Graziano Delrio, presente alla cerimonia, tenta di fare retromarcia.

Una medaglia del governo è stata data a un militare fascista “in riconoscimento del sacrificio offerto per la Patria”.

È successo lo scorso 10 febbraio in occasione dei festeggiamenti per il Giorno del ricordo in cui si fa memoria delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Oggi il presidente della Camera Laura Boldrini ha innescato la miccia che ha fatto detonare una polemica senza precedenti. Così, mentre anche le autorità si affannano a cercare di capire come sia successo, garantendo che sarà presto fatta chiarezza, il governo si è subito affrettato a garantire che è disposto a una marcia indietro. “Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente – ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio – il riconoscimento dovrà essere revocato”.

Dopo Laura Boldrini (che aveva provato a sfilarsi addebitando al governo la scelta dei caduti da medagliare nella “giornata del ricordo”), ora anche il vicepresidente del Consiglio, Graziano Delrio, presente alla cerimonia, dice di aver firmato un provvedimento del cui merito non era a conoscenza.

Figura pessima doppia, insomma.

Il comunicato di ieri sera, dopo una giornata di incazzatura feroce da parte di mezza Italia (noi compresi), è il solito democristiano “non sono stato io” (risentirsi Caparezza, per capire). “Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato”.

Ora diverse “istituzioni” sono impegnate a cercare i responsabili di quanto accaduto (non sappiamo se verrà invocata la Troika…).Perché chi conosce i meccanismi che governano questo tipo di commemorazioni, in cui i ministri fanno la parte del figurante firmatario, con la medaglietta in mano da appuntare su un petto di lontani discendenti oppure su un gagliardetto, spiega che in realtà a “proporre” e decidere i nomi sono oscuri “funzionari”. E non ci vuole molto a immaginare che in questa ristretta schiera di passacarte sia stato infilato, da un qualsiasi governo (centrosinistra e centrodestra hanno fatto a gara su chi era davvero più “revisionista” sul piano storico, su chi cancellava meglio la pregiudiziale antifascista della Costituzione), anche qualche fascistello ansioso di “riabilitare” un autentico mostro del collaborazionismo con i nazisti.

Paride Mori, ufficiale parmense del Battaglione bersaglieri volontari “Benito Mussolini”, poi inquadrato nell’esercito della Repubblica di Salò e nelle Waffen SS, non era proprio il tipo di “vittima dei comunisti” cui si può regalare una medaglia d’oro. Dopo la frettolosa retromarcia della Boldrini, in seguito alle rimostranze dell’Anpi e di tutte le forze antifasciste, arrivava Sel a chiedere che, vista la certezza storica per cui “Paride Mori combatté al fianco dei nazisti e fu ucciso in combattimento dai partigiani”, il governo “si scusi, quella medaglia venga ritirata e i membri di quella Commissione siano destituiti da ogni incarico”.

E  così palazzo Chigi cerca di lavarsene le mani, con una nota in cui si spiega che  “E’ stato dato mandato per un approfondimento e nei prossimi giorni verrà ripresa in mano l’istruttoria ed esaminata”; il nome di Paride Mori non è frutto solo di Palazzo di Chigi essendo stato individuato da una commissione tecnica costituita da 10 membri, tra i quali uno solo è della Presidenza del Consiglio.

Sì, certo, per gente così la “memoria” è un cesto da cui si può prendere a piene mani quel che serve… A voi dei “valori” – se non sono economici – non ve ne può fregare di meno. Ma questa piccola – e infame – vicenda spiega benissimo il livello dello squallore che ha allagato anche “commissioni” dove, secondo logica e buon senso, dovrebbero essere accolti solo storici di chiara fama. E non certo piccoli fascistoidi in cerca di revanche

Sempre colpa del governo – del parlamento di “nominati” – è, insomma.

Ultima modifica il Lunedì, 16 Marzo 2015 10:43

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