DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE

SI VUOLE STRAVOLGERE LA COSTITUZIONE

Modifica dell’articolo 138, una strana procedura con una commissione di saggi nominati

SMURAGLIA:  “allora bisogna dire che questa è un’anomalia decisamente grande e grave, da respingere con forza, non solo per ragioni giuridiche, ma anche sulla base della logica e del buonsenso.”

INVITO PER LA COSTITUZIONE, LE GARANZIE, I DIRITTI.
Siamo cittadine e cittadini preoccupati perché,
— è in atto un tentativo di modificare il grande patto costituente che, a partire dal 1948, regge la convivenza civile e sociale del Paese; (continua in fondo)

 

NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA:

► Un signore che si permette di parlare di “complotti”, e di una sorta d’intesa per eliminarlo dalla scena politica, realizzata da una quantità ormai enorme di magistrati del penale e del civile, di primo e secondo grado, della stessa Corte Suprema di Cassazione, può realizzare – da solo – un “conflitto”? Io penso di no.

Esiste, nel nostro codice penale, il reato di rissa, che è definito dalla giurisprudenza come una violenta contesa o contrasto tra più persone, commesso con violenza. La stessa giurisprudenza esclude la rissa ogni volta che non di violenta contesa si tratta, ma dell’aggressione unilaterale di una parte contro l’altra.

Lo stesso può dirsi del “conflitto” che nel Dizionario dei sinonimi è considerato equivalente a “battaglia, guerra” e simili, vale a dire sempre come una contesa fra gruppi animati della stessa volontà aggressiva.

Questa piccola digressione sull’uso e il significato delle parole, mi viene suggerita dall’uso frequente della espressione “conflitto tra politica e magistratura” (che naturalmente deve cessare), con invito alle parti contendenti di smetterla e rientrare nei ranghi di normali rapporti.

Ma esiste davvero questo “conflitto”? E da che cosa lo si ricava? Nei giorni scorsi questa espressione è stata usata dopo la minacciosa conferenza stampa, a reti (pressoché) unificate, di Berlusconi, che aveva sferrato il consueto attacco contro la Magistratura. L’unica risposta che c’è stata è quella dell’Associazione Nazionale Magistrati, che ha ribadito – con calma e fermezza – l’indipendenza e l’autonomia della Magistratura e l’esigenza di rispetto delle sue decisioni.

Questo sarebbe un conflitto? Davvero non lo può sostenere nessuno, perché è davanti a tutti l’attacco unilaterale, continuo, bieco, da vent’anni e più, di una sola persona e dei suoi accoliti, a tutti coloro che sono stati chiamati a giudicare in vicende penali o civili in cui era implicato. Un attacco violento, spesso contrassegnato da espressioni virulente (ricordiamo il riferimento alla “metastasi”) da parte di un soggetto che è stato condannato, anche con sentenze definitive, per atti gravissimi, fondati sostanzialmente sulla corruzione, oltreché sul falso e sulla frode fiscale.

Un signore che si permette di parlare di “complotti”, e di una sorta d’intesa per eliminarlo dalla scena politica, realizzata da una quantità ormai enorme di magistrati del penale e del civile, di primo e secondo grado, della stessa Corte Suprema di Cassazione, può realizzare – da solo – un “conflitto”? Io penso di no.

Ma se si parla di conflitto e si invitano tutti alla calma ed al rigore, più o meno nello stesso modo, non si rischia di mettere sullo stesso piano il pregiudicato ed i suoi giudici? Invitare i Magistrati a rispettare i valori fondamentali cui devono ispirarsi, in questo momento e in questa occasione, non rischia di rappresentare una sorta di sottinteso rimprovero a chi ha fatto solo il proprio dovere, subendo con pazienza attacchi irosi, pedinamenti, controlli sulla vita privata, insulti feroci, semplicemente limitandosi ad andare avanti e a non cedere alle pressioni ed al ricatto? Di fronte a dichiarazioni chiaramente eversive, come quelle che abbiamo tutti sentito in televisione (e che sono state poi riprese, ampiamente, dalla stampa), ci si aspetterebbero reazioni forti dalle più autorevoli fonti istituzionali che si risolvano in poche parole chiare: “basta, chi subisce condanne le accetti e le rispetti e non formuli minacce contro chi fa il proprio dovere e contro lo stesso sistema istituzionale”.

