Estate 1943: Una lunga scia di sangue nell’area etnea. Le stragi naziste. |
articolo di Domenico Stimolo
Nel corso di due mesi, in quella fatidica estate del 1943, si consumarono tre fondamentali eventi per la costruzione del percorso che portò alla realizzazione della nuova Italia, repubblicana, libera dai nazi-fascisti e democratica: 10 luglio, lo sbarco degli Alleati in Sicilia; 25 luglio, la caduta e dissoluzione della dittatura fascista con l’arresto di Mussolini, che concludeva l’infame e violento periodo del “ventennio” – iniziato con la “marcia su Roma” nell’ottobre del 1922 -; violentemente represse e distrutte tutte le strutture istituzionali dello stato liberale, dell’opposizione sociale- politica, le articolate manifestazioni di espressione della libertà di pensiero e d’azione; poi, all’ 8 settembre, con l’armistizio a Cassibile ( Sr), tra l’Italia e i paesi Alleati, si concluse l’ ”impresa” fascista che aveva portato il nostro Paese, assieme all’alleato tedesco- nazista, in onore della “razza eletta”, a scatenare la guerra di aggressione ed invasione contro tutti i popoli europei – iniziata con l’invasione tedesca della Polonia il 1° settembre 1940 -, costata oltre 55 milioni di morti, senza considerare le carneficine che si consumarono sul fronte orientale, quello asiatico, accese dal sistema dittatoriale-militare-imperiale del Giappone.
Ricorre, ora, 2013, il 70° Anniversario.
La Memoria, faro fondamentale di oggi e di domani, per la libertà, la solidarietà e lo sviluppo sociale dei popoli, rimane sempre viva, per mai dimenticare.
I 38 giorni della “battaglia di Sicilia”, in gran parte svoltosi nell’area della Sicilia orientale, furono lunghi e cruenti, coinvolgendo in maniera diretta e spietata anche la popolazione civile.
Il 10 luglio un’ imponente formazione militare alleata – “operazione Husky” – composta da 3200 navi con l’appoggio di un grande schieramento aereo, sbarcò sulle coste sud-orientali dell’isola 160.000 militari, essenzialmente, statunitensi, inglesi e canadesi, con un’enorme mole di attrezzature militari; alla fine dell’operazione raggiunsero il numero di 480.000 unità.
All’atto dello sbarco l’isola era presidiata da circa 230.000 militari italiani (moltissimi i siciliani, circa il 70%) e da forti e bene armate formazioni tedesche costituite da 45.000 unità.
L’Italia era ormai reduce da una guerra devastante. La disfatta in Russia ( Unione Sovietica) era già un fatto compiuto; abbandonate, in rotta, le aree del Nord Africa; le aree dell’ “Impero”, nell’ “ Africa Orientale Italiana”: Eritrea, Somalia, Etiopia, erano state lasciate alla fine del 1941. Il fascismo aveva fatto sacrificare “ la migliore gioventù”, negli anni di vita più belli. Le popolazioni civili erano allo stremo e alla fame; tutte le città, compreso quelle siciliane, sottoposte a continui micidiali bombardamenti aerei.
Il crollo militare dell’Asse in Sicilia era ormai ineludibile. In gran parte avvenne rapidamente. Il 22 luglio gli Alleati entrarono a Palermo, dopo avere liberato tutta l’area occidentale dell’ isola; il 21 ad Enna. L’esercito italiano, escluso alcune sacche di battaglia, ebbe complessivamente un veloce disfacimento. Tanti soldati abbandonarono il fronte dei combattimenti, di fatto dileguandosi; la grande piazzaforte di Augusta il 10 luglio si arrese senza nessuna reazione di contrasto. Dopo il 25 luglio, l’esercito italiano è ormai allo sbando. Le aree di combattimento si restrinsero in gran parte nella zona etnea. Il 5 agosto gli Alleati, dopo la sanguinosa battaglia nell’area del fiume Simeto entrarono a Catania. In tutte le città e paesi i cittadini siciliani accolsero gli Alleati con aperte, corali e gioiose manifestazioni di giubilo; lo schiaffo di disprezzo più grande ed energico che potesse essere dato al fascismo.
Le truppe italo-tedesche iniziarono una veloce e disordinata ritirata, per raggiungere lo stretto di Messina ( 17 agosto). L’obiettivo dei tedeschi era di abbandonare celermente la Sicilia, con tutti i mezzi.
