Festa della Liberazione dell’antifascismo e della democrazia

di Carlo Smuraglia

Un anno pieno di provocazioni fasciste. Il richiamo alla Costituzione e alla Resistenza. L’arrivo del Movimento Cinque Stelle e la necessità di un cambiamento

In una situazione di grave crisi economica e morale

Da Patria Indipendente uno stralcio dall’editoriale di Carlo Smuraglia

…..nell’anno trascorso e soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad un crescendo di iniziative neofasciste, da quelle più squallide a quelle più “forti” e davvero insopportabili.

…un’altra, inconcepibile iniziativa, quella di far tenere una lezione agli allievi di una scuola militare da un fascista come Mario Merlino.

Tutto questo ci fa non solo riflettere e indignare, ma ci assegna il compito e il dovere di reagire con tutte le nostre forze, coinvolgendo i cittadini, le istituzioni, i partiti, in una grande operazione culturale e politica, che faccia finire questo scempio, che oltretutto è anche pericoloso per il futuro del Paese.

…..Tutto questo dobbiamo esprimere, con forza, il 25 aprile, facendone, certamente un giorno di festa, ma anche un giorno di riflessione e di coinvolgimento, di partecipazione, contro l’indifferenza, il distacco, la rassegnazione. Quale che sia la situazione politica al momento della Festa della Liberazione, faremo in modo che alla doverosa memoria delle pagine più belle della nostra storia e all’altrettanto doveroso ricordo dei Caduti per la libertà, si unisca l’apertura di uno spiraglio vero verso un futuro diverso, più equo e solidale con le categorie più deboli e più esposte, più fondato, davvero, sul lavoro, come vuole la Costituzione; un futuro che dia adito finalmente a nuove certezze, a nuove speranze per chi soffre il peso della crisi, e per chi non ne può più di un sistema avvelenato ed incancrenito,dal quale il nostro Paese deve uscire nel nome dell’antifascismo e della democrazia.

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LA MEMORIA: CASTELBUONO LA STORIA DI DUE DEPORTATI VINCENZO CALIGIURI E VANNI MAIORANA

Dalla testimonianza  di 
Ignazio Maiorana 
    figlio di Vanni.

Chissà che non ti venga in mente di sacrificare 5 minuti di attenzione…

            Le cartoline sul vischio

Da ragazzini non avevamo soldi per comprare gli addobbi. L’albero di Natale lo facevamo con rametti di vischio legati a un chiodo al muro. Alle bacche collose applicavamo le cartoline colorate di auguri natalizi e pasquali indirizzate negli anni precedenti a mio padre, recanti le affettuosità di amici lontani. Ne facemmo per diversi anni alberi di Natale con le cartoline al posto delle palline. Non sapevamo del valore documentale di quei brevi scritti firmati. Mia madre non si curava molto di quelle cartoline, se ci permetteva di usarle come addobbi natalizi. A inviarle a mio padre, a Castelbuono, erano stati numerosi compagni di militare e di prigionia nei campi tedeschi. Le cartoline cominciarono a giungere a casa subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Poi, via via, il loro arrivo si diradò col passare degli anni. Di quella esperienza in Germania non si parlava in casa. Vanni, come tanti altri reduci, voleva rimuoverla dalla propria memoria.

Avevo dieci anni l’unica volta che vidi piangere mio padre. Durante un banchetto matrimoniale gli stavo seduto di fronte al tavolo. Un trio musicale stava eseguendo Paloma, uno struggente tango spagnolo. Vanni aveva le gote rigate.

– Pa’, perché piangi? – gli chiesi stupito e preoccupato.

– È la musica di la prigiunìa – rispose asciugandosi le lacrime.

Non capii. Compresi quarant’anni dopo, quando seppi da ex deportati che anche in altri campi tedeschi era consuetudine accompagnare alla “doccia” (camera a gas) i deportati nudi al suono di violino e fisarmonica sulle note di Paloma. Il brano veniva eseguito da due musici al seguito. Lo sventurato condannato a morte veniva caricato su un carro trainato da un paio di suoi compagni. L’immagine era sempre il preludio del forno crematorio.

