Armando Spataro e il referendum costituzionale

“se c’è una questione che non ha niente a che fare con le funzioni di Governo è precisamente la Costituzione”

tratto da Repubblica dell’8 maggio

CARO direttore, ebbene sì, lo confesso: ho aderito da subito al Comitato promotore per il “No” in vista del referendum confermativo della recente riforma costituzionale. E non basta: l’ho fatto anche per il “No” alla riforma bocciata nel giugno del 2006, allorché ho girato l’Italia in ogni possibile weekend, parlando di fronte ad ogni tipo di uditorio. Grazie ad una capillare opera di informazione, vinse il “No”, con il 61,3% degli oltre 25 milioni di votanti.

 

Avendo qui confessato queste colpe, potrei oggi essere accusato, secondo un pensiero che si va diffondendo, di appartenenza ad associazione per delinquere, con la qualifica di promotore e con l’aggravante della recidiva specifica: sembra, infatti, che sia quasi illegale che i magistrati possano “schierarsi” in un referendum di natura costituzionale. Tradirebbero, si dice, la loro terzietà e così confermerebbero la loro politicizzazione, una tesi di assoluta infondatezza. Dico subito che questo diritto-dovere di “schierarsi” non ha nulla a che fare con la contesa partitica-politica che si sviluppa nei periodi di campagna elettorale ed alla quale, certo, i magistrati devono rimanere estranei, come prevede anche il nostro codice deontologico. Qui si tratta, invece, di un diritto costituzionale di cui anche il magistrato – come ogni cittadino – è titolare e che viene oggi contestato, in misura ben più dura di quanto avvenne nel 2006, quasi che una “militanza civica” comporti rinuncia alla propria libertà morale e di giudizio, quasi che una simile testimonianza abbia il significato dello schierarsi “contro” qualcuno, piuttosto che “per” valori e principi.

Bisogna invece chiedersi perché mai un premier debba proporre una interpretazione impropria del referendum governativo: “per me” o “contro di me”, annunciando l’impegno di dimettersi in caso di vittoria del “No”! Perché mai questa scelta, visto che si tratta di una riforma voluta da una oscillante maggioranza di governo e non certo da un vasto schieramento trasversale, politicamente e culturalmente solido? La risposta pare risiedere nelle modalità di comunicazione per spot e tweet che l’attuale contesto storico sociale sembra imporre, sicché conviene – secondo alcuni – proporsi ai cittadini invocando fiducia nella propria immagine e nella propria capacità manageriale (con brand del tipo: “meno spese e tempi rapidi per le leggi! Via i laccioli del bicameralismo che compromettono la governabilità del paese e l’azione dell’esecutivo!”) senza doversi far carico di un difficile e motivato confronto con le preoccupazioni di chi ricorda che la nostra Costituzione fu approvata dopo diciotto mesi di lavoro da 556 parlamentari e giuristi di ogni estrazione, mentre questa riforma, anche attraverso mozioni di fiducia e tagli di emendamenti, ricorda piuttosto, almeno quanto al metodo, quella bocciata nel 2006, scritta da quattro “saggi” durante alcuni giorni estivi trascorsi a Lorenzago di Cadore. Occorre che dal “Fronte del NO” sia respinta, invece, ogni deriva che tenda alla politicizzazione del confronto per trasformarlo in scontro: “NO”, dunque, anche al mistificante spot pubblicitario di un futuro paese modernizzato ed efficiente grazie a questa riforma! Non esiste un “Governo costituente”, specie se nato da una maggioranza partorita da una legge dichiarata incostituzionale, anche perché – come ha scritto L. Ferrajoli – “se c’è una questione che non ha niente a che fare con le funzioni di Governo è precisamente la Costituzione”.

Bisogna attivarsi, allora, spiegando le ragioni del “No” ovunque sia possibile, nelle università, nei centri sociali, nei circoli di quartieri, anche attraverso strumenti informatici e moderne tecnologie, auspicando che il mondo dell’informazione televisiva e della carta stampata assicuri eguali possibilità di confronto alle due parti in causa. Bisogna ricordare a tutti che ben 56 costituzionalisti, tra cui 11 ex presidenti della Consulta e molti “saggi” in precedenza nominati per contribuire alla riforma della Costituzione, si sono schierati pubblicamente per il “NO”, pur con rilievi ricchi di spunti propositivi. Bisogna far conoscere le argomentate ragioni dei numerosi altri professori del Comitato per il NO che hanno criticato il futuro pericolo di squilibrio tra le componenti del Parlamento, quello di indebolimento delle autonomie regionali, nonché il rischio di influenza del Presidente del Consiglio nelle nomine degli organi di garanzia (dal Capo dello Stato ad una parte dei membri della Consulta e del CSM). E tanto altro potrebbe dirsi.
Perché mai, in questo quadro, sarebbe inaccettabile che i magistrati si impegnino e si espongano pubblicamente nella campagna per spingere i cittadini a votare “No”? A tanti di noi, piuttosto, tale impegno appare doveroso anche se, come ha detto Paolo Borgna, esso va attuato, “rifuggendo da atteggiamenti di schieramento e da logiche di amico-nemico” e ricordando quanto avvenne nel gennaio del 2005 e del 2010, in occasione delle cerimonie di inaugurazione dell’anno giudiziario, allorché tutti i magistrati italiani vi parteciparono stringendo in mano, ben visibile, una copia della Costituzione, quel pezzo di carta – disse Calamandrei – che non va lasciato cadere inerte al suolo.