Fu proprio nelle convulse giornate di questa fase che i tedeschi-nazisti condussero una serie di sanguinarie operazioni contro le popolazioni civili.
Ormai in rotta, cercavano tutti i mezzi per potere allontanarsi nel raggiungere Messina, sfogando sui civili la rabbia della sconfitta.
Per essere meno visibili agli attacchi delle truppe Alleate, per proseguire, invece di utilizzare la strada costiera, in gran numero si sparsero a raggiera nell’area interna, per diverse decine di chilometri.
In molti si misero a depredare, con metodiche razzie, perseguitando uomini, donne, ragazzi. Molto ricercati erano gli autoveicoli, i cavalli e i muli. Il ladrocinio era rivolto anche verso le strutture dello stato. Giorno 20 luglio i soldati tedeschi, dopo avere rapinato tutto il motorizzato che era rimasto a Catania ( compreso i carri funebri), assalirono la Questura della città per impossessarsi degli automezzi; lo stesso giorno rubarono, armi in mano, la macchina al Prefetto a al Podestà. Questo era il clima del disfacimento in atto.
Gli eventi più gravi e drammatici si consumarono nell’area pedemontana etnea tra il 3 e il 12 agosto. La violentissima battaglia della Piana di Catania era finita.
I luoghi degli eccidi più efferati furono Mascalucia e Castiglione di Sicilia, ove fu fatta une vera e propria metodica strage. Randazzo, Adrano, Biancavilla, Calatabiano, Pedara, Belpasso, Valverde, Trecastagni, e tutte le aree di campagna circostanti furono direttamente interessate dalla furia omicida e ladresca dei nazisti. Le località si trovano tutte in provincia di Catania
Anche i cittadini catanesi ne subirono le conseguenze, come poi raccontato dal famoso giornalista catanese Igor Man ( Igor Manlio Manzella) il 18 agosto 1945 in un articolo pubblicato su “ Il Partigiano” di Genova con il titolo “ i primi partigiano sono stati siciliani”.
Il 3 agosto, Mascalucia ( 3000 i residenti, oltre 5000 gli sfollati) divenne un vero e proprio campo di battaglia. Centinaia di civili armati, supportati dai pochi soldati italiani presenti nel paese ( due postazioni del genio), dai vigili del fuoco militarizzati e carabinieri, si scontrarono con le truppe tedesche. I cittadini stanchi delle angherie e delle razzie dei tedeschi si ribellarono. L’ animo della rivolta scaturì dopo alcuni tragici eventi scatenati dalla furia di depredazione dei tedeschi nel corso della mattinata; prendevano di mira i pochi automezzi civili rimasti, i cavalli, gli asini e i muli; gli animali erano l’unico vitale “ strumento” di sostegno di gran parte degli abitanti. Dopo l’assalto tedesco, con sparatoria, ad alcune case per rubare i cavalli – le famiglie Bonaccorso, Amato, Nicotra, si difesero armi in mano; rimase ucciso Giovanni Amato, ferito il nipote-, e l’uccisione del soldato italiano Francesco Wagner e il grave ferimento di un altro soldato – Giuseppe La Marra – morirà nei giorni successivi – intervenuti per impedire altri atti di violenza in corso nel paese, esplose la rabbia popolare. Parecchi cittadini avevano armi proprie. In molti attinsero al deposito d’armi della famiglia Amato, armieri a Catania che avevano trasferito pistole e fucili a Mascalucia. Fu scontro furente, durato diverse ore. I tedeschi spararono ripetutamente sulla piazza con un cannone controcarro, utilizzando un’autoblinda armata con quattro mitragliatrici. I tedeschi furono battuti sul campo. In tarda serata arrivarono gruppi di carabinieri da Catania, ufficiali italiani e tedeschi. Con grande fatica, dopo una snervante trattativa tra militari tedeschi, italiani e civili, fu concordata una tregua. I tedeschi pretendevano di prendere 100 ostaggi tra i civili. All’alba del giorno dopo i tedeschi abbandonarono il paese. Nel corso degli scontri rimasero uccisi 14 tedeschi. I civili feriti, residenti a Mascalucia e sfollati, preferirono restare anonimi. Gli inglesi arrivarono giorno 7 agosto. Di recente, un contributo importante alla rivalutazione della Memoria con la ricostruzione delle tragiche vicende di Mascalucia, è stato dato da Nicola Musumarra con il libro “ La Resistenza italiana in Sicilia. I martiri e gli eroi di Mascalucia e Pedara”.
