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Splendida serata in memoria di Giuseppe Pietramale
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OCCUPAZIONE RAI IN VISTA DEL REFERENDUM SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Comitato per il NO ha aggiunto un nuovo video: SALVATORE SETTIS E LA COSTITUZIONE.
Siamo in fase di vacanze, ma non ci sfugge e non può sfuggire a nessuno la gravità di alcune cose che stanno accadendo, in vista del referendum sulla riforma del Senato.
Si è compiuta, in questi giorni, la “occupazione” della RAI da parte del Governo, già avviata con la nomina di un Amministratore delegato dotato di amplissimi poteri, ed ora con la più evidente e chiara delle tante conseguenze dell’impostazione della riforma della televisione pubblica.
Sono stati cambiati quasi tutti i direttori dei telegiornali. Colpisce soprattutto la sostituzione di Bianca Berlinguer, al Tg3 (che neppure Berlusconi aveva osato toccare, rispettando almeno un minimo di pluralismo), per di più con un personaggio che ha dimostrato le sue simpatie politiche (non è lui che si dimise da una carica in RAI per protesta contro la giusta reazione di Giannini ad un attacco piuttosto pesante del Presidente del Consiglio?).
Insomma, si vuole preparare il terreno per un tipo di informazione sui temi del referendum, che corrisponda ancora di più a quanto è già avvenuto nel primo periodo della raccolta delle firme (abbiamo già dimenticato il rapporto documentato tra le 17 ore dedicate al “SI” e il minuto dedicato al “NO”?).
Ma non basta. Leggiamo su tutta la stampa che un Ministro ha lanciato la “campagna d’estate”, impegnando i Sindaci perché si attivino nella campagna per il SI. Ci diranno che non lo ha fatto come Ministro, ma come persona; ma come si fa a distinguere, anche se ciò fosse, visto che tutti i giornali parlano dell’iniziativa del “Ministro” in questione per contattare e sollecitare i Sindaci?
E’ legittimo e politicamente corretto, tutto questo? Non dovrebbe il Governo (e non dovrebbero i Ministri) restare neutrale nella campagna referendaria? E’ vero che è lo stesso Governo che ha “creato” queste riforme e si è impegnato a fondo per farle passare, con tutti i mezzi, in Parlamento; ma la decenza imporrebbe che almeno nella campagna referendaria lasciasse decidere liberamente i cittadini, garantendo una corretta informazione, anziché cercare di influenzarli, direttamente o indirettamente, per il “SI”.
Ma i tempi sono quelli che sono; tutto questo lo abbiamo visto (e pour cause) sotto il sole di agosto, ma temo che dobbiamo aspettarci ben altro per l’ormai imminente autunno. Per parte nostra reagiremo sempre a questi tentativi di impedire la formazione di orientamenti liberi e informati; ma confidiamo che a garantire la libertà e l’indipendenza di giudizio dei cittadini intervengano anche quegli organi dello Stato cui spetta il compito, appunto, di tutelare i diritti di tutti.
CARLO SMURAGLIA
AGOSTO 2016
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Con la riforma la guerra la decide il governo
Con la riforma la guerra la decide il governo
Se guardiamo alla sostanza delle cose e non solo alle parole, l’Italia si è infilata dritta come un fuso in una nuova avventura bellica. In Libia per giunta. Il passato ritorna. Gli Stati Uniti hanno programmato un intervento aereo la cui durata sarà come minimo di un mese. Ma vi è già chi, nell’ establishment militare americano, fa capire che è solo un termine indicativo, fatto più per essere prolungato che rispettato. Si invoca, e il governo italiano si è subito allineato, la risoluzione 2259 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, attraverso la solita cavillosa interpretazione del paragrafo 12 della medesima, che la Russia apertamente contesta, pretendendo invece una nuova eventuale decisione ad hoc da parte del supremo organo dell’Onu.