Se in un agguato violento, c’è a terra un ferito gravissimo e vicino colui che l’ha colpito con ancora in mano la pistola fumante, avrebbe senso invitare tutti (anche la vittima) alla calma ed al rispetto dei sacri princìpi? Secondo il comune sentire, questo sarebbe inaccettabile.

Perché, allora, dobbiamo sentir parlare ancora di un “conflitto” tra “politica” e magistratura, che non c’è, anche a prescindere dal fatto che non è giusto neppure parlare di “politica”, visto che l’aggressione è sostanzialmente e sempre di una persona e dei suoi cortigiani?

Questo non significa “assolvere” la Magistratura da ogni colpa; certo, difetti nella Magistratura ci sono, come in ogni altro organo dello Stato. Ma fondamentale è che essi non incidano sull’attività giurisdizionale, sulle scelte che chi giudica deve fare. Che all’interno della Magistratura ci siano casi di eccessivo “protagonismo”; che talvolta il sistema delle correnti si prospetti nella sua forma più deteriore, sembra talmente pacifico che su tutto questo riflettono gli stessi Magistrati, in Assemblee, Congressi, dibattiti sui loro siti e così via. Ma che c’entra questo con l’imparzialità e l’autonomia e con la rigorosa osservanza delle regole?

E soprattutto che cosa c’entra con le condanne subite da Berlusconi, sulle quali nessuno osa sollevare sospetti (oltretutto, sarebbero troppi i magistrati, del PM e della Giudicante, a complottare!), eccetto – naturalmente – il condannato, che difficilmente sarà a sua volta (è umano) imparziale e riconoscerà i propri torti. Quanto poi all’impegno riformatore che dovrebbe contraddistinguere la Magistratura, a me sembra – per quanto mi risulti (ma seguo questa materia con molta attenzione) che più volte l’Associazione Nazionale Magistrati abbia avanzato proposte e suggerito riforme per migliorare il corso della giustizia, senza che nessuno le desse retta e prestasse attenzione. E aggiungo che quando il CSM ha espresso pareri su leggi che riguardavano la giustizia, offrendo il proprio contributo alla riflessione, c’è stata sempre una levata di scudi, da parte degli stessi che da anni fanno crociate contro la Magistratura, per negare addirittura la legittimazione del CSM ad esprimere pareri.

Dunque, andiamo al concreto; affrontiamo serenamente e in modo approfondito i problemi veri della giustizia e cerchiamo di risolverli, ma nella chiarezza e nell’aperta condanna di chi fa discorsi eversivi, sollecitando un’improbabile sollevazione del popolo. Ho letto, giorni fa, un importante articolo di Barbara Spinelli (Repubblica del 18 settembre, pag. 31), con un titolo significativo (“Il fascino della melma”). Ne esce un quadro della situazione attuale del Paese che suggerisce a tutti riflessione, pacatezza e soprattutto chiarezza nell’affrontare i più seri problemi che riguardano l’Italia.

”Commissione dei saggi”: i cittadini aguzzino l’ingegno, si informino, si documentino e poi alzino la guardia. Ancora una volta lo ripeto: non siamo conservatori, la Costituzione si può modificare, ma solo in coerenza col complesso del sistema e solo nelle forme volute dal legislatore costituente. La cosiddetta Commissione dei “saggi” nominata dal Governo per predisporre una bozza di riforme costituzionali, ha depositato – dopo un breve soggiorno marino a Francavilla – il proprio lavoro, in tempi addirittura anticipati rispetto all’attività del Parlamento, che è ancora alla prima lettura del disegno di legge costituzionale sulla procedura.

Ci sarà tempo di esaminare questo documento con la necessaria attenzione, ma fin d’ora, almeno due osservazioni si impongono.

La prima: tutti dovrebbero rilevare la tangibile anomalia di questo documento. La revisione della Costituzione è un tipico lavoro del Parlamento, disciplinato dall’art. 138 della Costituzione, che prescrive una serie di cautele e garanzie perché la Costituzione non possa essere riformata in modo incoerente e con maggioranze occasionali. Il Governo, secondo la prassi, dovrebbe restare estraneo a questo lavoro; al più potrebbe dire la sua nel corso della discussione, ma senza interferenze su un lavoro tipicamente parlamentare.

