A BOLOGNA SMURAGLIA: DIFENDIAMO LA COSTITUZIONE. NO AL PRESIDENZIALISMO

DA ANPI NEW  

NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI

CARLO SMURAGLIA:

► A Bologna, promossa da Libertà e Giustizia, con l’adesione di oltre cento

associazioni, fra cui – tra le prime l’ANPI – si è svolta ieri, 2 giugno, una

importante manifestazione con un titolo significativo “Non è cosa vostra”, per

contrastare i progetti di riforme Costituzionali che stanno emergendo in scala

governativa. La piazza era pienissima, in una giornata di sole, che non riusciva a

contenere l’entusiasmo e la volontà di impegno di tante donne e uomini convenuti

da tante parti dell’Emilia, della Romagna, della Toscana ed anche da Regioni più

lontane.

Una giornata festosa, ma anche di riflessione e soprattutto di impegno, in cui si

sono succeduti dal palco, tutti applauditissimi, gli interventi di Zagrebelsky,

Rodotà, Settis, Dalla Chiesa, Smuraglia, Landini, Pace, Carlassare, Giulietti,

Camusso e molti altri che mi spiace di non poter richiamare, tutti, in questa sede.

In ognuno, il proposito di ritrovarsi e di dare continuità al movimento, nelle forme

che verranno concordemente definite. Insomma, una bellissima manifestazione,

seria, impegnativa e combattiva.

Ritengo utile pubblicare di seguito il testo del mio discorso, non per esibirlo, ma

perché è utile ripercorrere il cammino che finora è stato seguito, riflettere sui

pericoli, verificare le prospettive, e farlo insieme è certamente di grande rilievo.

Naturalmente, dato che c’erano molti oratori, il discorso in piazza è stato un po’

sintetizzato, restando ferma la sostanza.

“Ad una magnifica manifestazione come questa, che oltretutto cade in un giorno in cui

solitamente festeggiamo la Repubblica e la Costituzione e che oggi assume un valore

particolarissimo, non poteva mancare la presenza e l’apporto di una Associazione come

l’ANPI che ha fatto della difesa ed attuazione della Costituzione uno dei suoi contenuti ed

obiettivi basilari.

Noi siamo contrari al sistema “costituente” che ci viene proposto e minaccia di esserci

imposto, perché questa Costituzione può certamente essere modificata col normale sistema

previsto dall’art. 138 della Costituzione nei pochi punti sui quali ci sono già convergenze

essenziali, ma non può e non deve essere stravolta nei suoi contenuti e nella struttura

complessiva non solo della prima, ma anche della seconda parte.

Oltretutto, di questo “ processo costituente” non c’è necessità ne tanto meno urgenza. Ci

hanno detto che questo Governo, davvero eccezionale nella sua composizione, avrebbe

dovuto fare poche cose estremamente necessarie ed urgenti (prima di tutto la riforma della

legge elettorale e pressoché insieme provvedimenti immediati per uscire dalla gravissima

emergenza sociale che il Paese sta dolorosamente vivendo).

Invece, la legge elettorale è stata collocata dopo il lungo processo “riformatore” che si

ipotizza, mentre tardano a venire quei provvedimenti decisivi per l’attività produttiva, per il

lavoro, per lo sviluppo che il Paese attende da mesi e che non possono essere ulteriormente

differiti.

Sembra invece, a leggere le cronache, che il problema principale sia quello del

presidenzialismo o quello di attribuire più poteri all’esecutivo. Tutte cose che non hanno

fondamento e che vanno vigorosamente contrastate.

Ero già preoccupato di fronte alle incognite di un Governo composto da forze in gran parte

inconciliabili. Ma poi lo sono diventato ancora di più quando ho letto il discorso di

insediamento del nuovo Presidente del Consiglio. Per la verità vi ho subito cercato, ma

invano, la parola “antifascismo”; in compenso ne ho trovate altre, davvero preoccupanti.

Le ricordo sinteticamente:

già all’inizio si parla della necessità che anche forze che sostengono il Governo partecipino

pienamente al “processo costituente”. Una definizione assai significativa perché il processo

costituente ha un significato inequivocabile che non è quello della riforma di singole parti

della Costituzione.