In questo quadro il coinvolgimento italiano è inevitabile se non viene espressa una volontà esplicitamente contraria. Le ragioni sono di natura militare e politica. Un’azione così prolungata nel tempo richiede l’utilizzo delle basi di Aviano e di Sigonella. Particolarmente di quest’ultima, distante solo una ventina di minuti di volo dall’obiettivo. D’altro canto la Sicilia è sempre stata considerata oltreoceano una “portaerei americana” nel Mediterraneo, espressione mutuata da una quasi identica di Mussolini riferita a tutt’altro contesto. A parte la parentesi dello scontro Craxi-Reagan di una trentina di anni fa, ha continuato ad esserlo fino ai giorni nostri. D’altro canto se l’Italia vuole realmente candidarsi alla guida della missione Liam per la “stabilizzazione” del paese libico, qualche contributo lo deve dare. In altre parole se gli scarponi non sono sul terreno, le basi aeree italiane sono già in guerra.
Ma chi lo ha deciso e chi lo avrebbe dovuto decidere? E’ ridicolo che siano solo le commissioni Esteri e Difesa riunite delle due camere ad essere “informate”, mentre l’Aula si deve accontentare di una question time della ministra Pinotti. Non si tratta di riferire ma di trovare la sede della decisione.
Si dirà che non è la prima volta che si verifica l’esautoramento del Parlamento da una delle decisioni più esiziali per un paese, l’entrata in guerra comunque mascherata – il termine intervento umanitario è immancabilmente ricomparso nelle dichiarazioni di Gentiloni -. Ma non è una buona ragione per perseverare.
Quindi non solo è giusto e necessario che si chieda l’immediata convocazione delle camere per discutere il ruolo dell’Italia nella vicenda libica, ma che si torni a riflettere sulle conseguenze che la “deforma” della Costituzione può avere in questo campo.
Infatti tra i 47 articoli revisionati dalla legge Renzi-Boschi vi è anche l’articolo 78 che concerne la dichiarazione dello stato di guerra. Per la precisione l’attuale testo, ancora vigente fino (e speriamo anche dopo) al pronunciamento referendario recita “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”, mentre quello deformato dice: ” La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari”.
Come è noto attorno a questo articolo si è sviluppato negli anni un larghissimo dibattito, dai tempi della Costituente fino a quello degli anni migliori del movimento pacifista. Riassumerlo qui sarebbe un’ambizione smodata e insensata.
Ma è certo che tale formulazione era stata pensata dai costituenti come una deroga solo temporanea ed eccezionale, come strumento ultimo di difesa e non di offesa, al principio di ripudio della guerra sancito dall’articolo 11 facente parte dei principi fondamentali della Carta. Il potere di attivare lo stato di guerra spettante al Parlamento si configura quindi come atto politico per eccellenza, presuppone e coinvolge principi etici, un’accurata valutazione del quadro politico e militare internazionale, una discussione grave e approfondita circa la necessità del l’instaurazione del regime giuridico di eccezionalità. Discussione tanto più impegnativa e imprescindibile se si tiene conto delle modalità extraistituzionali, a a livello internazionale e interno, con cui le decisioni belliche vengono assunte e i relativi mascheramenti linguistici con cui vengono giustificate. Per questa ragione più d’uno ha pensato che prevedere una maggioranza superiore per l’elezione, almeno in prima battuta, del Presidente della Repubblica a quella della dichiarazione dello stato di guerra fosse una assurdità. E vi sono state iniziative di parlamentari, anche trasversali, ma inascoltate, che hanno cercato di porre rimedio chiedendo che la dichiarazione dello stato di guerra potesse avvenire solo sulla base di un voto dei due terzi dei componenti le camere.
Il testo della “deforma” costituzionale peggiora in modo evidente questo quadro. Non solo e non tanto perché è solo una Camera che viene chiamata a pronunciarsi. Infatti il Senato continua ad esistere ed entra in decisioni chiave, come le leggi di revisione costituzionale, ma non su questa che è la più importante di tutte. Ma perché la nuova norma costituzionale, applicata in un contesto nel quale è entrato in vigore l’Italicum, fa sì che la maggioranza assoluta richiesta sia già data all’atto stesso della nascita della camera – grazie al premio di maggioranza dato a una minoranza – e che appartenga a un solo partito.
