(S)TRIP TO GAZA

 

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Gaza. Ma c’è speranza per il popolo palestinese?

Gaza. Ma c’è speranza per il popolo palestinese?

Pubblicato il 6 agosto 2014 di

Domenico Stimolo

Roma per la Palestina

Roma per la Palestina

L’unica cosa certa è che nella Striscia di Gaza stanno attuando un assassinio di massa. Non è una guerra, come tradizionalmente e sventuratamente conosciuta. E’, questa, del tutto unilaterale; negli effetti materiali ed umani. Il resto è solo propaganda, costruita a tavolino da sapienti mani che inondano le strutture informative internazionali.

Nell’impianto più “consolidato” e nel dualismo più semplice del post ultima guerra mondiale, una guerra si svolge tra due stati strutturalmente costituiti che confliggono tra loro e tra due popoli chiamati alle armi “per difendere la patria”. Storia a parte fanno le “guerre umanitarie” che recentemente hanno visto coalizioni di stati, essenzialmente ex-coloniali, che sullo strapotere dello loro armate dicono di “esportare la democrazia”, lasciando poi gli stati aggrediti nello sfascio e nella contrapposizione interna più assoluta.

“Di norma” una guerra inizia e poi finisce. Per sconfitta di uno dei contendenti, o per la pace definita. Nello scenario planetario questa dinamica – con le sue varianti – si è ripetuta in tante occasioni, anche in caso di dittature militari e di guerriglia interna.

Un conflitto chiamato guerra, specie nella nostra era moderna, per svolgersi, ha “bisogno” di eserciti più o meno potentemente armati che si muovono in “cielo, terra e mare”, di: infrastrutture, tecnologie evolute, gerarchie codificate, alleanze, flussi di armamenti e quant’altro correlato, essenziali per spargere morte, mutilazioni e distruzioni a livello di massa, in maniera generalizzata. Continua a leggere

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Castronovo nel 70° anniversario della strage di Cefalonia celebra il ritorno del partigiano Peppino Benincasa

Una delegazione di ‘nuovi partigiani’ dell’ANPI Palermo sarà presente alla serata in onore di Peppino Benincasa  nel ricordo dei caduti di Cefalonia, terribile strage nazifascista, uno dei primi atti della Resistenza europea.

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Mascalucia ricorda l’insurrezione del 3 agosto 1943

Da ”La Voce dell’Jonio”

Mascalucia ricorda l’insurrezione del 3 agosto 1943: un comitato
cittadino ne chiede il riconoscimento ufficiale.
Tratto dal periodico ”La Voce dell’Jonio”
Cronaca degli eventi (1943)


La Resistenza è iniziata in Sicilia? Questa interessante domanda da tempo avvince
gli storici, non solo locali, che si occupano delle vicende belliche della seconda
guerra mondiale. Ciò sin da quando, in tempi più recenti, si è iniziato a fare luce su
un episodio di vera e propria insurrezione, avvenuto a Mascalucia, il 3 agosto 1943;
quindi ben prima della data che nei libri di storia viene ufficialmente indicata come
l’inizio della Resistenza in Italia, vale a dire le “quattro giornate” di Napoli (27-30
settembre 1943). Quando ancora non era stato firmato nè reso noto l’armistizio di
Cassibile (8 settembre 1943), la popolazione del paese etneo, armi in pugno, si
ribellò contro gli atti criminali commessi su inermi civili dai soldati tedeschi in
ritirata.
Intervento dell’avv. Domenico Scalia (ex sindaco di Mascalucia)
Per ricordare fatti e protagonisti di quell’evento storico, il 25 luglio (anniversario
della caduta del fascismo) a Mascalucia è stato convocato un consiglio comunale
straordinario presso l’auditorium di via Etnea. L’intento è stato quello di
sensibilizzare l’amministrazione mascaluciese e la cittadinanza tutta su una
importante iniziativa, partita alcuni anni fa e finalizzata ad ottenere un
riconoscimento ufficiale del contributo dato dai mascaluciesi alla lotta di liberazione
dell’Italia dal nazi-fascismo; riconoscimento già ottenuto da Randazzo e Castiglione,
città martiri del nazi-fascismo, insignite dal presidente della Repubblica Ciampi
delle medaglie al merito civile “per atti di abnegazione durante il secondo conflitto
mondiale”. Continua a leggere

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Estate 1943: Una lunga scia di sangue nell’area etnea. Le stragi naziste.