Invece, qui si è nominato un comitato di “saggi” (chissà che titolo di studio occorre per essere definito “saggio”?) col compito di stendere una sorta di bozza sulle principali questioni di cui si discuterà e che alcuni ritengono degne di un’attenzione particolare ai fini – appunto – dell’ipotetica riforma della Costituzione. I “saggi”  (scelti con criteri non solo qualitativi, ma anche di appartenenza a specifiche aree politiche) hanno lavorato, su alcuni punti si sono trovati d’accordo e su altri no, ed hanno presentato la loro “bozza”; che dovrebbe servire a che cosa? Presumibilmente, nel pensiero di chi ha “inventato” questo procedimento inusuale, a fornire la base della futura discussione parlamentare, in qualche modo impegnativa per i parlamentari, che peraltro, di materiale ne hanno più che a sufficienza e il Parlamento è attrezzato per consentire l’approfondimento dei problemi per coloro che vogliano discutere (e alla fine votare) consapevolmente.

Ed allora bisogna dire che questa è un’anomalia decisamente grande e grave, da respingere con forza, non solo per ragioni giuridiche, ma anche sulla base della logica e del buonsenso.

Ho sentito alcuni parlamentari dire “adesso vediamo questa bozza, e poi si vedrà”; mi ha colpito il fatto che non gridassero allo scandalo e non avvertissero l’offesa che,

implicitamente, è stata al Parlamento. Bisognerà richiamare l’attenzione su questo punto, che è davvero di principio.

La seconda: da un primo, pur sommario, esame, emerge che i “saggi” hanno ritenuto che per “rafforzare il Parlamento”, bisognerebbe fare alcune modifiche fondamentali: ridurre il numero dei parlamentari, superare il bicameralismo paritario; regolare meglio il procedimento legislativo e, più rigorosamente, quello della decretazione d’urgenza.

Fin qui, in linea di massima, nulla di veramente nuovo, perché della riduzione del numero di parlamentari si parla da anni (e tutti si dichiarano d’accordo, ma dovrebbero rendersi conto che non basta ridurre il numero, bisogna organizzare meglio le presenze, il lavoro e la partecipazione effettiva, nelle Commissioni e in Aula) e così pure della differenziazione del lavoro tra le due Assemblee (sulla quale, ugualmente, c’è accordo di massima, ma con grandi differenza sulle soluzioni concrete). Quindi, il Parlamento dovrà lavorare a fondo, su questi temi, nel senso ora indicato. Ancora, non ci sono grandi problemi per una diversa e più efficace ripartizione delle competenze, che chiarisca bene la situazione ed eviti la conflittualità che in questi anni è stata parecchia e dannosa.

Ma il punto fondamentale è che i “saggi” non si sono trovati d’accordo sul presidenzialismo (che speriamo venga definitivamente accantonato) ed hanno ripiegato su un rafforzamento dell’esecutivo, ponendo come obiettivo la realizzazione di un “governo parlamentare del primo Ministro”.

In realtà, vengono presentate tre soluzioni possibili, ma è chiaro che quella su cui si punta è la terza (quella che ho ora indicato), accompagnata da una coerente legge elettorale.

In estrema sintesi, da una sola consultazione degli elettori dovrebbero emergere sia la maggioranza parlamentare, sia l’indicazione del Presidente del Consiglio. Inoltre il primo Ministro potrebbe chiedere il voto, a data fissa, dei disegni di legge del Governo; il Primo Ministro potrebbe essere sfiduciato solo con una mozione di sfiducia costruttiva (maggioranza qualificata e indicazione del nuovo Presidente). La stessa procedura dovrebbe essere seguita quando il Primo Ministro pone la questione di fiducia su un provvedimento e non la ottiene.