Nella stessa giornata del 3 agosto a Pedara (poco distante da Mascalucia) si svolsero altri gravi accadimenti. Anche in questo caso la reazione dei civili fu determinata da un caso di razzia di animali. Alfio Venturo, mulattiere, dopo avere subito la rapina del proprio mulo, assieme al suocero, armati di schioppo, si recarono nel centro del paese. Incontrati i due tedeschi, che conducevano il mulo, intimarono loro la restituzione dell’animale. Scaturì un furibondo scontro. Venturo e Di Stefano, a colpi di pietra uccisero un tedesco, l’altro rimase gravemente ferito. Immediatamente dopo i tedeschi presenti nel paese ( una decina) si spostarono nella piazza del paese, sparando con una mitragliatrice. Da lì scattò la reazione dei civili, residenti e sfollati. In circa duecento, armati con armi proprie o prese nella caserma dei carabinieri, circondarono i tedeschi, che si allontanarono. Nel pomeriggio tornarono in forze, circondando la piazza.
La gran parte dei civili che ancora stazionava nel luogo scappò; tredici uomini furono presi in ostaggio e portati a Zafferana, all’ albergo “ Airone” dove era ubicato il comando tedesco. Furono lasciati giorno 10 agosto quando i tedeschi lasciarono il paese. Tre giorni prima nelle campagna tra Pedara e Tremestieri i tedeschi, dopo orrende torture, assassinarono un giovane contadino Alfio Faro.
Il 5 agosto a Valverde i tedeschi devastarono la tenuta agricola di proprietà dei monaci dell’eremo di S. Anna. Dopo il depredazione delle riserve alimentari e l’uccisione degli animali di cortile, ammazzarono a colpi di pistola frate Arcangelo. Il 7 agosto un contadino, di giovane età, di Tremestieri fu rapito dai tedeschi. Il cadavere fu ritrovato due giorni dopo nelle campagne vicine al paese, orribilmente torturato; ucciso con cinque colpi di pistola.
Anche a Randazzo, nella prima fase di agosto, i tedeschi uccisero inermi cittadini: Enrico La Piana di 50 anni e Nunzio Romano di 32 anni.
Il 12 agosto a Castiglione di Sicilia – comune montano con settemila abitanti – si scatenò la furia nazista. Una divisione tedesca, dopo furenti combattimenti, si ritirava da Randazzo ( altro comune montano dell’area nord dell’Etna, trasformata in piazzaforte dalle truppe italiane-tedesche, rimasto interamente distrutta dai terrificanti bombardamenti aerei effettuati dagli Alleati a partire dal 13 luglio). Quella mattina un contingente tedesco entrò nel paese preceduti da un carro armato. Senza “ragione”, solo per sfizio omicida, iniziarono a sparare contro le case e le persone che si trovavano per le strade. Un’azione lunga e meticolosa che riguardò tutto il paese. Consumarono una vera e propria attività di perverso assassinio e di ladrocinio di massa. Moltissime case furono colpite dal fuoco delle mitragliatrici e dei fucili mitragliatori ; razziando ed uccidendo.
Tantissime abitazioni furono devastate, depredate di tutti gli oggetti di valore. Pur di fronte all’enorme furore contro gli inermi un contingente di truppe italiane presenti a Castiglione, costituito da alcune decine di soldati, rimase inerte. Sedici cittadini rimasero uccisi dalla furia nazista: Giuseppe D’Amico, Nicola Camardi, Francesco Cannavò, Giuseppe Carciopolo, Antonino Celano, Nunzio Costanzo, Giovanni Crifò, Francesco Di Francesco, Salvatore Di Francesco, Giuseppe Ferlito, Vincenzo Nastasi, Salvatore Portale, Santo Purello, Giuseppe Rinaudo, Carmelo Rosano, Giuseppe Seminara. Circa venti i feriti.
