Ribellarsi alla mafia nella Sicilia moderna: due storie a confronto

Da controlacrisi di Francesco Fustaneo               Logo ControLaCrisi.org
Se dovessi scegliere un luogo dove rappresentare l’eterno scontro tra bene e male credo che la Sicilia sarebbe un’ ambientazione appropriata: terra di sofferenza, di violenze e di mafia , ma al contempo terra di ribellione, di martiri e di eroi. Le storie che sto per raccontarvi incarnano in se molto del bello e del brutto di quello che la Sicilia può riservare a chi la vive. Quelle in questione sono storie vere, di due uomini che probabilmente non si conoscono l’uno con l’altro, ma accomunati da valori morali quali l’ onestà e il senso di giustizia e l’amore per la propria terra.
Il primo di cui parlerò è Vincenzo Liarda, di Polizzi Generosa, piccolo centro nelle Madonie.
La storia di Vincenzo , sindacalista della Flai Cgil ha inizio nel 2003, periodo in cui è vice presidente del Consiglio Comunale del suo paese. E’ in quell’anno che inizia a interessarsi seriamente alla questione del feudo Verbumcaudo. Il feudo in questione, comprendente un’azienda agricola e 150 ettari di terreno, era appartenuto a suo tempo al boss Michele Greco (detto il “Papa”) ed era stato a questi confiscato su disposizione di Giovanni Falcone. Vincenzo inizia a farsi promotore di una battaglia per cercare di recuperare il bene e spinge per una sua riutilizzazione per finalità sociali. Grazie alle sue sollecitazioni, alla sua incessante azione politica e sindacale dopo numerose vicende legali e un’ iter burocratico assai complesso, l’Agenzia Nazionale dei beni confiscati assegna alla Regione Sicilia il feudo, la quale a sua volta lo gira al consorzio Sviluppo e Legalità di Corleone per un suo utilizzo per attività sociali. Su Verbumcaudo da sempre però gravano interessi forti e non manca di farsi sentire la pressione della macrocriminalità alla quale l’azione del sindacalista ha dato fastidio e non può secondo le logiche mafiose restare impunita. Il primo gesto intimidatorio contro la persona di Vincenzo risale al 2010 quando riceve una lettera recante un foglio con due proiettili disegnativi sopra e delle minacce esplicite. Negli anni seguenti gli atti criminosi aumentano in misura esponenziale: dall’auto della moglie danneggiata, all’incendio appiccato alla sua casa di campagna, per non parlare del ritrovamento degli alberi di ulivo tagliati in un appezzamento di terreno di sua proprietà. Ad oggi sono 21 i gesti intimidatori complessivamente rivolti contro Vincenzo. L’ultimo in ordine cronologico il 30 maggio scorso: una missiva contenente polvere da sparo e proiettili. Al danno è poi seguita anche la beffa : la revoca della scorta il 13 giugno scorso senza una motivazione plausibile e senza che lo stesso sindacalista fosse preventivamente avvertito. Revoca contro la quale l’Associazione RETE 100 PASSI ha recentemente promosso una petizione indirizzata al Ministero dell’ Interno Alfano per chiedere che vengano riconfermate immediatamente le misure di protezione nei confronti di Vincenzo.
L’altra storia è quella di un giovane di 34 anni originario di Catania, Emanuele Feltri, il quale tempo fa ha deciso di cambiare radicalmente il proprio stile di vita per allestire una fattoria. Trasferitosi in campagna sulle rive del fiume Simeto nei pressi di Paternò, in contrada Sciddicuni, inizia a dedicarsi a tempo pieno all’allevamento e alla produzione di alimenti biologici. Ma il fiume e la vallata sono da tempo presi di mira dalla criminalità, utilizzate come una discarica naturale e a costo zero dove riversare illegalmente rifiuti pericolosi. La presenza in zona di gente come Emanuele può dunque dare fastidio. Pochi giorni fa, il 30 giugno per l’esattezza, ritornando dal capoluogo etneo Emanuele trova il suo gregge sterminato; a terra ancora esangui giacciono le carcasse delle pecore trivellate a colpi di pistola. A suggellare l’intimidazione il ritrovamento della testa di un animale, tagliata e gettata vicino la sua casa. Ma nonostante la brutalità del gesto, nonostante il lugubre avvertimento anche Emanuele così come Vincenzo non ha demorso e ha scelto di continuare per la propria strada, proseguendo il proprio lavoro quotidiano “sognando una vallata pulita, piena di vita e di speranza”. Anche queste come tante altre sono storie siciliane, di lotta per una terra da rispettare e da lavorare onestamente; storie di orgoglio e di dignità.
Fustaneo Francesco
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