Ma chi era stato in realtà Giovanni Maiorana, lontano dalla sua attività di allevatore e casaro tra le montagne madonite? Tra le sue passioni quella della medicina. Non aveva potuto studiarla per le ristrettezze economiche della sua famiglia di pastori. Nel 1928, al servizio di leva militare in Fanteria, tuttavia, fu inserito nel reparto sanità per il suo interesse verso la Medicina.

Vanni fu richiamato in servizio a Roma intorno al ’42, durante la seconda guerra mondiale. Dopo poco tempo, fu preso dai tedeschi e condotto prima in Jugoslavia e poi trasferito nel campo di sterminio di Kahla, nei pressi di Lipsia, in Germania. Nel caos e nella contraddizione di quegli eventi, nessuno ne sapeva il motivo.

Comunque la qualifica di provenienza a Vanni giovò. Tra le migliaia di ospiti in quel campo fu organizzata un’infermeria gestita da un medico e da un infermiere, anch’essi prigionieri. L’aiutante del dottore era proprio Giovanni Maiorana. Egli aveva il compito di registrare, ogni mattina, nome, numero e stato di salute di quanti marcavano visita. Era una processione giornaliera di forme umane denutrite. Tra queste persone in coda si trovò, un giorno, anche un giovane preso dai tedeschi appena arruolatosi in Marina: era Vincenzo Caligiuri e aveva 16 anni. Grazie a lui ho potuto avere diretta e spontanea testimonianza su un particolare aspetto della prigionia di mio padre. Ecco come sono venuto a sapere.

Da Caligiuri, ormai ottantenne, alcuni anni fa, mi sentii chiamare mentre stavo attraversando la strada. Seduto sull’uscio di casa, mi disse:

– Lei è figlio di Vanni Maiorana? Venga, venga… Suo padre mi ha salvato la vita.

– Si sta sbagliando – risposi. – Mio padre è scomparso da trent’anni.

– Lo so – replicò Caligiuri – Si accomodi dentro, la prego.

L’anziano ufficiale di Marina cominciò il suo racconto.

– Mi sentivo morire, mi trascinavo in coda a tanti altri prigionieri e deportati. L’unica cosa da fare era recarmi in infermeria a chiedere aiuto. “Come ti chiami?”, mi chiese l’infermiere.

– Caligiuri, risposi. E lui: – “Caligiuri? Di dove sei?”

– Di Castelbuono.

Vanni, sgranando gli occhi: “Anch’io. Mettiti da parte, lascia passare gli altri. Alla fine penserò a te”.

Durante il racconto Caligiuri non conteneva la sua emozione. Il suo torace era scosso da piccoli sussulti. “Una pausa per un gelato”, consigliò la moglie.

– Posso ritornare un’altra volta, se volete – mi sembrò giusto proporre.

– No, meglio subito – intervenne determinato l’anziano signore. E riprese a raccontare.

– Terminate le visite del medico, Vanni mi chiese se fossi disposto a isolarmi nel recinto degli affetti da scabbia. Mi assicurò che lì poteva assistermi meglio. Gli risposi di sì, forse potrò salvarmi…, pensai. Vanni mi fece spogliare e mi spalmò in tutto il corpo una puzzolentissima pomata. In quella baracca soggiornai dieci giorni, godendo di una razione alimentare leggermente più congrua, utile a riprendermi fisicamente. L’ultimo giorno Maiorana mi riferì che i tedeschi cercavano un gruppetto di prigionieri più idonei alla raccolta di patate in un campo lontano da lì. Mi chiese se me la sentivo di andare. Qualche patata forse avrei potuto furtivamente mangiarla…

E così fu. Maiorana era persona sensibile, generosa. Non sappiamo quante persone aiutò e come lo fece. Sicuramente molte, a giudicare dalle cartoline che i suoi amici gli spedivano dopo la guerra. Vanni e Vincenzo non s’incontrarono più nel campo. Non seppero mai perché furono presi dai tedeschi che erano alleati degli italiani durante il fascismo. Né i rispettivi familiari avevano loro notizie. I loro destini furono separati. Finita la guerra, comunque, ognuno di loro, tra pene e guai, riuscì a guadagnare la propria casa, a riabbracciare la famiglia. Vincenzo riprese la navigazione militare, Vanni raggiunse la moglie e le due figliolette nate prima del suo richiamo alle armi. Subito riprese il lavoro di curatolo nelle aziende armentizie, lontano da casa.