Mi sono allarmato, ma poi ho pensato che magari si trattava di una imprecisione di

linguaggio. Ma subito dopo ho visto che si parlava di una via possibile per una riforma anche

radicale del sistema istituzionale. E qui si andava davvero sulle cose preoccupanti, visto che

si faceva riferimento a riforme radicali del sistema istituzionale.

Ma sono andato ancora oltre e ho visto che si parlava dell’idea di una Convenzione aperta

alla partecipazione di autorevoli esperti non parlamentari, con riferimento anche alle

conclusioni del Comitato dei saggi. E l’allarme, a questo punto, diventava davvero forte.

Sono andato comunque avanti e ho trovato che si parlava del rafforzamento della investitura

popolare dell’esecutivo. Seguivano alcune frasi consuete e piuttosto generiche, ma poi si

parlava di riforma della forma di Governo, prefiggendosi anche di fare su questo punto scelte

coraggiose. E si parlava anche di naturale collegamento elettorale alla forma di Governo.

Un quadro come questo mi è apparso davvero degno delle più serie preoccupazioni.

L’ANPI assumeva allora una posizione molto rigorosa precisando in un documento ufficiale

pubblicato il 16 maggio:

– la ferma contrarietà ad ogni modifica legislativa o di fatto dell’art. 138;

– il nostro convincimento che ogni procedimento di modifica non può che essere parlamentare,

attraverso gli strumenti ordinari;

– l’inopportunità del ricorso ad apporti esterni che non siano quelli già previsti dai regolamenti

e dalle prassi parlamentari;

– che le uniche riforme possibili sono quelle che risultano in piena coerenza non solo coi

princìpi della prima parte della Costituzione ma anche con la concezione che è a base

fondamentale della seconda parte;

– la netta opposizione ad ogni ipotesi di presidenzialismo o semipresidenzialismo

– l’assoluta e prioritaria necessità di procedere alla modifica della legge elettorale vigente.

Naturalmente non mi aspettavo che questo bastasse a fermare le correnti impetuose che

stavano avanzando; e altrettanto pensavo per quanto riguarda le pur autorevolissime prese

di posizione di esperti come Zagrebelsky e Pace, di Associazioni come Libertà e Giustizia e

dell’Associazione “Salviamo la Costituzione”, perché quando certi processi si mettono in moto,

per di più con l’autorevolezza di un Governo nel quale sono rappresentati i partiti più forti, è

chiaro che c’è dietro un disegno e un ragionamento, in buona parte condiviso e frutto di

accordi che facilmente si possono intuire; ma mi illudevo che almeno alcune argomentazioni

potessero essere prese in considerazione.

Mi sbagliavo, perché se ad un certo punto sembrava che naufragasse l’idea della

Convenzione (cosa che mi lasciava comunque vigilante), non per questo si poteva ritenere

adottata una linea diversa, tant’è che alcuni princìpi di fondo sono stati ribaditi anche da

parte di chi ammetteva che della Convenzione si potesse fare a meno. Ma le “coraggiose”

scelte venivano riaffermate anche per la sede parlamentare; così come restava ferma l’idea

che ci si potesse avvalere di contributi esterni attraverso vie non previste dalla Costituzione e

dal sistema parlamentare. Poi, l’ultima novità, il proposito di anticipare il processo di riforma

per passare solo dopo alla modifica della legge elettorale, che invece io mi ostino a

considerare la cosa più urgente e prioritaria su ogni altra.

Oltretutto, bisogna considerare che la legge elettorale vigente è stata fortemente criticata

praticamente da tutte le forze politiche; e tuttavia non si è riusciti a modificarla; ne

deriverebbe, intuitivamente, l’esigenza di modificarla con urgenza, anche in vista di possibili,

ulteriori, consultazioni elettorali.

Ma c’è una ragione in più, perché la Corte di Cassazione ha dichiarato rilevanti e non

manifestamente infondate le questioni di legittimità Costituzionale che incidono sulle modalità

di esercizio della sovranità popolare e in particolare quelle che riguardano il premio di

maggioranza per la Camera e il Senato, e il voto di preferenza, sempre per Camera e Senato.

