Per il magistrato palermitano, al quale oggi la Città di Torino ha consegnato la cittadinanza onoraria, “norme come la prescrizione garantiscono l’impunità e non si può delegare la lotta solo al giudice penale. Ecco perchè contro le cosche non si riesce ancora a vincere”
“Ancora lo Stato non ha dimostrato con i fatti la volontà di recidere i legami con la mafia. Per questo non riusciamo ancora a vincere la guerra” contro le organizzazioni malavitose. “Per vincere la mafia, infiltrata nell’amministrazione pubblica, e la corruzione l’Italia deve affrontare un’altra grande guerra di Liberazione, di forza non così diversa da quella che vide questa città in prima fila”. Lo ha detto il pm Antonino Di Matteo ricevendo a Torino la cittadinanza onoraria a Palazzo di Città. Il magistrato ha sollecitato a “una riflessione su cos’è diventata mafia” che “pericolosamente si annida sempre più’ all’interno delle amministrazioni pubbliche”.
Il nostro Paese, ha aggiunto il magistrato, “si è dimostrato inadeguato a combattere la mafia e ancora il quadro normativo in vigore garantisce impunità, come nel caso della prescrizione, che delegittima tutti quei cittadini che chiedono trasparenza. La lotta a Cosa Nostra non spetta solo al giudice penale: non è più concepibile delegare alla sola magistratura la battaglia contro la criminalità organizzata”.
Secondo Di Matteo “è nel dna della mafia, da 150 anni, la ricerca del rapporto con la politica, le istituzioni, il mondo delle imprese e dell’economia. Senza questi rapporti la mafia non avrebbe mai potuto raggiungere la pericolosità che la contraddistingue”. Il pm antimafia ha poi ribadito che “continua a esistere una divaricazione tra la giusta repressione, che si opera sulla parte armata, e la sostanziale inadeguatezza degli strumenti per colpire gli appoggi esterni alla mafia”. Di Matteo ha parlato di “due facce della stessa medaglia”.
da Repubblica.it