Ancora non sazi delle loro atrocità, i tedeschi, in un clima di generale terrore, rastrellarono circa 300 persone, rinchiudendole in un grande ovile. Una delegazione, costituita da cittadini, da un ufficiale italiano, dall’arciprete Giosuè Russo, e dalla suora Anna Maria Casini – vera e propria eroina della tragica situazione, era pronta a morire in cambio della liberazione dei cittadini imprigionati – condusse una lunga e drammatica trattativa. L’ufficiale tedesco continuava a minacciare la fucilazione, asserendo che cinque soldati tedeschi erano stati uccisi dai civili, senza specificare il luogo. Il 14 agosto, gli ostaggi, affamati e assettati, vennero rilasciati.
Gli atti documentali della strage giacevano nascosti nel famoso “armadio della vergogna” collocato in una sede giudiziaria militare assieme ai documenti – 695 fascicoli d’inchiesta – delle innumerevoli stragi fatte dai nazisti in Italia. Nessuno degli assassini dei inermi cittadini è stato mai perseguito dalla giustizia.
Una lapide posta nel Palazzo Municipale così recita: “Pacifici ed inermi cittadini senza colpa, barbaramente trucidati, uno ad uno, dalla furia irragionevole della belva tedesca, perivano il 12 agosto 1943”.
Altre sanguinose vicende commesse dalle truppe tedesche nell’area etnea sono riportate nel libro “ Catania tra guerra e dopoguerra” ed. 1983, a cura di F. Pezzino, L. D’Antone, S. Gentile.
In quelle giornate Adrano era stata quasi del tutto abbandonata dai propri abitanti, in stragrande parte contadini, rifugiatosi nelle campagne assieme ai propri animali di lavoro. Le truppe tedesche, sconfitte, si ritiravano da Troina e Regalbuto ( Enna) Per sfuggire ai bombardamenti degli Alleati si ritiravano percorrendo l’intreccio di trazzere e sentieri che si trovavano in quell’area territoriale. Passava la furia devastatrice. Lungo il percorso rastrellarono contadini e sfollati, circa centocinquanta, con il proposito di utilizzarli come “sistematori di strade” per facilitare la loro ritirata. Del consistente gruppo, tenuto in stato di schiavitù, facevano parte anche tre monaci cappuccini. L’odissea iniziò tra il 3 e il 4 agosto. Giorno 4 uccisero Antonio Ciadamidaro, 65 anni, in contrada “ Pietra Bianca”, Antonio Spalletta di 37 anni e Antonino Agliozzo, 55 anni, in contrada “ Grotte Rosse”. Il giorno dopo furono assassinante altre quattro persone: Pietro La Rosa ( 40 anni), Salvatore Carciola ( 42 anni), Salvatore Ingrassia ( 43 anni), Salvatore Vitanza ( 60 anni). Via, via che la marcia procedeva in direzione Bronte- Randazzo, Il 6 agosto ammazzarono Salvatore Liotta ( 19 anni), Carlo Carmelo Grasso ( uno sfollato catanese), Salvatore Scuderi ( 53 anni). Prima di Cesarò, a seguito di un bombardamento degli Alleati, i prigionieri riuscirono a fuggire.
Altre uccisioni ci furono nella zona di Biancavilla nel corso della prima settimana di agosto. Un contingente tedesco attendato in contrada “Martina” si dedicò ad effettuare molteplici razzie in tutto il circondario, compreso il paese. In queste operazioni uccisero, con modalità atroci, 4 persone: Giosuè Riccieri di 33 anni, Alfio Alò, 18 anni, Antonio Riccieri, 45 anni, Giuseppe Papotto di 42 anni. Diversi contadini si difesero dalle violente angherie, dalle rapine. Alcuni soldati tedeschi furono uccisi.
Giorno 11 agosto a Calatabiano i tedeschi sequestrarono un giovane di 15 anni, Quagliata, figlio del capostazione. Poco dopo fu ammazzato a colpi di pistola.
Il 17 luglio a Belpasso fu ucciso Giuseppe Sciacca nell’area centrale del paese. Nel Rapporto della “Commissione storica italo-tedesca” insediata dai Ministri degli Affari Esteri della Repubblica Italiana e della Repubblica Federale Tedesca – nominata il 28 marzo 2009, con Atti compiuti nel 2012 – riguardo il mese di agosto 1943 testualmente si legge: “ 26 episodi, tutti realizzati nel mese di agosto, sono invece segnalati per la Sicilia. In particolare 11 episodi sono compiuti a Messina, 1 a Caltanissetta e 14 a Catania. 9 sono furti, 7 violenze senza alcun apparente motivo, 3 in seguito a rifiuto di eseguire un ordine. Altre due azioni sono realizzate perché le vittime sono accusate di spionaggio, o perché accusate di aver ucciso un tedesco. Un’altra azione violenta è agita perché la vittima si rifiutava di lavorare per i tedeschi e infine un’ultima in seguito ad azione bellica tedesca. Le violenze sono commesse a danno di 53 vittime, 5 delle quali derubate, 1 ferita e 47 uccise. Tra queste troviamo per esempio anche le 18 vittime della strage di Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, compiuta dai soldati tedeschi il 12 agosto 1943, o di quella di Mascalucia del 3 agosto”.