Una coalizione politica che intenda esprimere una volontà democratica, dovrebbe farsi un

punto d’onore di non aspettare che decida la Corte Costituzionale, ma di restituire senza

indugi alla sovranità popolare ciò che le è stato tolto; e invece si pensa addirittura di

posporre una questione prioritaria ad un processo riformatore, per sua natura complesso e

certamente non rapido.

A questo punto le mie preoccupazioni sono ovviamente aumentate a dismisura perché

intravedo una volontà molto decisa di andare avanti comunque, su un terreno che considero

estremamente pericoloso, quale che sia la forma che assumerà in concreto.

L’approvazione di due mozioni analoghe, alla Camera e al Senato, dimostra la volontà di

accelerare l’iter seguendo linee sulle quali l’eterogenea maggioranza non demorde.

Si impegna il governo a presentare una legge costituzionale entro giugno per dare vita ad

una procedura straordinaria di revisione della Carta Costituzionale, in deroga rispetto all’art.

138 ; si parla di modifiche ai titoli 1, 2, 3, 5 della seconda parte, vale a dire: Parlamento,

Presidenza Repubblica, Governo, Regioni ed Enti Locali.

Si parla di metodi particolari per garantire i tempi e si crea un comitato bicamerale del tutto

anomalo.

Ricompare il presidenzialismo o semipresidenzialismo; si ricupera una cosa di cui non si era

parlato se non nel passato, il potere del Governo di dettare tempi e modi dell’attività

parlamentare, secondo le esigenze del programma di Governo.

Insomma, si accelera in una direzione non condivisibile, si colloca la riforma della legge

elettorale in coda, si confermano convergenze quanto meno anche sul semipresidenzialismo,

come avevamo sospettato dopo alcune dichiarazioni di esponenti del partito democratico.

Ho l’impressione che non si capisca o non si voglia capire che si sta maneggiando una

materia di estrema delicatezza come quella costituzionale, dove i tasselli non possono essere

spostati come su una tastiera di scacchi (dove al più si può perdere una partita), ma si rischia

invece di intaccare sistemi e procedimenti che furono studiati a suo tempo con estrema

attenzione e che sono stati formulati per rispondere a un’intima e profonda coerenza.

D’altronde c’è un abisso quasi incolmabile tra chi pensa che la fedeltà all’art. 138 sia

obbligatoria e chi pensa di poter scavalcare con facilità o accomodamenti l’ostacolo; tra chi

pensa che esista certamente la possibilità di apportare modifiche della Costituzione col

sistema dell’art. 138 e chi invece ritiene di dare vita addirittura ad un processo costituente.

Chi pronuncia questa parola, ha davvero la consapevolezza di ciò che essa significa? Chi

parla di semipresidenzialismo si rende conto che questo significa cambiare la struttura e la

sostanza del sistema costituzionale? Chi parla di scelte coraggiose comprende che il coraggio

sarebbe meglio adoperarlo per affrontare una difficilissima situazione economica e sociale

piuttosto che applicarlo ad aggredire, nella sostanza, una Costituzione su cui riposano le

fondamenta della nostra civile convivenza?

D’altronde, non è a caso che qualche mese fa, esattamente il 28 gennaio, nel corso della

campagna elettorale, facemmo partire dall’”Associazione Salviamo la Costituzione” una lettera

in cui si chiedeva ai candidati alla Presidenza del Consiglio un impegno su due quesiti: la

disponibilità ad un irrobustimento dell’art. 138 elevando il quorum e consentendo in ogni

caso il referendum conservativo da un lato, e quello di assicurare la coerenza delle riforme

istituzionali che venissero proposte con i princìpi e i valori della Costituzione e la loro

compatibilità con i suoi equilibri fondamentali, compresa la forma di Governo parlamentare.

Avevamo fiutato giustamente il pericolo; e ne avemmo conferma dal fatto che ben poche

furono le risposte.