In questo modo la dichiarazione di guerra è affare esclusivo del partito di maggioranza relativa e, visti gli attuali chiari di luna, di un uomo solo, cioè il suo segretario. Potente regressione della democrazia e della civiltà giuridica, che possiamo e dobbiamo fermare con un forte No nel prossimo autunno.
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Giuseppe Pietramale “CI AVETE CONDANNATI INNOCENTI”
VENERDI’ 5 AGOSTO ORE 18,30 MUSEO CIVICO BISACQUINO L’ANPI PALERMO CON IL CIRCOLO NOI DONNE PRESENTA IL LIBRO DI GIUSEPPE PIETRAMALE EDITO, NELLA COLLANA DELL’ANPI SICILIA, DALLA CASA EDITRICE “ISTITUTO POLIGRAFICO EUROPEO”.
PREZIOSO QUESTO RECUPERO DELLA MEMORIA DOVUTO A GIUSEPPE PIETRAMALE JUNIOR CHE CI DA’ LA TESTIMONIANZA INEDITA, CON LE MEMORIE DEL NONNO, DI UNO SPACCATO DELLE OPINIONI DEI PROTAGONISTI DELLE LOTTE DELL’EPOCA, NELLA SICILIA IN CUI IL TEMPO ERA SCANDITO CON CIECA VIOLENZA, FIN DALLA NOTTE DEL FASCISMO, DA UNA SERIE LUNGHISSIMA DI ELIMINAZIONI DEGLI AVVERSARI POLITICI FINO A PORTELLA DELLA GINESTRA, TRISTE EMBLEMA DELLE DIVERSE STRAGI CHE HANNO INSANGUINATO LA STORIA ITALIANA.
af
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La lezione che ci viene dai fatti della Turchia
da Giuseppe Carlo Marino Presidente emerito ANPI Palermo
LA LEZIONE CHE CI VIENE DAI FATTI DELLA TURCHIA
LEZIONE DEL FALLITO GOLPE TURCO
I recenti accadimenti turchi evidenziano che attualmente vige in Turchia un regime totalitario di massa, capace, appunto, di mobilitare a suo sostegno larghe masse popolari manipolate e fanatizzate. Per rimuovere regimi siffatti – che contano sul radicamento “popolare” (come fu per il fascismo, per il nazismo, per il peronismo e per altre analoghe esperienze storiche del Novecento) – non è sufficiente, e addirittura risulta controproducente, il ricorso a strumenti di mera forza militare la cui sorte inevitabile, ben più che il fallimento stesso, è quella di essere condannati come “impopolari” e “antidemocratici”. Tutto questo dovrebbe far iflettere in ogni luogo, al di là della Turchia, e certamente anche in Italia, quegli ingenui che fanno coincidere l’affermazione della “democrazia” con la conquista del potere da parte di movimenti e relativi leader (penso in particolare ai Grillo e ai Salvini, senza escludere il renzismo) sostenuti da evidenti “maggioranze popolari”. Sulla strada dei populismi si corre velocemente verso le dittarure, quali che ne siano le specifiche connotazioni.
da fb GIUSEPPE CARLO MARINO
Angelo Ficarra Benissimo. Condivido. Facciamo chiarezza: quello che viviamo è un punto nodale dello attuale scenario italo-europeo-usa. Siamo forse di fronte alla conclusione fallimentare del processo della globalizzazione capitalista, ne sono tra l’altro sintomi gravi la violenza razzista in cui stanno precipitando, non da ora, gli stati uniti d’america, l’uscita-quasi fuga precipitosa- dall’Europa della Gran Bretagna. L’analisi seria a cui ci richiama Giuseppe Carlo Marino dei fascismi europei, che hanno fatto precipitare nel secolo scorso al punto più volgare e umiliante la storia dell’essere umano su questa Terra, banalizzando la violenza eretta a sistema e a ideologia di massa, ci porta ad essere molto più attenti e più cauti, BISOGNA FARE DI PIU’ PER FERMARE QUESTO SCIVOLAMENTO LENTO VERSO NUOVE FORME DI FASCISMO DAL VOLTO “DEM”: Signori ministri e plenipotenziari non basta chiedere alla Turchia di non scegliere la pena di morte; sappiamo bene che questo avamposto delle democrazie capitaliste occidentali conserva nella sua base nato ben 50 bombe nucleari, siamo di fronte a una pericolosa situazione ricattatoria. Non possiamo fermarci a un Si o un No alla pena di morte nella Costituzione Turca e a chiudere gli occhi sulle migliaia di giudici e le migliaia e migliaia di cittadini già arrestati o uccisi. Apriamo gli occhi. Pensiamo a quello che sta succedento in Italia. Erdogan non fa misteri della sua aspirazione a cambiare la Costituzione per una Repubblica Presidenziale con pieni poteri. Guerra terrorismo pieni poteri. Stiamo attenti a quello che stanno combinando i nostri enfants gàtés a casa nostra. NO LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE NON SI DEVE TOCCARE.