P.S.: a chiunque avesse dei dubbi, consiglio di confrontare il vecchio ed il nuovo art. 70 della Costituzione, un rigo il primo, una pagina il secondo, riscritto questo – come ha detto G. Zagrebelsky – con tecnica da “decreto milleproroghe”.

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STORIE DI PARTIGIANI: Galatioto Gaspare

  1. Palermo vigilia del 25 aprile del 2016. Siamo, io e Salvo Li Castri, nella sede dell’ANPI Palermo ospiti della Cgil regionale intendi a curare gli ultimi preparativi per il prossimo 25 aprile, quando arriva un signore, Salvatore Ninni Galatioto, che chiedendo dell’ANPI ci porta la testimonianza “25 Aprile 1961  Dialogo con mio padre” del racconto che il padre, Galioto Gaspare partigiano Comandante “Zeta”  gli fa prima di andare alla festa della Liberazione del 1961 al Giardino Inglese. Cinquantacinque anni dopo ancora un recupero importante della memoria. Angelo FicarraGalatioto Gaspare partigianoGalatioto Gaspare partigiano 2
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STORIE DI PARTIGIANI: CANI SALVATORE Campobello di Licata

ringraziamo l’autrice della ricerca Carmela Zangara  cui si deve questo ulteriore importante recupero della memoria

In sperduti paesi arroccati sulle cime più alte delle Prealpi, o nelle dormienti valli alpine, non è raro trovare inciso su   cippi commemorativi ai Caduti della Resistenza il nome di soldati meridionali. Giovani che dopo l’8 settembre del 1943 salirono sui monti per combattere il nazifascismo pagando con la vita il prezzo della   libertà, catalogati genericamente come caduti della II guerra mondiale che però si distinsero per il valore tramandato al Nord Italia nei luoghi teatro degli eventi ma sconosciuto ai più – e a volte agli stessi familiari -nella loro terra di Sicilia.

Nasce da qui il mio impegno per il recupero della memoria di questi eroi ancora dimenticati, verso i quali avverto un debito di riconoscenza poggiando sul loro sacrificio la nascita della nostra democrazia.

Cani Salvatore di Giuseppe e Giordano Raimonda, nato a Campobello di Licata il 31 ottobre 1920 è uno di questi giovani eroi da aggiungere ai 230 nominativi di Caduti presenti nel mio libro Per liberar l’Italia…I Siciliani nella Resistenza 1943-1945 essendo a pieno merito uno dei primi partigiani caduti per la libertà. L’8 settembre lo colse in servizio a Savona in Liguria là dove subito dopo l’armistizio si formarono quattro nuclei partigiani: a Dego nella frazione S. Giulia, a Mentenotte di Cairo, a Bormida e sulla Montagna Roviasca di Savona.

Salvatore , figlio di contadini e contadino lui stesso, seguendo la tradizione dei Fasci siciliani, non esitò a schierarsi col distaccamento della Stella Rossa del Comandante Angelo Bevilacqua, operante nella zona di Santa Giulia prima e Gottasecca poi.

E tuttavia già il 10 dicembre del 1943 il Distaccamento si dovette sciogliere sia per scarsa organizzazione di uomini inesperti nella lotta armata clandestina, sia per alcune delazioni che causarono l’arresto di molti suoi membri così che Salvatore fu costretto a transitare nel gruppo di Bormida che aveva la sua sede in una impervia località dell’alta valle Bormida a 900 metri di altitudine nella Cascina Bergamotti, una di quelle tradizionali cascine disposte su due piani, al pianterreno la cucina e al primo piano le camere coi letti a castello.

Qui era ospitato il gruppo di partigiani di cui faceva parte Salvatore, ai quali se ne aggiunse un altro che , giunto alla cascina più o meno all’ora di pranzo del 29 dicembre, fu accolto dal proprietario con un piatto di minestra fumante.

Era la fine del 1943, un anno di grandi stravolgimenti e di grandi speranze. La sera di San Silvestro i contadini di Bormida mandarono su alla cascina una torta e alcune bottiglie di vino affinchè anche i 10 partigiani ivi ospitati accogliessero il nuovo anno festosamente. Si fece festa sino all’alba.