Mi fermo qui, perché il ragionamento diventerebbe troppo complesso ed è chiaro che sul tema bisognerà tornare in prosieguo. Si vuole solo segnalare che nella più benevola delle ipotesi, si proporrebbe comunque un forte rafforzamento dell’esecutivo, non solo per il fatto che il Presidente del Consiglio sarebbe già indicato dal popolo, all’interno di una specifica maggioranza, ma anche e soprattutto perché col sistema descritto, l’agenda parlamentare sarebbe nelle mani del Governo, che potrebbe costringere l’Assemblea ad occuparsi praticamente (o almeno prioritariamente) dei soli disegni di legge proposti dal Governo. Con buona pace del “rafforzamento” del sistema parlamentare, che invece ne risulterebbe fortemente indebolito.

Sono soltanto prime osservazioni, che ho voluto formulare perché si cominci a capire qual’è la reale posta in gioco, che cosa viene prospettato al Parlamento per il suo lavoro, che peraltro comincerebbe solo dopo la definitiva approvazione, in seconda lettura, del disegno di legge che stravolge il senso dell’art. 138 della Costituzione, e dopo l’eventuale referendum.

Insomma, i cittadini aguzzino l’ingegno, si informino, si documentino e poi alzino la guardia.

Ancora una volta lo ripeto: non siamo conservatori, la Costituzione si può modificare, ma solo in coerenza col complesso del sistema e solo nelle forme volute dal legislatore costituente. Tutto il resto rappresenta un serio pericolo, che occorre evitare, non per chiudere definitivamente la partita, ma per affrontare seriamente i due problemi veri: 1. apportare alla Costituzione le modifiche già mature e che non alterino il sistema, ma semplicemente lo razionalizzino.

2. riprendere con forza un discorso che sembra appassito, in questo grande parlare di riforme: quello dell’attuazione piena delle norme costituzionali e realizzazione effettiva dei princìpi e dei valori recepiti nella Costituzione. E’ noto a chiunque che, in gran parte, la Costituzione non è applicata (basti confrontare l’art. 1 con l’esercito di disoccupati e precari che vive ed aumenta nel nostro Paese, tanto per fare un esempio): è dunque ora che ci si decida a capire che questo è il compito primario di un Parlamento e di un Governo che vogliano essere davvero corrispondenti ai princìpi costituzionali ed alle esigenze di solidarietàed equità che da essi derivano.

INVITO PER LA COSTITUZIONE, LE GARANZIE, I DIRITTI.
Siamo cittadine e cittadini preoccupati perché,
— è in atto un tentativo di modificare il grande patto costituente che, a partire dal 1948, regge la convivenza civile e sociale del Paese;
— è in atto un tentativo di ridurre le garanzie volute dai padri costituenti rendendo più facile il processo di revisione della Costituzione, rimettendolo a parlamentari eletti con legge non democratica e non scelti direttamente dai cittadini;
— è in atto un tentativo di modificare l’assetto istituzionale del Paese per creare le condizioni per il successivo attacco ai diritti fondamentali garantiti dalla parte prima della Costituzione;
— è in atto un tentativo di far passare questa riforma nel silenzio della informazione;

Siamo cittadine e cittadini propositivi perché,
— vogliamo l’attuazione della Costituzione, dare effettività a tutti quei principi costituzionali che al momento sono disattesi o sostanzialmente disapplicati;
— vogliamo informarci ed informare sulla riforma costituzionale, sul significato e le conseguenze della sua approvazione.

Per questo ci incontreremo venerdì 27 Settembre 2013 ore 17,30 presso l’Aula Rostagno di Palazzo delle Aquile del Comune di Palermo, in Piazza Pretoria, per condividere e organizzare le iniziative a difesa della Costituzione.

Onofrio Barbaria, Giulia Campione, Saverio Cipriano, Alessandro Crociata, Giovanni Di Benedetto, Angelo Ficarra, Margherita Furlan, Maria Guagliardito, Paolo Guagliardito,
Linda Grasso, Francesco Greco, Antonio Ingroia, Natalia Lanza, Ignazio Licciardi, Sergio Licciardi, Alida Lo Monaco, Alberto Mangano, Giuseppe Carlo Marino, Gaspare Motta,
Lorenzo Palumbo, Patrizia Patanè, Salvo Pennino, Nicolò Puccia, Marilena Sansone,
Sonia Spallitta, Angela Tagliavia, Antonella Testa, Letizia Testa, Gianlucio Valenti, Ottavio Terranova

 

Questa voce è stata pubblicata in Anpi notizie, ANTIFASCISMO, memoria, Resistenza e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.