Dopo la pesantissima esperienza vissuta, mio padre necessitava di un recupero psicologico e affettivo, ma il dovere e il bisogno di pensare al sostentamento della famiglia non gli davano tempo né possibilità di farlo.

Dopo alcuni anni Vincenzo Caligiuri, molto più giovane di Vanni, si fece una famiglia a Palermo. Ma un altro duro colpo lo scosse: la perdita di un figlio di 16 anni di età per un incidente in vespa. La notizia destò scalpore al suo paese natìo dove fu portata la salma per essere tumulata. Vanni lo seppe e scese dalla montagna, raggiunse in tempo i dolenti al cimitero. Fermatosi dinanzi alla bara, disse:

– Questa volta non posso far nulla.

Fu allora che Vincenzo lo riconobbe. Quattro persone hanno dovuto separare i due ex prigionieri amici dal loro commosso, fortissimo abbraccio nell’infausta evenienza. Ma Caligiuri solo a tarda età si decise a raccontare a qualcuno la sua vicenda di prigioniero in Germania. Fino ad allora aveva taciuto.

Dovrei approfondire la storia di mio padre nei campi tedeschi. Oggi le cartoline usate da bambino per l’addobbo dell’albero di Natale agevolerebbero la mia ricerca. Ma sono andate tutte perdute. Unico cimelio in mio possesso è una cassettina in legno dove Vanni teneva i piccoli oggetti di valore durante la prigionia. Fino ad alcuni anni fa, aprendola, sentivo ancora un pungente odore di medicine.

Per rendere omaggio alla prigionia in Germania di mio padre sono andato a visitare un campo di sterminio. È poca cosa. Allora, mentre c’è ancora facoltà e piacere di scrivere, ho voluto raccogliere e proporre questi doverosi appunti perché l’esperienza sulla quale mio padre preferì tacere non venga rimossa del tutto.

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NO MUOS L’ANPI CON LA NOSTRA COSTITUZIONE RIPUDIA LA GUERRA

 

IDEALMENTE DA COMISO A NISCEMI

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L’ANPI PALERMO ALLA MARCIA DELLA LEGALITA’

SAN GIUSEPPE JATO CONFISCATO
ALLA MAFIA DAGLI ALUNNI

21 marzo 2013 – 17:29 – Cronaca Regionale
san giuseppe jato
Da Sicilia informazioni un articolo di Antonio Ortoleva –
Da stamane, giorno di primavera, San Giuseppe Jatonon è più il paese di Brusca, il killer di Falcone e del piccolo Matteo liquefatto nell’acido. E’ stato confiscato alla mafia dagli alunni con una bellissima, variopinta, chiassosa Marcia trionfale della legalità, seconda edizione. In prima fila una nuova generazione di amministratori locali, sorridenti, coraggiosi, sostenuti da Libera, privi di scrupoli nel dire la verità ai concittadini. Il sindaco Davide Licari, avvocato non ancora quarantenne, che guida una giunta di centrosinistra, con accanto Pierluigi Basile, 30 anni, un dottorando di storia all’università di Roma Tre, organizzatore e anima gentile della giornata, attorniati dai sindaci di Monreale e Camporeale, da rappresentanti di tanti comuni della Valle dello Jato, da consiglieri comunali di poco più di vent’anni.

Ospite d’onore, l’eurodeputato Sonia Alfano, presidente della Commissione antimafia europea e dell’associazione italiana familiari delle vittime di mafia. Quindi, le associazioni Addio Pizzo, Anpi, Arci, Centro Peppino Impastato, Centro Pio La Torre. Il grosso del corteo colorato e colorito, quasi un migliaio in tutto, era composto da alunni delle quinte elementari e delle medie del circondario, 52 studenti di Giarre, dopo tanti chilometri, si sono aggiunti nel finale. Il raduno in piazza Del Popolo e dopo un chilometro percorso nel centro del paese la sosta in piazza Caduti di Portella, perché anche la nuova toponomastica può aiutare a cambiare. Qui, brevi discorsi e infine i ragazzi hanno letto a turno uno sterminato elenco di nomi di vittime.