Era però nell’aria un vago presagio di imminente pericolo, tant’è che il Commissario politico Molinari riunì i suoi uomini per comunicare loro che da quella stessa sera sarebbe iniziato il servizio di guardia .

Il giorno di Capodanno trascorse tranquillo, a sera la sentinella Barberis di Osiglia montò di guardia. La notte era fredda e buia. Il silenzio interrotto di tanto in tanto soltanto dal gufare lontano di un infreddolito assiolo. Albeggiava quasi e tutto sembrava a posto quando il partigiano a guardia intravvide in lontananza la sagoma scura di una lunga fila di uomini sul sentiero che portava alla cascina.

Comprese la gravità del momento e diede l’allarme sparando un colpo di pistola.

Sul sentiero intanto una squadra di tedeschi -guidata da esponenti della G.N.R. in borghese -cercava di raggiungere la cascina. Avevano poco prima, verso le 5,30 circa, fatta irruzione nel forno di Pian Sottano, intimando al fornaio ed al suo aiutante di condurli alla cascina Bergamut. Lungo il tragitto il fornaio aveva avuto un malore mentre il ragazzo non potè esimersi dal guidarli alla meta. In prossimità della cascina i tedeschi si erano divisi in due gruppi: uno era quello che la sentinella aveva intravisto, l’altro si era arrestato nei pressi del gruppo di case dette Fiaccone, in attesa dell’attacco.

Appena avvertito il Commissario Molinari diede l’allerta.

Svegliati di soprassalto, in una gran confusione alcuni tra i partigiani, che dormivano completamente vestiti per il freddo, fecero in tempo a disperdersi per il bosco retrostante, mentre altri subirono l’accerchiamento. Il rumore cadenzato del crepitio delle mitragliatrici durò sin quasi alle otto quando i monti rimbombarono di una forte esplosione alla quale seguì un inquietante silenzio.

Era successo che Ugo Piero, Enzo Guazzotti, Nino Bori e il Nostro Salvatore Cani, dopo avere eroicamente sostenuto e fronteggiato l’attacco, furono catturati  e uccisi. Non ancora sazi di vendetta, i nazisti si accanirono sui loro corpi buttandoli nel fienile al quale appiccarono il fuoco. Completamente carbonizzati, i resti mortali dei quattro caduti irriconoscibili, furono recuperati alcuni giorni dopo e pietosamente ricomposti dalla gente del posto.

Una stele in bronzo ed una lapide in marmo – apposta sulla Cascina -riporta i nomi dei quattro Caduti a memoria del loro sacrificio.

Dall’atto di morte di Salvatore Cani -pervenuta al Comune di Campobello di Licata per la trascrizione in data 3 marzo del 1956 e redatto nella seduta del 25 gennaio 1956 dalla Commissione interministeriale preposta all’accertamento dei morti dispersi in guerra- si evince che il partigiano siciliano è sepolto nel Campo M., fila 6° tomba N° 19 del cimitero di Savona.

Carmela Zangara

Bibliografia:

  • Atto di morte
  • Malandra Guido, Il Distaccamento partigiano della Stella Rossa a Santa Giulia e Gottasecca, Anpi Savona, 2006
  • Toscani Gianni (a cura di), Partigiani martiri della Resistenza, Sulle vie della memoria Le lapidi dei partigiani in provincia di Savona, L. Editrice, Anpi Savona

 

 

 

 

 

 

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1° MAGGIO A PORTELLA DELLA GINESTRA

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DA SOMMATINO A FONTAINE, DA MINATORI A PARTIGIANI IN FRANCIA

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DIVERSI MINATORI ANTIFASCITI DI SOMMATINO   SONO COSTRETTI, DURANTE IL TRISTE VENTENNIO,  A SFUGGIRE ALLA REPRESSIONE FASCISTA  E ALLA TERRIBILE CONDIZIONE DI SFRUTTAMENTO OPERAIO, EMIGRANDO IN FRANCIA DA DOVE PARTECIPANO PRIMA ALLA DIFESA DELLA REPUBBLICA SPAGNOLA  E POI ALLA RESISTENZA FRANCESE SCRIVENDO UNA PAGINA GLORIOSA DI LOTTA PER LA LIBERTA’.