Estate 1943: Una lunga scia di sangue nell’area etnea. Le stragi naziste.

articolo di Domenico Stimolo

Nel corso di due mesi, in quella fatidica estate del 1943, si consumarono tre fondamentali eventi per la costruzione del percorso che portò alla  realizzazione della nuova Italia, repubblicana, libera dai nazi-fascisti e democratica: 10 luglio, lo sbarco degli Alleati in Sicilia; 25 luglio, la caduta e dissoluzione  della dittatura fascista con l’arresto di Mussolini,  che  concludeva l’infame e violento periodo del “ventennio” – iniziato con la “marcia su Roma” nell’ottobre del 1922 -; violentemente represse e distrutte tutte le strutture istituzionali dello stato liberale, dell’opposizione sociale- politica, le articolate manifestazioni di espressione della libertà di pensiero e d’azione; poi, all’ 8 settembre, con l’armistizio a Cassibile ( Sr), tra l’Italia e i paesi Alleati, si concluse l’ ”impresa” fascista che aveva portato il nostro Paese, assieme all’alleato tedesco- nazista, in onore della “razza eletta”, a scatenare la guerra di aggressione ed invasione contro tutti i popoli europei – iniziata con l’invasione tedesca della Polonia il 1° settembre 1940 -, costata oltre 55 milioni di morti, senza considerare le carneficine che si consumarono sul fronte orientale, quello asiatico, accese dal sistema dittatoriale-militare-imperiale del Giappone.

Ricorre, ora, 2013, il 70° Anniversario.

La Memoria, faro fondamentale di oggi e di domani, per la libertà, la solidarietà e lo sviluppo sociale dei popoli, rimane sempre viva, per mai dimenticare.

I 38 giorni della “battaglia di Sicilia”, in gran parte svoltosi nell’area della Sicilia orientale, Continua a leggere

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ORE DRAMMATICHE PER LA PACE E PER LA DEMOCRAZIA

ORE DRAMMATICHE PER LA PACE E PER LA DEMOCRAZIA
Con la popolazione di Gaza e con la Palestina nel Cuore
Palermo Venerdì 25 luglio FIACCOLATA PER GAZA ore 20 Piazza Verdi.
BASTA ai bombardamenti, NO ai bambini morti e all’indifferenza.

GRAVISSIMI DIKTAT PER CANCELLARE L’ANIMA DEMOCRATICA DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA

Puntuale come un cronometro, rispunta – di quando in quando – l’idea del presidenzialismo, da affrontare subito dopo la riforma del Senato. Non so più come fare a ripetere che di presidenzialismo, nell’ANPI, ben pochi vogliono sentir parlare. La stragrande maggioranza di noi è fermamente convinta che questa è una Repubblica ancora troppo fragile perché ci si possa permettere il lusso di insistere su istituti, come il “premierato”, il “presidenzialismo”, e così via, che parlano sempre il linguaggio della concentrazione del potere in poche mani (…) SMURAGLIA

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E’ MORTO IL PARTIGIANO PALERMITANO GIROLAMO CONIGLIARO, NOME DI BATTAGLIA “TRAPANI”

 

L’ANPI Palermo tributa onore e gloria a Girolamo Conigliaro partigiano palermitano della 181 brigata Garibaldi, morto oggi a Palermo. Combattè per la libertà contro i  fascisti e i tedeschi in val Varaita in provincia di Cuneo. Nome di battaglia “Trapani”, bellissima, nobile figura che scrisse alcuni anni addietro una commovente pagina a testimonianza degli ideali, dei valori, dell’afflato umano che animarono i giovani che parteciparono alla lotta di Liberazione. Girolamo Conigliaro, nel 2002 ad 82 anni si reca a Piacenza per deporre sulla tomba del suo comandante partigiano Antonio Ferrari nome di battaglia “Otto”, 57 garofani rossi, uno per ogni anno dal 16 aprile 1945 giorno della strage nazifascista alla quale lui sopravvive. Nell’occasione viene accolto dall’ANPI di Piacenza, da diversi partigiani piacentini e diversi compagni della 181 brigata Garibaldi venuti in pulman dal Piemonte.

I funerali saranno celebrati in Palermo nella chiesa di S. Ernesto domani giovedì alle 10,00.