Un recentissimo rilevante saggio ( luglio 2013) su “ le stragi americane e tedesche in Sicilia nel 1943”, a cura del prof. Rosario Mangiameli dell’Università di Catania ,è stato pubblicato su “PoloSud”, semestrale di studi storici.
Poi, in aggiunta all’atroce danno patito dai civili , venne la beffa. Infatti, dopo un decennio, in pieno clima di “guerra fredda”, di avviato sdoganamento dei neofascisti del Msi, di forte “scomunica” dei comunisti e di tradimento dei valori costituenti la nuova Italia, così come avvenuto per molti patrioti della Resistenza successivamente accusati, incarcerati e condannati per atti infamanti di “volontario efferato assassinio”, anche nell’area etnea si verificarono accuse ed incarceramenti di cittadini che vennero incriminati di avere ammazzato, per legittima difesa, soldati tedeschi in quelle giornate dell’agosto 1943, proprio quando le truppe naziste infierivano selvaggiamente contro le popolazioni civili. Il danno e la beffa. Decine di persone, quasi tutti braccianti, furono sottoposti a fermi ed arresti nei paesi di Biancavilla, Santa Maria di Licodia, Belpasso – a seguito del ritrovamento di due scheletri di soldati tedeschi ,- accusati di avere assassinato nazisti che occupavano la Sicilia. Proprio in quelle aree territoriali dove, come prima ricordato, parecchi inermi contadini e braccianti erano stati ammazzati dalle truppe tedesche, dedite al sistematico furto, alla rapina, allo stupro. In tanti si difesero, per evitare il furto degli essenziali animali di lavoro, asini, muli cavalli, “ amati come la loro vita”, dei pochissimi beni alimentari, per scongiurare le drammatiche vessazioni rivolte alle proprie famiglie. Vicende ben conosciute da tutti, rimaste impresse nella memoria collettiva. L’incredibile vicenda fu denunziata e stigmatizzata tramite due interrogazioni parlamentari, promosse da parecchi deputati del Pci, tra cui: Otello Marilli, Luigi Di Mauro, Grasso Nicolosi Anna, Giacomo Calandrone Virgilio Failla, Natta, Giuseppe Schirò, discussa il 25 febbraio 1955. Si chiedeva di “ sapere i motivi che hanno determinato le autorità di pubblica sicurezza della provincia di Catania a procedere a fermi e a darne la clamorosa notizia sulla stampa per il preteso assassinio di due militari tedeschi, caduti nell’agosto del 1943, in conflitto con la popolazione civile, mentre tentavano di rubare asini e muli e di uccidere i contadini proprietari degli animali; dopo di avare, gli stessi tedeschi, insieme con altri banditi delle SS e dell’esercito teutonico, ucciso i contadini Giuseppe Stissi, Giosuè Riccieri, Antonio Riccieri, Giuseppe Papotto, Alfio Scalisi e Alfio Alò……….”. Una seduta ad alta tensione, che si caratterizzò per l’assoluta reticenza del rappresentante del Governo, preposto alla risposta, e l’impeto democratico, in difesa degli accusati, ad onore dei cittadini che in quell’agosto del 43 si opposero alle azioni obbrobriose dei militi nazisti. Contro le azioni repressive del Ministro dell’Interno Scelba, in quella giornata due veementi interventi furono effettuati dai deputati Otello Marilli ( fiorentino di nascita, catanese di adozione, stimato dirigente della Confederterra) e Giacomo Calandrone ( di Savona, operaio).
La Resistenza continuava, dai banchi parlamentari. In difesa dei cittadini che a “mani nude” si erano opposti alle angherie nazi-fasciste, primo atto della Liberazione, per ripristinare la verità.
domenico stimolo