Che non è più il paese di Brusca e che non vogliono sia ricordato per questo lo hanno ribadito Licari e Basile. “Dovremo essere orgogliosi di essere cittadini di San Giuseppe Jato”. Sonia Alfano ha chiesto ai familiari di Brusca di dissociarsi e rinnegare questi parenti ingombranti. Poi solidarietà e ringraziamenti per tanti. Compreso il comandante della stazione dei carabinieri al quale recentemente hanno bruciato l’auto, all’ex sindaco Maria Maniscalco chiamata accanto al microfono, che ha ben seminato a suo tempo, a tutti quegli insegnanti, veri artefici di futuro, che hanno guidato i piccoli, ognuno con un palloncino e una frase attaccata per sognare, perché si può. Il paese non c‘era, è rimasto fuori dal corteo, tranne poche eccezioni e senza alcun gesto di ostilità. D’altra parte, il tempo ci vuole.

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La violenza ed il coraggio Donne, Fascismo, Antifascismo, Resistenza Ieri e oggi

Milano Convegno 16 marzo 2013

Il 16 marzo, mentre la camera eleggeva Presidente una donna, Laura Boldrini, si svolgeva a Milano, Palazzo Marini, il convegno fortemente voluto dal Coordinamento femminile dell’ANPI.

Dopo l’apertura di Monica Minnozzi , il saluto dell’assessore Marco Granelli, in rappresentanza del Sindaco Pisapia, impegnato in compiti istituzionali e l’intervento del Presidente Carlo Smuraglia, Lidia Menapace, nel suo inconfondibile stile arguto ed impreziosito da un sottile umorismo,  ha spiegato le ragioni  del convegno: non si deve dimenticare che il fascismo voleva una donna suddita del marito, angelo del focolare, fattrice di braccia preferibilmente maschili che potessero combattere per la grandezza dell’impero, una donna cui doveva essere interdetto il lavoro e vietato il diritto di pensare.

Le donne impegnate nella resistenza hanno stravolto questo stereotipo, svolgendo un ruolo fondamentale di collegamento, di supporto alle brigate partigiane, hanno imbracciato le armi nella lotta per la libertà, la pace, la democrazia, hanno sfidato i pericoli fino al sacrificio, alla stessa stregua degli uomini.

Purtroppo, però, ancora oggi lamentiamo un cultura che non garantisce pari opportunità alle donne, in molti casi considerate ancora proprietà dell’uomo che arriva a commettere  femminicidio  quando si accorge che il suo potere comincia a scemare.

Questi temi sono stati affrontati ed approfonditi da relatori e relatrici di alto livello e grande competenza:Simona Lunadei, Dianella Gagliani, Raffaele Mantegazza.

La delegazione siciliana ha dato un suo apprezzato contributo all’ampio e ricco dibattito:Maria Letizia Colajanni ha ricordato il coraggio delle donne dei Fasci siciliani che già nel 1893, trent’anni prima che Mussolini tracciasse il suo detestabile profilo della donna, avevano costituito sezioni femminili in molti paesi della Sicilia, compiendo atti di vero valore come l’azione delle donne di Milocca liberatrici degli uomini carcerati nella caserma dei carabinieri perché impegnati nei fasci; Maria Grasso ha evidenziato i problemi di gestione dell’Associazione Donne insieme, unico sportello antiviolenza della provincia di Enna, priva di qualsiasi supporto istituzionale, basata esclusivamente sull’azione di 60 volontarie; Giusy Vacca ha lamentato le difficoltà che incontrano, specialmente nei piccoli centri,  tutte quelle donne che, i figli ormai grandi, desiderano costruirsi una propria identità  ed una propria autonomia,dopo aver rinunciato alle loro aspirazioni per dedicarsi esclusivamente alla famiglia ed ai figli, dipendendo in tutto dal marito .

Nelle conclusioni  Marisa Ombra ha ripreso i temi trattati, auspicando quel cambiamento di cultura, che specialmente i giovani possono garantire, perché l’Italia non sia più uno dei paesi più arretrati di Europa.

Maria Letizia Colajanni

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MILANO DONNE ANPI: “La violenza e il coraggio” “Le donne di MILOCCA”

Da Madonielive riceviamo questo contributo di Giusy Vacca.