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PALESTINA

21/07/2014

Eduardo Galeano   “Se fossi palestinese ”

Fin dal 1948, i palestinesi sono stati condannati a vivere in un’umiliazione senza fine. Non possono neanche respirare senza permesso. Hanno perduto la loro patria, le loro terre, la loro acqua, la loro libertà, ogni cosa, anche il diritto di eleggere il loro governo. Quando votano per chi non dovrebbero, vengono puniti. Gaza ora viene punita, è diventata una trappola senza via d’uscita da quando Hamas ha vinto giustamente le elezioni nel 2006. Qualcosa di simile era accaduta nel 1932, quando il Partito Comunista ha vinto le elezioni a El Salvador: la gente espiava il suo cattivo comportamento con un bagno di sangue e da allora in poi ha vissuto sotto dittature militari. La democrazia è un lusso che soltanto pochi si meritano. I missili fatti in casa che non hanno dato scelta ai combattenti di Hamas a Gaza, sparano con una mira approssimativa verso le terre una volta palestinesi e attualmente sotto il dominio israeliano, sono nati dall’ impotenza.
E la disperazione, del tipo che confina con la pazzia suicida, è la madre delle minacce che negano il diritto di Israele a esistere con grida vane, mentre una guerra genocida molto efficace nega da lungo tempo il diritto della Palestina alla vita.
Resta pochissimo della Palestina. Passo dopo passo, Israele la sta cancellando dalla carta geografica. I coloni invadono, seguiti dai soldati che ridisegnano i confini. Le pallottole  sparate per auto-difesa santificano il saccheggio. Nessun tipo di aggressione manca di dichiarare che il suo scopo è di difesa. Hitler ha invaso la Polonia per evitare che la Polonia invadesse la Germania. Bush ha invaso l’Iraq per impedire che l’Iraq invadesse il mondo.
Con ognuna delle sue guerre difensive, Israele inghiotte un altro pezzo di Palestina, e il festino continua.

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NOTAZIONI DEL PRESIDENTE NAZIONALE ANPI CARLO SMURAGLIA

ANPInews n. 128 – 15/22 luglio 2014

ARGOMENTI

 

Notazioni del Presidente Nazionale ANPI, Carlo Smuraglia:

 

 

Occorre promuovere un risveglio della coscienza civile e della partecipazione, per poter garantire alle nuove generazioni un futuro migliore (a proposito di guerre, violenze, riforme, disuguaglianze e democrazia )

 

La nostra Associazione vive soprattutto di memoria (quella vera, che non  è solo un ricordo, ma molto di più) e del culto dei valori che ad essa si collegano e sono, a nostro modo di vedere, quelli che contano: la libertà, l’uguaglianza, la dignità, la solidarietà, la fratellanza, la pace, per citarne solo alcuni, i più salienti. Ma davanti a noi, in Italia e nel mondo, il panorama è addirittura sconvolgente.  Prevalgono, ovunque, i falsi valori e i falsi miti e, con loro, l’indifferenza, la rassegnazione, il silenzio. Accadono fatti gravi ed importanti, alcuni drammatici, ma la risposta è modesta e spesso addirittura carente. La stampa ci parla di una situazione tragica sulla striscia di Gaza e nei rapporti tra la Palestina e Israele che peggiorano e sembrano avviare questi Paesi verso un nuovo, terribile conflitto. E il mondo che fa? I giornali ci forniscono foto terrificanti, di distruzione e di morte di civili, di donne, di bambini; ci parlano di preparazione di invasione, di prospettive di guerra.