SONO STATE SCOPERTE LE LAPIDI IN MEMORIA DEL PARTIGIANO SALVATORE IANNELLO PRESENTE LA NIPOTE ANGELA IANNELLO CHE VIVE A PALERMO, DEL PARTIGIANO SALVATORE AURIA PRESENTE LA NIPOTE GIUSY AURIA, ANPI DEL NISSENO E  ASSESSORE AL COMUNE DI SOMMATINO, E LA LAPIDE IN ONORE DI ROSALIA PERRICONE PRESENTE DIVERSI PARENTI GLORIOSA COMPAGNA DI SOMMATINO DELLA CGT FRANCESE PERITA NEL ROGO DI UNA FABBRICA ASSIEME AD ALTRE OPERAIE IN FRANCIA. AL SINDACO DI SOMMATINO E AL SINDACO DI FONTAINE COMUNISTA FRANCESE FIGLIO DI ITALIANI LA DELEGAZIONE DELL’ANPI PALERMO HA FATTO DONO DEL TERZO QUADERNO DELL’ANPI SICILIA “POMPEO COLAJANNI, ANTIFASCISMO E RESISTENZA  COME IL POPOLO DIVENNE ESERCITO”.

IL MERITO FONDAMENTALE DI QUESTO IMPORTANTISSIMO PERCORSO DI RECUPERO DELLA MEMORIA VA ALLA COMUNITA’ MINERARIA DI SOMMATINO E AI COMPAGNI DELLE ANPI NISSENE,  SOMMATINO, DELIA  E RIESI GIUSEPPE CALASCIBETTA, GIUSEPPE CARUSOTTO E IN PARTICOLARE A ENZO GIULIANA AUTORE DEL PREZIOSO “LIBERTA’ A CARO PREZZO STORIE, VOLTI E DOCUMENTI DI SICILIANI NELLA RESISTENZA (per non dimenticare)”, TORINO 1998, CHE RIVEDRA’ PRESTO LA LUCE NELLA COLLANA DEI QUADERNI DELL’ANPI SICILIA.

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L’ANPI RINGRAZIA I RAGAZZI DELLA LUDOTECA DI BORGO NUOVO e DEI COSPIRIA

20160425_173511L’ANPI RINGRAZIA I MAGNIFICI, STRAORDINARI RAGAZZI DELLA LUDOTECA “ARCI RAGAZZI” DI BORGO NUOVO. L’ANPI CON GIUSY VACCA E ANGELO FICARRA E’ STATA FELICE DI INCONTRARLI A BORGO NUOVO E DI RIABBRACCIARLI IL 25 APRILE A CASA PROFESSA PER LA FESTA DELLA LIBERAZIONE. GRAZIE A TUTTI I DOCENTI DEL VOLONTARIATO CIVILE DI ARCI RAGAZZI. LA FESTA DELLA LIBERAZIONE A PALERMO SEGNA ANCORA UN IMPORTANTE PASSO AVANTI VERSO IL FUTURO.IMG-20160426-WA0017

SIAMO FELICI PER LA PARTECIPAZIONE ALLA FESTA DELLA LIBERAZIONE A CASA PROFESSA DEI COSPIRIA ED IN PARTICOLARE PER LA ESIBIZIONE DEL NOSTRO CARISSIMO GIOVANNI LI CASTRI CHE ABBIAMO ASCOLTATO CON ENTUSIASMO.IMG-20160426-WA0025

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IMMAGINI 25 APRILE 2016 ATRIO COMUNALE CASA PROFESSA

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IMMAGINI 25 APRILE 2016 CORTEO, TEATRO MASSIMO, I GIOVANI

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S.Cipirrello e la Resistenza

S. Cipirrello 23 aprile, centro polivalente museo archeologico monte Jato. Un interessante incontro per parlare di Resistenza e di Liberazione facendo i conti col presente e guardando il futuro. 12834864_10208836235933640_256971871_n

Partecipano all’incontro le ACLI, l’ARCI, l’ANPI, la Lega ambiente, e una associazione Monte Jato.

Ha introdotto e coordinato l’incontro Leandro Salvia referente Anpi di S. Cipirrello. Uno storico dirigente del movimento contadino, Michele Spatafora, ha ricordato le lotte contadine che hanno segnato quel periodo storico come la lotta di Resistenza contro il feudo, i suoi sgherri e la mafia, segnata dalla strage di Portella della Ginestra e dall’assassinio di oltre cinquanta sindacalisti. Ha infine lanciato la proposta di un’ANPI per i due comuni contigui S. Cipirrello e S. Giuseppe Jato. Tommaso Gullo Presidente provinciale ARCI di Palermo ha illustrato l’interessante partecipazione corale a Palermo al comitato per il 25 aprile aperto all’associazionismo democratico e al volontariato. Angelo Ficarra vice Presidente vicario dell’ANPI Palermo ha sottolineato l’importanza del recupero della memoria della grande partecipazione dei siciliani alla lotta di Liberazione. Poi sono intervenuti Giovanni, animatore locale di un circolo ACLI, il segretario provinciale delle ACLI e un giovane dirigente di Catania. Infine un giovane della Legambiente che ci ha parlato del nonno della fidanzata che ha raccontato la terribile esperianza del campo di concentramento in Germania facendoci scoprire così a S. Cipirrello un partigiano, patriota, internato militare italiano in uno Stalag tedesco.

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