Riflessioni sul Referendum Costituzionale del 4 dicembre 2016

Abbiamo voluto raggruppare impressioni, commenti, messaggi per farne memoria, per non perdere uno spaccato di umanità che prepotente affiora da questi ricordi. Ringraziamo fin d’ora le compagne e i compagni che che ci inviano e che vorranno ancora inviarci  testimonianze di una battaglia che è stata vissuta in gran parte come una battaglia per la democrazia. Certo non è stato tutto semplice e lineare. Ci sono stati momenti di sconforto come per esempio quando ci siamo resi conto, (comunque senza mollare),  che non ce l’avremmo fatta a raccogliere le firme necessarie per essere tra i promotori del referendum, ma sopratutto quando incontrando amiche, compagni/e dei quali davamo per scontata la scelta per il no ci siamo trovati di fronte ad un fermo, convinto si. Questo ci ha messo in difficoltà; a volte ci ha ammutolito sopratutto di fronte a compagne/i di cui avevamo, e abbiamo, piena stima e rispetto. Ci veniva difficile renderci conto di quale era il percorso logico per arrivare a quella scelta, della quale avevamo comunque pieno rispetto. Il fatto comunque non ha mai scalfito la nostra profonda convinzione.

Abbiamo voluto avviare una pagina di ricordi, di suggestioni, di emozioni della lunga campagna referendaria conclusasi con il voto del 4 dicembre 2016. Lo facciamo a partire dal messaggio di ringraziamento inviato sabato 3 dicembre a  Carlo Smuraglia.

Interventi:

Lettera a Smuraglia

Dichiarazioni del giorno dopo la vittoria del NO

Giusy Vacca

Lorenzo Baldo Antimafia 2000

AF

Natalia Milan

 

Lettera dell’ANPI Palermo a Carlo Smuraglia

3 dicembre 2016  Carissimo Presidente

Ti vogliamo inviare, questa sera alla vigilia del voto referendario, il nostro più cordiale ed affettuoso ringraziamento per la tua fondamentale guida nella  bellissima importante fondamentale battaglia per la democrazia, per la difesa della sovranità popolare, per la difesa della dignità umana. Lo vogliamo fare ora, in attesa  dell’esito anche se siamo fiduciosi, per dirti con affetto grazie a nome di tutte le compagne e i compagni delle ANPI siciliane con le quali abbiamo vissuto questo straordinario momento. Abbiamo imparato di più ad amare la nostra Costituzione, a ricostruirne la storia, ad approfondirne la conoscenza, ad impossessarci del suo grande valore sociale morale e civile. Ti siamo tanto grati per il coraggio che ci hai dato, per l’esempio di coerenza e di volontà che non dimenticheremo mai, per le tante nuove compagne e compagni che si sono iscritti all’ANPI.
Le compagne e i compagni dell’ANPI Palermo e della Sicilia ti abbracciano con grande affetto

ANPI – Dichiarazione del giorno dopo la vittoria

Ha vinto il popolo italiano che, così, ha salvato la Costituzione della Repubblica nata dalla Resistenza da manomissioni e stravolgimenti inutili e pericolosi.

E ciò ha fatto come espressione di quella sovranità  che i cosiddetti auproclamatisi riformatori volevano comprimere, impartendo una lezione di democrazia che, come partigiani della Costituzione, faremo in modo, assieme a tutte le forze del  progresso, possa generare una rinnovata  stagione di conquiste sociali e civili.

Il popolo italiano ha dimostrato fortemente che la Costituzione si può amare e che il suo vero cambiamento è costituito dalla sua completa attuazione.

L’ANPI continuerà a svolgere la propria funzione di coscienza critica del presente e di attiva custode  della memoria storica del Paese.

 

Di seguito alcune prime interessanti missive: Giusy Vacca

“Carissima Giusi, come stai? Desideravo gioire con te, per il risultato del referendum ma sopratutto ringraziarTi. In questo momento in cui tutti esultano e si considerano vincitori, nessuno dice che un anno e mezzo fa,proprio la Tua Associazione, l’ANPI, aveva lanciato l’allarme su come Renzi e la sua pseudo-riforma stava tentando di privare i cittadini della loro Democrazia. GRAZIE. Grazie a Te e all’ANPI, mi avete convinto a votare NO prima ancora che iniziasse la campagna referendaria. Un abbraccio e a presto. (Era Milena Murania a scrivermi. Fa parte di Scorta Civica e ha fatto la tessera ANPI.