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Augusta: il peschereccio della morte. Come è finita dopo dieci giorni dal recupero del relitto?
Ringraziamo il compagno Domenico Stimolo per questo intervento che trasuda intelligente, umana attenzione e civile passione
Augusta: il peschereccio della morte. Come è finita dopo dieci giorni dal recupero del relitto?
Sono passati dieci giorni dalla collocazione, in una apposita area attrezzata con una grande tensostruttura refrigerata nella rada di Augusta – “ Pontile Marina Militare” di Melilli -, del relitto del grande peschereccio, sollevato di fatto dal fondo marino dopo una sofisticata operazione durata parecchi giorni. Giaceva a 370 metri di profondità con il suo grande carico di morte dal 18 aprile dello scorso anno, al largo della costa della Libia. I venti profughi salvatosi riferirono di circa 700 persone inabissatosi nel fondale marino, rimaste intrappolate nell’imbarcazione a seguito della collisione con una nave mercantile. Il naufragio più grande consumatosi nel Mediterraneo negli ultimi settant’anni.
Un’azione di grande valenza civile. Una dinamica di intervento, molto ardua e complessa, senza precedenti per dimensioni, finalizzata al recupero e al riconoscimento delle vittime, quindi alla sepoltura. Per dare ai morti identità e dignità umana.
Dopo due/tre giorni le informazioni di merito sul recupero dei cadaveri sono scomparse dai notiziari televisivi e giornalistici nazionali. Nei giorni successivi ulteriori brevi note sono state riportate dagli organi informativi siciliani. Ora prevale essenzialmente il silenzio.
Certo, in quest’ultima settimana molti altri cadaveri freschi, frutto di morte violenta, sono “emersi” in molti altri luoghi del mondo, rimbalzando in prima pagina.
Non tutti in verità! I morti, in funzione delle aree territoriali interessaste, vengono divisi sempre in variegate “classi” di appartenenza. C’è chi merita la nota informativa. Altri, invece, dispersi nelle tante “polveriere” del mondo, No! La nostra informazione è strutturalmente monocentrica….lo sguardo è rivolto in maniera assolutamente preponderante verso la parte “occidentale” e sui presunti alleati di cordata. Nella gran parte gli abitanti di Gaia Terra, sono considerati paria, tranne cataclismi eccezionali non vengono mai nelle note informative.
E poi, come consolidato in un ripetitivo “mantra” molto alla moda che distilla ampio veleno, erano “stranieri”; bambini, donne e uomini senza volto, identità ed affetti nostrani…..nessuno dei loro cari li aspettava al porto di approdo. Come avvenuto in totale diversità riguardo altre recenti sventure marinare, rimaste in evidenza per molti giorni –
Ad oggi sono stati recuperati oltre duecento cadaveri, ormai scheletrificati, molti i bambini. Trasportati nelle celle frigorifere per essere esaminati dai medici legali. Scene tremende ed inimmaginabili hanno “accolto” gli operatori che scandagliano i locali del peschereccio. I resti dei corpi accatastati ed avvinghiati nell’esalazione dell’ultimo respiro.
Gli interventi operativi hanno come specifico riferimento la struttura denominata Campo Base, Modulo di Supporto Logistico ( MSL), e sono condotti dal Labanof – Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense, del Dipartimento di Morfologia Umana e Scienze Biomediche Medicina legale dell’Università di Milano – e dai Vigili del Fuoco, principalmente siciliani, supportati dal comando di Teramo dotato di un attrezzatissimo Carro Area. Il Campo Base è stato realizzato e gestito dai Vigili del Fuoco. L’azione di intervento viene effettuata seguendo le linee guida del Piano di Lavoro Operativo ( messo a punto già dall’inizio del mese di aprile), che definisce l’organizzazione di lavoro, i livelli di sicurezza tecnici, fisici e psicologici.
