scopritrice di stelle di neutroni che dovette cedere il suo posto al suo professore, Antony Hewish.
Questo importante indizio dell’esistenza di materia oscura la Rubin lo scrisse in un articolo che fu rifiutato dalle due più importanti riviste di astrofisica. Lo presentò allora ad un convegno mentre era alle prese con la nascita di un figlio. Il 30 dicembre 1950 il Washington Post uscì col titolo “Una giovane mamma scopre il centro della creazione studiando il moto delle stelle”. Incoraggiata la Cooper Rubin presentò domanda per il dottorato alla Università di Princeton. Neanche le risposero. Non sapeva che le donne non vi erano ammesse, divieto che durerà fino al 1975. Ma riesce a lavorare con Georges Gamow, uno dei profeti del Big Bang, che aveva notata la sua intelligenza. Ormai è una astronoma affermata. Ciò nonostante non era consentito né a lei né ad altre donne accedere al telescopio di 5 metri di Monte Palomar, il telescopio all’epoca più grande del mondo. Anche se la strada per abbattere il maschilismo è ancora lunga, questa barriera verrà abbattuta. Ormai dice Biancucci, Vera Cooper Rubin è diventata la “ dark lady”, anzi la “dark queen” che con l’enigma della materia oscura fa intravvedere all’orizzonte forse una “nuova fisica”.
Angelo Ficarra