Lorenzo Baldo il giornlista di Antimafia 2000 ; “Cara Giusy, in questa giornata di liberazione ti abbraccio forte e ringrazio te e tutta l’Anpi per il grande lavoro che avete fatto! Ti giro il mio pezzo con un pensiero per Peppino Benincasa. Un abbraccio forte e a presto.”

Mi ha fermato una architetta, durante la vicenda referendaria, per dirmi ti dobbiamo ringraziare, te e l’ANPI per esserci, per l’importantissimo lavoro che fate. Analoghi messaggi negli incontri con i ragazzi delle scuole. Il ringraziarti per esserci, rivolto all’ANPI, è sempre  stato un messaggio meditato, convinto, espresso con profonda commossa convinzione.AF

Pensieri su Referendum. Ho votato due volte di Luisa Muraro.

Questo testo è stato gentilmente pubblicato sul sito della Libreria delle donne di Milano il 2 febbraio 2017 col titolo “Lettera aperta a Luisa Muraro sul referendum con breve risposta”.

http://www.libreriadelledonne.it/lettera-aperta-a-luisa-muraro-sul-referendum-con-breve-risposta/

Natalia Milan

Cara Luisa, non posso essere d’accordo con te su Referendum. Ho votato due volte (http://www.libreriadelledonne.it/referendum-ho-votato-due-volte/, 15 dicembre 2016). E dico perché l’esigenza che con te condivido di svincolarmi dal tertium non datur l’ho espressa votando No.

Dal femminismo, in primis da quello della differenza, ho imparato ad allenare lo sguardo intercettando le trame del reale oltre e nonostante certe descrizioni del reale stesso: quei temi di scuola, per esempio, in cui i prati sono sempre verdi contro ogni esperienza che ne abbiamo e contro ogni evidenza, come avvertivi nel tuo magistrale Maglia o uncinetto. In quelle descrizioni l’uso metaforico del linguaggio diventa derealizzante e perde la realtà.

Penso che ci sia una confusione delle coscienze che può prodursi dal confronto con la complessità della realtà. Ma, in questa vicenda referendaria, c’è stata una non ignorabile forzatura confondente operata, tramite il linguaggio, sulla realtà.

Votare o no ad un referendum lo prendo come un tertium non datur fisiologico, vincolante ma non di per sé disturbante.

Invece, il tertium non datur con cui mi sono confrontata durante tutta la campagna referendaria, non pacificamente, per cercare una posizione svincolata rispetto ad esso, è stato il tertium non datur sul significato attribuito al votare e al votare no, sulle narrazioni del presente e le descrizioni di scenari da venire, sulla ricostruzione delle motivazioni per il e per il no.

Il tertium non datur più pressante era tra le narrazioni del come ad un cambiamento ineludibile, comunque progressivo, non rimandabile e del tutto necessario così come dato, e del no come espressione di conservazione, immobilismo, cosa da gufi e da screditata prima repubblica. È stata, questa, la narrazione fatta da chi ha promosso la riforma, che ha imposto il suo tertium non datur a partire dall’atto di chiudere il dibattito in parlamento rilanciando ai cittadini e alle cittadine un quesito monoblocco, come anche tu rilevi, su cui non si poteva più discutere, ma solo da prendere o lasciare in base ad una ricostruzione bloccata della storia politica ed istituzionale dell’Italia dell’ultimo quarto di secolo e all’affermata necessità prioritaria di riforme istituzionali da attuarsi comunque e a tutti i costi. Il tertium non datur era nel costruire così le alternative: o far confluire una lettura dei fatti ingessata nel a una riforma con finalità, obiettivi e soluzioni tecniche ingessate anch’esse o dire no alla riforma come se non si ammettessero i problemi, si rifiutasse ogni cambiamento, si scegliesse deliberatamente il peggio della nostra storia e del presente. Rispetto a questa narrazione delle alternative, ho subito sentito l’esigenza di svincolarmi per discutere se questa riforma fosse auspicabile e adeguata; io non ci ho creduto: né nella sua genesi priva del necessario ampio consenso, né nella finalità di privilegiare la governabilità rispetto alla rappresentanza, né negli obiettivi specifici né nelle soluzioni tecniche. Anzi l’ho reputata dannosa.