Le squadre di primo intervento sono coadiuvate da specifici operatori addetti alla rimozione dei materiali schiantatosi durante il naufragio, al taglio delle lamiere, per permettere l’accesso ai vari locali della nave. Ogni unità addetta al recupero dei cadaveri, costituita da due vigili del fuoco, viene affiancata da un altro consistente gruppo ( tra cinque e sette) con funzione di “sentinella” e con abilitazione Speleo Alpino Fluviale. Particolare attenzione viene rivolta alle attività di “ vestizione, sanitizzazione e svestizione” al fine di annullare gli eventuali rischi di contaminazione biologica. Inoltre, ogni coppia di Vigili del Fuoco operatori dopo un intervento di trenta minuti dispone di una fase di riposo e recupero con un tempo, senza rigidità protocollari.
Tutte le operazioni sono coadiuvate in tempo reale dal Centro di Documentazione Video, con la messa in opera di telecamere telescopiche intromesse nelle stive, per tutelare gli operatori e tenere sotto controllo il contesto dell’azione. Infine si affiancano in maniera determinante le strutture dei Vigili con funzioni direttive e di controllo del Piano operativo.
Uno sforzo di intervento, un clima di solidarietà ed umanità, eccezionale, da parte del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, con la partecipazione attiva di quasi cento operatori.
Essenziale il ruolo del Labanof , coordinato dalla dottoressa Cristina Cattaneo, rivolto ad acquisire nelle ispezioni cadaveriche effettuate dai sanitari – medici legali e antropologi forensi di diverse università ( in particolare di Catania e Palermo) – tutte le informazioni utili per costruire una “banca dati” che possa permettere di dare identità ai corpi recuperati, con il supporto fondamentale di componenti del ceppo parentale. Per ogni individuo viene creato un dossier personale costituito da elementi qualificanti : campione di dna, fotografie degli indumenti e di tatuaggi, oggetti presenti nel corpo, protesi, verifica delle arcate dentali. La documentazione elaborata è messa a disposizione delle strutture associative umanitarie ( ong….) e degli organismi pubblici preposti, compreso le strutture della Croce rossa Italiana, Internazionale e la Mezzaluna rossa, confidando che la diffusione delle notizie sulla soggettività dei corpi possa trovare riscontro con le famiglie, determinanti per il riconoscimento.
Queste attività scientifiche “ introspettive”, applicate per la prima volta nel riconoscimento dei 366 annegati del naufragio accaduto il 3 ottobre 2013 vicino a Lampedusa, permisero il riconoscimento di venti annegati. Gli altri, a centinaia, sono stati sepolti in cimiteri siciliani ( la gran parte ad Agrigento). Ogni singola “posizione” è contraddistinta solo da un numero.
Nel cimitero di Catania il quattro marzo di quest’anno, in una apposita piazzola allestita in un’area centrale, sono stati tumulati i resti dei 17 profughi/migranti annegati davanti al porto il 14 maggio del 2015. Non ci sono nomi!
Un dato è ormai certo. Nel corso dei quindici mesi dal tragico naufragio del 18 aprile 2015 molti cadaveri giacenti nella stiva del peschereccio sono stati definitivamente “risucchiati” dalla acque del Mar Mediterraneo. Dispersi e “ frantumati ” per sempre nelle componenti biologiche marine. All’inizio del recupero dei corpi si stimava una presenza tra le 250-300 unità.
Il mare chiamato baldanzosamente “nostrum” è colmo di cadaveri. Dal 2010 ad oggi, da parte delle organizzazioni internazionali sono stati quantificati quasi 13.000 morti. Un enorme “peso umano” di grandissimo dolore: bambini, donne e uomini, affogati per sfuggire alle guerre e per cercare di raggiungere una vita migliore, senza fame, carestie, dissesti ambientali…….e libertà.