E il mondo, l’Europa, che fanno? Guardano, “auspicano”, sperano, ma non fanno nulla di concreto per fermare le armi e riportare al dialogo e al confronto, difficile, ma pacifico. A che serve l’ONU, se non fa questo, né di fronte alla situazione gravissima in Medio – oriente, né di fronte ai massacri e alle violenze di diversi Paesi, in Africa? Possibile che non ci sia un modo per intervenire, per mettere – come si dice – pace, per ripristinare tavoli di trattativa, lunga, difficile, spesso sterile, ma almeno trattativa, che è sempre meglio della rovina dei
territori e dell’accumulo di cadaveri? Che fine ha fatto la “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, che doveva costituire la base della convivenza civile, in tutto il mondo e la riaffermazione continua dei diritti umani?
E l’Europa, che dedica tanto tempo alla discussione sulla distribuzione dei posti nei nuovi organismi, non può trovare qualche spazio per parlare di pace e per imporre – senza armi, ma con l’autorevolezza e il rigore della sua unità – il ritorno al tavolo delle trattative e la cessazione del fuoco, in Medio-oriente, così come in ogni parte del mondo? Purtroppo, non solo gli Stati, ma anche i cittadini sono insensibili a quanto sta accadendo e non pensano neppure a come fare per intervenire, per riportare alla luce, ovunque, quei valori che all’inizio ho ricordato. Forse qualcuno addirittura si commuove, di fronte a certe foto; ma poi la vita continua, nell’indifferenza e nel dedicarsi alle occupazioni quotidiane, ai falsi valori, ai falsi miti, con i quali si tranquillizza, forse, la coscienza ma non si costruiscono né la pace, né la solidarietà, né la fratellanza.
Si stanno consumando, a quanto si legge, telefonate e incontri a livello europeo, sul tema di chi dovrà occupare il ruolo di “Alto Rappresentante per la politica estera dell’UE”.
E’ certo che la nomina di un’italiana tranquillizzerebbe quel tanto di orgoglio nazionale che ancora ci resta. Ma nessuno si chiede a che cosa gioverebbe la nomina di un’italiana o di una o un rappresentante di altro Paese, se poi tutta la stampa scrive che l’Europa non ha una
politica estera e quel posto rappresenta poco di più di un guscio vuoto, come per lo più è sempre stato.
Davvero non sarebbe possibile, accanto alle nostre “rivendicazioni”, collocare la pressante domanda di una politica estera vera dell’Europa, capace di intervenire non solo sui drammi dell’Ucraina, ma anche su quelli del Medio-oriente e dell’Africa? E davvero, non sarebbe più utile lavorare all’obiettivo della pace (che è indivisibile, ricordiamocelo) piuttosto che semplicemente a quello della ripartizione dei posti?
Ma non c’è solo questo, perché all’indifferenza si accompagnano, come ho accennato, i falsi miti, le promesse generiche, il richiamo a valori retorici e formali, se non, addirittura, quel tema della visibilità, che tanti problemi ha creato, da Berlusconi in poi.
Ancora una volta, i dati ISTAT sono non più solo allarmanti, ma disastrosi, perché il quadro, già tremendo, tende a peggiorare. Si acuisce il problema della disoccupazione, cresce la precarietà, soprattutto aumenta la povertà (compresa quella “relativa”). Si tratta di un autentico dramma, di fronte al quale un giornalista ha scritto che non basterebbe l’”Urlo” di Munch.
Ma nessuno grida, sembriamo rassegnati, tutti, al peggio, abituati alla disuguaglianza sociale, alla mancanza di equità, alla negazione di tutti i princìpi enunciati dalla Costituzione. Non ci sono rimedi efficaci, a breve, si dice, perché c’è la politica del rigore e dell’austerità e non abbiamo spazi finché non la cambiano.

Ma è davvero così? E’ davvero impossibile progettare qualcosa che ci porti fuori da una situazione come quella fotografata dall’ISTAT ed anche, in
questi giorni, dalla Caritas? In un Paese disastrato, con l’ambiente e le bellezze naturali e culturali che vanno a pezzi, è proprio inimmaginabile un progetto che miri a risolvere, nel tempo, questi gravissimi problemi, fornendo occupazione, favorendo il turismo, incentivando i consumi? Se si crede, come taluno afferma, che allo stato attuale nulla di tutto questo sia concretamente possibile, perché mancano i fondi, come mai nessuno pronuncia più quella magica parola (la “patrimoniale”) che, certo, aiuterebbe non poco a cominciare ad affrontare le vere questioni che affliggono il Paese? Si tratta di ritrosia, di preoccupazione per le alleanze di Governo o del timore di trovarsi di fronte allo sbarramento dei cosiddetti poteri forti? Ma allora, se così fosse, non si dovrebbero fare promesse e si dovrebbe almeno parlare chiaro e non suscitare attese concretamente inappagabili.
In un contesto del genere, non è singolare il fatto che si stia in silenzio perfino davanti allo scempio delle nostre principali istituzioni e della continua riduzione degli spazi della rappresentanza e dei diritti dei cittadini? Fra mille problemi, quelli del Senato e della legge elettorale sembrano, a tanti, ben poca cosa, di cui è giusto che si occupi chi ha il potere –dovere di farlo. Ma non si comprende che proprio questo è il guaio, perché il buon cittadino non può e non deve lasciare manomettere la Costituzione, non può consentire di essere privato di una parte della sua sovranità popolare e del suo diritto ad essere validamente rappresentato, con le opportune garanzie e con i necessari controlli.
E soprattutto non si può restare silenti quando risulta sempre più evidente, stando ai fatti, che si tratta di un problema di immagine piuttosto che di contenuti, perché bisogna assolutamente che il Presidente del Consiglio porti un primo risultato alla prossima riunione in Europa.