Una grande partecipazione di donne e uomini da tutta Italia al convegno dell’ANPI, l’Associaziona Nazionale Partigiani d’Italia,sul tema “La violenza e il coraggio – donne, fascismo, antifascismo, Resistenza, ieri e oggi”.
Anche la Sicilia ha partecipato al convegno con una delegazione composta da :
MARIA LETIZIA COLAJANNI, del Consiglio Nazionale e Coordinamento Femminile dell’ANPI.
MARIA GRASSO, presidente dell’Associazione Donneinsieme Sandra Crescimanno, unico sportello antiviolenza della provincia di Enna
GIUSY VACCA, responsabile della sezione ANPI Giovanni Ortoleva di Isnello.
Un programma molto interessante in una sala affollatissima di Palazzo Marino , a Milano in Piazza della Scala, in cui ci sono stati gli interventi del Presidente dell’ANPI , Carlo Smuraglia, della docente universitaria e partigiana Lidia Menapace,  di Simona Lunadei della Società Italiana delle Storiche, di Monica Minozzi, del Coordinamento Nazionale Donne dell’ANPI, di Marisa Ferro e Marisa Ombra , vice Presidenti del’ANPI, del prof. Raffaele Mantegazza, docente di pedagogia interculturale dell’università di Milano.
Le tre  siciliane nei loro inteventi hanno sottolineato il ruolo delle donne nella storia di ieri e di oggi, in particolare MARIA LETIZIA COLAJANNI nel suo apprezzatissimo intervento ha voluto ricordare il contributo delle donne dai Fasci Siciliani alla Resistenza, alla lotta alla mafia,  in particolare il coraggio delle donne di Milocca che il 3 novembre del 1893 assaltarono la caserma dove illegalmente erano stati rinchiusi i dirigenti del circolo dei Fasci Siciliani di Milocca, l’odierna Milena (CL),  successivamente arrestate e condotte in prigione mentre con i loro figlioletti in braccio intonavano l’Internazionale.
MARIA GRASSO invece ha esposto il problema della violenza sulle donne nella sua esperienza in qualità di Presidente dell’Associazione Donneinsieme, e le difficoltà che si incontrano nell’attività portata avanti dalla straordinaria disponibilità di 60 volontarie, che devono sopperire alla mancanza di fondi poichè manca il sostegno delle Istituzioni.
GIUSY VACCA ha voluto evidenziare la condizione della donna che, in mancanza di un lavoro adeguato che le possa permettere l’autonomia e l’indipendenza, non può essere libera di prendere in mano la propria vita, subendo a volte  una situazione di sudditanza verso il proprio compagno, e spesso è  costretta a subire violenze morali, economiche e fisiche. Quindi, avverte la necessità di sensibilizzare tutti a esigere che la politica si adoperi per la piena attuazione dei principi della Costituzione , pretendendo diritti e non favori, e invita i giovani ad essere attivi nella politica e adoperarsi per la salvaguardia della loro libertà conquistata col sacrificio della vita di tanti partigiani, ricordando che le conquiste acquisite non sono per sempre, e in un momento così drammatico della nostra storia è necessario tutto il loro impegno per poter determinare  anche il loro futuro.

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JATO: PARTECIPIAMO ALLA MARCIA DELLA LEGALITA’

PARTECIPIAMO
Pierluigi Basile
Caro presidente Terranova, caro segretario Ficarra e compagni tutti dell’Anpi Palermo “Comandante Barbato”,

Vi ringrazio per la graditissima adesione dell’Anpi. La lotta di liberazione dalla mafia e da ogni forma di fascismo ci trova sulla stessa trincea a combattere ogni giorno per la verita’, la giustizia e la difesa dei diritti contro ogni sopraffazione. Saremo lieti di avervi al nostro fianco.

I vivi ed i morti si stringono la mano con la promessa di ricordare per continuare! Sempre Avanti fino alla liberazione.
Vi aspettiamo il 21 marzo e speriamo di poter lavorare insieme anche dopo per trasmettere ai nostri concittadini i valori della resistenza e dell’antimafia sociale.
Grazie a nome mio e di tutta l’amministrazione comunale di San Giuseppe Jato

 

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Moffo Poeta contadino

Da Siciliainformazioni.com  questo pezzo di Antonio Ortoleva sul nostro poeta Moffo Schimmenti