Ma non basta perché, con un certo uso delle parole, un altro forte vincolo hanno aggiunto i riformatori: non mi dilungo e sintetizzo con la frase da tanti e tante ripetuta che “se non si approva la riforma, andiamo a casa”. Come dici, alcuni/e, non tutti/e, hanno quindi votato con l’ulteriore vincolo del non far cadere il governo (o del farlo, invece, cadere). Ancora un tertium non datur, per scelta e responsabilità del governo promotore della riforma, e un ulteriore vincolo tra alternative così costruite: o votare per la stabilità e la governabilità o votare no rischiando di gettare il paese nel caos politico e finanziario.

Alzare la posta in gioco abusando del linguaggio, così descrivo questa operazione. Lo scenario poi non si è mostrato vero; non solo, ma non lo hanno praticato nemmeno i sostenitori: come altamente prevedibile, il Pd ha un ruolo nel governo, Renzi ha subito dato le dimissioni rilanciando di fatto i numeri della sconfitta e giocandoli sul piatto del suo futuro in politica, molti e molte strenui sostenitori della riforma sono ancora nel governo e nelle istituzioni e non sono certo “a casa”. Previsto e prevedibile perché appunto quelle affermazioni erano scommesse verbali, irrealistiche e frutto d’azzardo da giocatori. Fatte in spregio della lingua e della comunità politica che la parla.

Allora per me tertium datur: c’è stata e ho praticato con altri e altre un’altra possibilità, quella di votare o no in base ad altre motivazioni e con un pubblico discorso in campagna referendaria che provasse, pur nella confusione e nelle enormi difficoltà, ad esprimerle e spiegarle, nei discorsi e negli incontri pubblici.

Il tertium datur è stato per me provare a costruire con altri e altre, nei mesi precedenti al referendum, lo spazio per un discorso in cui i termini e le alternative non fossero ingessate per come venivano presentate, ma discusse con attenzione agli accadimenti passati e presenti, alle attese e alle aspirazioni nostre.

Non mi turbava votare come Berlusconi, Salvini o altri: è nelle cifre della democrazia rappresentativa che una minoranza – e ahinoi, per scelta del governo, il era proposto come governativo e “di maggioranza” – , una minoranza con cui pure si può non condividere molto, giochi un ruolo ed esprima una posizione che è a beneficio di tutti e tutte. È il miracolo della democrazia rappresentativa – per chi ci crede, pur criticandola anche da un punto di vista femminista – e proprio per scegliere che forma di democrazia rappresentativa vogliamo si votava. Se quindi sul tema del referendum posso ben comprendere il senso del nobile non voto anarchico, per me invece era irrinunciabile votare, votare no, partecipare alla costruzione di quel discorso politico molto complesso che è stato questo passaggio politico, sfilare le trame dei discorsi del potere e di quelli contro il potere che entrambi si costruivano su sé stessi occultando la realtà.

Il tertium datur era sfilare la trama delle affermazioni che l’Italia sarebbe di colpo del tutto cambiata quel 4 dicembre, segnando in senso trionfalmente progressivo e segnando no in senso irrimediabilmente regressivo. Il tertium datur era partecipare a quella pubblica discussione prima e immaginare il dopo, il dopo del no che chiamavamo costituente e il dopo in cui ricucire gli strappi di una campagna referendaria in cui tutti e tutte, e no, ci sentivamo minoranza, un po’ schiacciati, soverchiati dagli altri. E questo clima claustrofobico e da fame d’aria è responsabilità politica di chi ha promosso una riforma costituzionale in solitaria, sopravvalutando le sue forze e incurante del danno a tutti/e noi. Qui prendeva il suo senso il mio segnare no in cabina elettorale.

Nell’esito del voto sono confluiti tanti motivi e tante parti. Sarei un’illusa se pensassi, per esempio, che col No ha vinto la mia idea che questa riforma troppo poco garantiva un adeguato controllo del potere esecutivo schiacciando il ruolo delle minoranze parlamentari, delle autonomie locali e rischiando di far nominare alla maggioranza di governo gli organi di controllo (Presidente della Repubblica, Corte Costituzionale, Csm). C’è stato anche questo nel no, ma insieme a molto altro.

