NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI
CARLO SMURAGLIA:
► “Non basta una legge, deve cambiare prima la nostra testa” (a proposito di violenza sulle donne, ma anche dell’escalation dei neofascismi).
Mi approprio (e spero che l’autrice non me ne voglia) del titolo di un bellissimo articolo di Michela Marzano (la Repubblica, 15 luglio 2017), non solo perché lo condivido, parola per parola, ma anche perché lo trovo particolarmente utile in più direzioni.
Nel caso specifico, Michela Marzano parla del femminicidio e della violenza contro le donne, considerandoli ormai come un fenomeno “strutturale” nel nostro Paese. E conclude rilevando come ci possano essere mille leggi, mille campagne di prevenzione (ed è bene, aggiungo io, che ci siano) ma non basteranno mai ad eliminare questa violenza, ormai strutturale, se non si formerà una cultura diffusa ed adeguata, in tutti, negli uomini e nelle stesse donne: una cultura della tolleranza e dell’accettazione reciproca e, potrei aggiungere, della libertà ed uguaglianza (art. 3 della Costituzione) e del rispetto della persona.
Una tesi che andrebbe gridata ed affissa sui muri, ma soprattutto attuata ed applicata in concreto, se vogliamo contenere, ridurre e infine sconfiggere questa violenza che si consuma spesso anche dentro le mura domestiche. Una tesi che, ricordo, ebbi modo di sostenere, in Senato, anni fa, assieme ad altri, in occasione dell’approvazione della legge sulla violenza sessuale; presentammo un ordine del giorno, che diceva in sostanza questo: approviamo pure questa legge, aumentiamo le pene e quant’altro, ma tutto questo servirà solo se si
metterà in campo una grande campagna culturale e formativa. L’ordine del giorno fu approvato all’unanimità e poi, come spesso accade in Italia, finì travolto dall’oblio. Riprendere oggi quel tema è giusto ed utile. Ma l’articolo mi ha colpito particolarmente anche per un altro motivo, perché “mutatis mutandis”, l’assunto vale anche per l’impegno antifascista nostro e delle istituzioni, proprio nel momento in cui, da un lato si avvia in Parlamento la discussione su una legge che mira a reprimere la propaganda del fascismo, ma dall’altra accadono fatti come quello di Milano (una specie di assalto, di CasaPound, all’interno del Comune, mentre è in corso una seduta del Consiglio comunale) e quello di un gestore di un bagno, a Chioggia, dichiaratamente e spudoratamente fascista nell’impostazione della conduzione dello stabilimento, nei discorsi, nei simboli quotidiani apertamente utilizzati. In entrambi i casi ci hanno colpito due cose: la scarsità e la limitatezza delle reazioni, una certa tendenza a parlare di goliardia e a considerare questi atti come un mero esercizio di libertà del pensiero (e di azione). Anche in questi casi, è una diffusa cultura dell’antifascismo che manca, nel nostro Paese, nelle istituzioni ed in una parte non indifferente di cittadine e di cittadini. E’ su questo che bisogna lavorare. Per carità, ben vengano leggi più chiare e di più facile applicazione, se il Parlamento riuscirà ad approvarle in una versione compatibile con i ben noti insegnamenti della Corte Costituzionale. Bisogna tuttavia lavorare su molti altri fronti: la memoria, anzitutto, perché troppi dimenticano, (o non sanno) che cosa è stato e cosa ha generato il fascismo, e l’orrore di molte gesta del regime (non ultima, la persecuzione degli antifascisti e degli ebrei). In secondo luogo, sulla cultura della democrazia, che è anche la cultura dell’antifascismo, proprio perché abbiamo questa Costituzione che è, lo ripeto ancora una volta, tutta antifascista. Questa formazione culturale si realizza con un diverso atteggiamento delle istituzioni, con una posizione più chiara e ferma della stampa che si proclama indipendente, ma soprattutto con la formazione, nelle scuole, di una coscienza civica e di una “cittadinanza attiva”. Se non si battono questi sentieri, temo che avrà ragione – ancora una volta – Michela Marzano a dire che ci vuol altro, cioè: non solo le leggi (“le leggi son – diceva uno dei nostri Grandi – ma chi pon mano ad elle?”), ma una vera cultura del rispetto, un fanatismo della libertà e dell’uguaglianza, un amore estremo per la democrazia. In questo sta la vera possibilità di successo dell’antifascismo, così come nelle misure indicate nell’articolo più volte richiamato sta il “segreto” per ottenere un vero “cambiamento della testa” in tema dei rapporti di genere.