Non è un intellettuale, un artista che si è trasferito in campagna. Moffo, all’anagrafe Gandolfo Schimmenti, in campagna ci è nato, alle porte di Polizzi Generosa sulle Madonie, ci vive e ci lavora da sempre, da 63 anni. “Sono bracciante agricolo autodidatta, canto e scrivo quannu aiu un po’ di timpu”. L’aspetto da contadino è evidente: camicia sempre a scacchi, baffoni, lineamenti marcati e forti, colorito bruno, cozzi cotti o’ suli, scriveva Buttitta. Moffo non solo coltiva la fagiola “badda”, una specialità della zona inserita nell’elenco slow food, ma anche la passione di raccontare in musica storie di miseria e di lotte per il lavoro, di figure di capipopolo, di vittime di mafia, di donne siciliane che si sono ribellate in tempi più difficili di oggi. E a dieci ritratti al femminile è dedicato il disco “Candide calle”, presentato l’altra sera durante una pioggia tropicale nella sede del circolo Arci Tavola Tonda a Palermo. Un cd distribuito per ora gratuitamente, con arrangiamenti di Roberto Terranova, disegni di Santo Lipani, pittore naif, tutti di Polizzi, e sfornato dallo studio di registrazione di buon livello costruito nel paese di alta montagna a cura della Dafde Musica, gruppo di giovani artisti che si cimentano in vari generi.

Nel disco sotto forma di ballate popolari ritratti di donne, e non tutte siciliane, accumunate da cosa? “Da imprese straordinarie nel Novecento – spiega Moffo – alcune le ho conosciute, come Antonella Azoti, che ha una storia particolare come figlia di una vittima di mafia, come Felicia Impastato, la mamma di Peppino che era anche amico mio e compagno di lotte, come Concetta La Ferla, donne che si sono ribellate, rinnegate anche dalle sinistra perché troppo avanti per i tempi”.

Dell’ultimo cantore di un’epopea dei campi e dei paesi che sembrava dissolta, la fondazione Buttitta ha prodotto due dischi. “Canto – dice Moffo con la sua voce rauca e armonica a forte accento madonita – i mali antichi della Sicilia e la voglia di riscatto”. Ha collaborato con Fabio Abate, cantautore di Catania e con Luciano Maio, cantante dei Taberna Milensis, ha musicato poesie di Ignazio Buttitta e ha inciso dieci singoli, una collana dal titolo “Uomini, fatti e cose di Sicilia”. “Le vittime di mafia come ha detto Enzo Consolo sono i veri nobili di Sicilia, hanno donato la loro vita per la comunità, canto le loro imprese eroiche”.

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MARCIA DELLA LEGALITA’ A SAN GIUSEPPE JATO

La lapide che si trova al cimitero comunale, dove sono raccolti i corpi dei nostri caduti di Portella..

L’ANPI Palermo “Comandante Barbato” nell’anno 70° della Resistenza e nel 120° dei Fasci Siciliani in continuità con le lotte per la Libertà e per la difesa della dignità umana aderisce alla MARCIA DELLA LEGALITA’ perchè si arrivi a VERITA’ e GIUSTIZIA contro tutte le mafie. 

L’Amministrazione comunale di San Giuseppe Jato, è lieta di invitarLa alla “II Marcia della legalità”, manifestazione promossa in collaborazione con l’Istituto Comprensivo Statale “Salvatore Riccobono” di San Giuseppe Jato e l’Istituto di istruzione superiore “E. Basile” di Monreale, in occasione della XVIII “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti di tutte le mafie”, che si svolgerà nel nostro centro urbano il 21 marzo prossimo. 

La manifestazione si aprirà la mattina, col concentramento di studenti, cittadini e amministratori previsto per le ore 9,30 a Piazza del Popolo. Da lì il corteo si muoverà lungo il corso principale (corso Umberto I) e proseguirà fino a Piazza Falcone e Borsellino, dove è prevista una sosta per un momento di riflessione dedicato alla lettura dei nomi delle vittime innocenti delle mafie e alla recita di alcune poesie e pensieri affidata agli studenti delle scuole locali. Il corteo proseguirà poi fino a piazza Caduti di Portella dove la marcia si scioglierà, si presume alle ore 12,30 circa.
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difendiamo il prestigio e la dignità del Parlamento voluto dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza

Boldrini presidente Camera, il discorso di insediamento »

Guarda il video Boldrini presidente Camera, il discorso di insediamento. Aggiornati con le ultime video notizie di Sky.

 

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