Posso dire che mi è dispiaciuto per gli elettori e le elettrici che hanno provato la delusione della sconfitta di una riforma in cui avevano creduto. Ma per me i due esiti non erano equivalenti: se la riforma fosse stata approvata sarebbe stato ben più che un dispiacere, sarebbe stato un peso sul cuore, per i motivi cui ho accennato. E il passaggio del voto referendario non l’avrebbe resa più digeribile. Come saltare nel cerchio di fuoco e uscirne vivi non rende innocenti. Era legittimo sì, ma non tutto quello che è legittimo è opportuno, non tutto quello che è legittimo è giusto. E se la riforma fosse stata approvata, la sconfitta dei no sarebbe stata più indigeribile di quella dei , perché la riforma nasceva escludente a partire dai promotori fino ai contenuti.

Il successo del No non ha espresso un governo alternativo a Renzi, non avrebbe potuto. Ma la vittoria del No non è solo di partiti, movimenti e pezzi di partiti, ma di tantissimi cittadini e cittadine, organizzati e non, che hanno votato numerosi. Ha vinto un No che non ha eletto un governo, anzi forse una crisi di governo si sarebbe aperta: in questo senso, il No ha scartato dal diktat della governabilità e della stabilità, dei timori per le reazioni dei mercati e delle agenzie di rating. In questo tentare un’altra strada da quella battuta negli ultimi anni, il No, che in tanti/e abbiamo votato non a cuor leggero, è stato coraggioso e ha cercato un cambiamento, anche se non quello stesso cambiamento che voleva chi ha votato : ha scelto e chiesto un cambiamento che non era quello della riforma. Si può pensare che da questa complessità e forse confusione venga un’indicazione politica? Io penso di sì, penso che, almeno in parte, abbia vinto un No politico in senso pieno, che riapre la discussione su ciò che ci accomuna: dalle regole del gioco alle politiche che vogliamo per i prossimi anni. Adesso ancora una volta tertium datur e tocca a noi,che abbiamo scelto il e il no, ricucire gli strappi prodotti dalle scelte altrui. E guardare oltre.

Natalia Milan

4 febbraio 2017

Marco Travaglio

Roma, Italia  10 feb 2017 —

Per la democrazia costituzionale

Il risultato straordinario del referendum del 4 dicembre segna una svolta nella storia del nostro Paese.
Con questo referendum il popolo italiano non solo ha respinto la deformazione della Costituzione contenuta nella proposta Renzi- Boschi ma ha anche rifiutato l’Italicum, un sistema elettorale disegnato a misura della riforma costituzionale, espressione dello stesso disegno neoautoritario ed accentratore.
Adesso che, con il vostro contributo, abbiamo raggiunto l’obiettivo di cancellare la riforma e sconfessare decenni di politica volta a restringere la democrazia rappresentativa nel nostro Paese si sono create le condizioni per ridare vigore alle istituzioni della democrazia rappresentativa asfissiate da una pratica politica oligarchica che aveva reso il Parlamento impermeabile alle domande che vengono dalla società e alle ragioni della giustizia sociale e dell’uguaglianza (lavoro, sanità, scuola, previdenza, ambiente).
Occorre ripristinare la piena credibilità e rappresentatività del Parlamento perché i cittadini debbono tornare ad essere protagonisti del voto ed artefici, con il concorso dei partiti, della scelta delle rappresentanze parlamentari, come richiede il principio fondante della Costituzione che stabilisce che la sovranità appartiene al popolo.
Abbiamo bisogno di una riforma elettorale che restituisca la sovranità agli elettori e riconduca i partiti politici alla loro funzione costituzionale di canale di collegamento fra la società e le istituzioni.
Per questo il Comitato per il No ed il Comitato contro l’italicum hanno promosso una petizione popolare per chiedere al Parlamento una legge elettorale coerente con i principi della democrazia costituzionale. Vi invitiamo a firmare la petizione all’indirizzo
https://www.change.org/p/restituire-la-sovranit%C3%A0-agli-elettori
p. le Presidenze dei Comitati

Mauro Beschi
Domenico Gallo
Alfiero Grandi

Questa voce è stata pubblicata in Anpi notizie, ANTIFASCISMO, EVENTI, Lotte contadine, memoria, Movimento Fasci Lavoratori Siciliani, Resistenza. Contrassegna il permalink.