Basterebbe questo per drizzare le orecchie e chiedersi se è giusto che una riforma delle istituzioni principali sia fatta con l’obiettivo soprattutto di acquisire un’immagine di capacità decisionale e di forza, di fronte agli europei. E chi lo facesse non tarderebbe ad accorgersi che si sta combinando davvero un pasticcio, che verrà ulteriormente aggravato se passerà anche quella legge elettorale, che è stata già approvata dalla Camera, e che rappresenta una reale diminuzione di sovranità e di rappresentanza per i cittadini. Peraltro, aspettare a svegliarsi al momento del referendum, sarebbe assai pericoloso, perché ci stanno dicendo a chiare lettere che si sta facendo di tutto per approvare la riforma con una maggioranza (i
famosi 2/3) tale da escludere la possibilità, per i cittadini, di esprimersi, appunto in sede referendaria.
Purtroppo, il rischio è quello delle parole al vento, della impossibilità materiale di superare quella barriera, che perfino le varie forme di informazione stanno elevando contro la consapevolezza dei cittadini di ciò che sta realmente accadendo, in Parlamento, in tema di
riforme ed altro.

E’ questo silenzio che fa paura; è questa indifferenza che preoccupa; è questa rassegnazione che ci fa guardare, con angoscia, ad un passato che ci ammonisce che si può anche finir male quando si lasciano cadere i valori veri e si considerano con fastidio i “doveri” civili che sarebbero imposti addirittura dalla Costituzione.
E’ per tutto questo che è giusto rivolgersi ai governanti perché si ispirino solo al bene comune e all’interesse collettivo; ma è anche necessario chiedere ai cittadini di ricordarsi che la democrazia è, prima di tutto, partecipazione e che una vera democrazia è l’unica che può garantire pace, serenità, diritti.
Ciò che dobbiamo chiedere con forza – noi che crediamo nei valori veri e che in essi vediamo le nostre stesse ragioni di essere – è che si creino le condizioni per un risveglio delle coscienze, con la pretesa di un impegno reale per la pace, di maggiori spazi per la rappresentanza e per l’esercizio effettivo della sovranità popolare, più garanzie per i cittadini di una reale partecipazione.
E’ solo questo, assieme ad una rinnovata politica (che non è un male, in sé, come alcuni vogliono farci credere, ma anzi è il sale della democrazia, purché persegua davvero l’interesse della collettività e quindi sia capace anche di trasformarsi), che può garantirci contro i mali del presente ed i rischi del futuro. Solo questo può consentirci di promettere davvero e con serenità alle nuove generazioni, un futuro migliore.

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E’ deceduto Aurelio Carpinteri era uno degli ultimi sopravvissuti siciliani ai lager nazisti

Da Domenico Stimolo questo ricordo di Aurelio Carpinteri alla cui memoria si associa l’ANPI Palermo e l’ANPI Sicilia

E’ deceduto Aurelio Carpinteri era uno degli ultimi sopravvissuti siciliani ai lager nazisti

 

Nato a Floridia ( Siracusa) il 12/09/1915. Aveva 99 anni.

Catturato nel marzo del 1944 dai nazifascisti a Rivoli per retinenza alla leva obbligatoria comandata dalla RSI.

Internato nel lager di Mauthausen.

In tante occasioni – fino  di recente – testimoniò, specie nelle scuole,  gli orrori dei campi di sterminio.

Una sua lunga intervista è pubblicata nel libro di Giovanna D’Amico “ I siciliani deportati nei campi di concentramento e di sterminio nazisti 1943-1945”  ( Palermo, Sellerio, 2006).

Così, tra l’altro:

 

* d. Lei è stato a Mauthausen tutto il tempo, oppure?

* r. No. A Mauthausen la cosa più triste….Finimmo in un campo: Gusen; Gusen 2 e poi da Gusen 1 siamo andati a caricare i morti perché Gusen 1 o2, non mi ricordo, ci fu un altro campo perché arrivava troppa gente; se ne allestì un altro, Gusen 1 o Gusen 2, dove si infuriò un tipo e allora ci andarono là tanti di quei criminali e lì andarono ad uccidere tutti. E l’indomani poi siamo andati tutti con i carrettoni, tutti con i lacci a tirare, e quello sempre dando legnate sulla testa, sule spalle e con i cani dietro. Siamo andati in questo campo vicino a prendere tutti questi morti e seppellirli là. Si facevano poi delle fosse o al crematoio.

 

Per una ulteriore intervista

http://www.imiedeportati.eu/testimonianza.php?id_test=4

 

domenico stimolo

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