Oggi siamo in presenza di una conferma definitiva di quali possano essere le reali intenzioni

dei “riformatori” e dei pericoli che stiamo correndo. Sono già in campo le osservazioni e le

critiche a questi progetti, redatte da studiosi e costituzionalisti ben più titolati di me a

formularle. E dunque non ci tornerò, accontentandomi di quanto l’ANPI ha già scritto in un

documento approvato il 16 maggio scorso e ampiamente diffuso. Ma voglio esprimere la

convinzione che il pericolo è reale e grave e che la mobilitazione di cui oggi viene dato un

saggio imponente, debba essere considerata come il primo avvio di un impegno costante e

continuativo, capace di coinvolgere associazioni (ce ne sono già oggi in campo più di

quaranta), cittadini ed anche tanti che pur all’interno dei partiti disponibili a questo tipo di

processi riformatori, sono fermamente convinti che si debbano apportare, con i metodi

normali a partire dall’art. 138, solo le modifiche già mature e considerate compatibili e

coerenti col sistema vigente. In realtà, nel nostro Paese ha fatto sempre fatica ad affermarsi

quello che alcuni costituzionalisti definiscono come il “sentimento Costituzionale”.

E questo può diventare pericoloso nel momento in cui al difetto di tale sentimento può

sostituirsi o aggiungersi una tendenza alla semplificazione di un “riformismo” a tutti i costi, ed

alla prospettazione di un futuro senza memoria e senza identità civica.

Ecco perché, la prima cosa che occorre fare è una massiccia iniezione di “sentimento

Costituzionale” che metta al riparo della improvvisazione e delle smanie revisionistiche ed

eriga un argine ampio e fortemente condiviso contro quelli che potrebbero diventare veri e

propri attentati alla Costituzione.

Insomma, bisogna diffondere e sostenere quell’attaccamento alla Costituzione, come cosa

propria, che è il migliore presupposto per creare una vera allerta e le precondizioni per

contrastare i propositi di chi minaccia di stravolgere la nostra Carta Costituzionale.

Non illudiamoci: la battaglia sarà dura e difficile; e dunque ci vorrà una mobilitazione

permanente, come quando scendemmo in campo per il referendum che poi riuscì a battere

progetti davvero eversivi; ci vorrà la ricostituzione o una nuova messa in campo dei Comitati

per la Costituzione; ci vorranno energie, sforzi, impegno e soprattutto continuità.

Bisogna chiarire ai cittadini che opporsi a certi intendimenti non significa essere conservatori

ed opporsi a qualsiasi modifica, ma solo pretendere il rispetto e la coerenza intima di una

Costituzione che, pur non applicata in tante parti, è stata in questi anni la nostra guida e la

nostra più forte garanzia.

Bisogna chiarire che non siamo disponibili a compromessi ed a soluzioni pasticciate, noi che

non siamo soggetti a vincoli di nessun genere, soprattutto quando si tratta di difendere

gelosamente una Costituzione che abbiamo nel cuore, che consideriamo il frutto del più

straordinario momento della storia del nostro Paese e per la quale tanti si sono impegnati e

sacrificati. Tutte le volte che si è cercato di metter mano ad un processo cosiddetto

costituente, in questi anni, sappiamo bene dove si è andati a finire e come dai progetti

dichiarati si sia passati alle peggiori proposte. Non siamo contrari a leggi che, di volta in volta

ma nel quadro di una reale coerenza, corrispondano a quanto consentito dall’art. 138; ma

non possiamo permettere stravolgimenti né dei metodi né dei contenuti senza che vengano

meno alcune delle ragioni ideali per cui siamo tanto attaccati a questa Costituzione.

Lo dico con forza e con fermezza anche perché penso di esprimere i sentimenti, la volontà, le

idee non solo di coloro che hanno combattuto per conquistare libertà e democrazia e dunque

anche per dar vita a questa Costituzione, che di essi è l’espressione più alta, ma anche dei

tanti che – dichiarandosi antifascisti e condividendo le nostre finalità e i nostri ideali – sono

affluiti in questi anni nelle nostre file. Abbiamo il dovere di non deludere queste aspettative,

così come gli antichi sogni dei combattenti per la Libertà; abbiamo il dovere di impiegare

tutto il coraggio e la forza delle nostre idee per conservare fino in fondo i princìpi, i valori e la

struttura di fondo di una Costituzione che i costituenti vollero destinata a durare ed a

garantire nel tempo l’esercizio dei diritti di tutti, come vuole la democrazia. Impegniamoci,

dunque fino in fondo in questa battaglia, che sarà decisa e forte ed alla quale non mancherà

certamente l’apporto dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia”.

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