Una vera e propria moria di “pesci” umani.
domenico stimolo
La foto si riferisce al recupero di un altro triste naufragio
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Contrassegnato Domenico Stimolo
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SEMPRE PIU’ GRANDE PARTECIPAZIONE NEL RICORDO DELL’OTTO LUGLIO 1960
Grande partecipazione alla commemorazione della “battaglia di Palermo” dell’otto luglio 1960. Presente oltre l’ANPI e la Fillea, CGIL, FIOM, la rete degli studenti universitari e medi, l’ARCI, Democrazia Costituzionale, PRC, Movimento ex carcere, moviamocinsieme. Fiori rossi sui luoghi dove vennero uccisi i compagni e alla lapide in via Maqueda che li ricorda posta dalle antifasciste e dagli antifascisti di Palermo l’otto luglio 2010. Letizia Colajanni con Antonella Azoti e Giusy Vacca hanno deposto fiori dove fu ucciso Andrea Gangitano 18 anni in via Spinuzza. Lo commemora Francesco Piastra segretario della Fillea Cgil. Da quì piazza Massimo parte il corteo per via Maqueda. Angolo via Bari altra sosta. Angelo Ficarra ricorda Francesco Vella segretario della Fillea ucciso mentre incitava i suoi edili a mettersi al sicuro, “riparatevi non fatevi ammazzare”. Poi siamo alla lapide via Maqueda angolo via Celso che ricorda, con Rosa La Barbera uccisa mentre chiudeva le persiane di casa sua in via Rosolino Pilo, i 4 caduti di Palermo. Quì è stato ucciso Giuseppe Malleo 16 anni. Alla presenza di Sonia Sanfilippo nipote di Francesco Vella, prima Ottavio Terranova Presidente dell’Anpi Palermo e coordinatore dell’Anpi Sicilia e poi Enzo Campo segretario della Camera del Lavoro, ricordano il valore della battaglia dell’otto luglio per la difesa della democrazia. Infine la celebrazione nella sala delle Lapidi al Palazzo delle Aquile. Quì gli interventi, dopo l’apertura di Enzo Campo, di Angelo Ficarra che ricorda i passaggi cruciali dell’otto luglio a Palermo, Licata Reggio Emilia e Catania, mettendo in rilievo la cieca violenza riservata ai 330 fermati nella Prefettura allora a Palazzo Comitini, la relazione di Francesco Piastra che lega quelle lotte a quelle della fillea di oggi, di Marcello Costa giurista e di Emilio Arcuri vice sindaco che interviene nello specifico di una lotta della Fillea per la difesa e l’aumento della occupazione nel settore. Bellissimo, appassionato intervento di Fausto D’Alessandro allora presidente dell’Unione degli studenti universitari che vede morire Andrea Gangitano accanto a lui. Profonda riflessione sul valore laicamente “religioso” della memoria legato in senso alto alla politica come bisogno-testimonanza di fratellanza, solidarietà centralità della difesa della dignità umana. Interessante, appassionato e intelligente intervento di un giovane rappresentante della rete degli studenti universitari, Marco Campagna, che si richiama alle lotte di oggi per il diritto allo studio e per la democrazia. Infine la conclusione di Alessandro Genovesi segretario nazionale della Fillea che alla fine non si sente di condividere l’augurio espreso dall’Anpi di essere assieme a difendere la democrazia costituzionale aspettando la decisione che annunzia sarà presa solo in settembre.
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Contrassegnato Alessandro Genovesi, Anna Ficarra, Antonella Azoti, Antonella Leto, Emilio Arcuri, Enzo Campo, Fausto D'Alessandro, Francesco Piastra, Francesco Ribaudo, Franco Carollo, Franco Ciminato, Frank Ferlisi, Gaetano Imbrociano, Giusy Vacca, Granata Giuseppina, Letizia Colajanni, Marcello Costa, Marco Campagna, Michele Maraventano, Ottavio Terranova, Salvo Li Castri, Uzzo
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MOMENTI IMPEGNATI FELICEMENTE NELLA CAMPAGNA REFERENDARIA
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Contrassegnato Alessandro Crociata, Angelo, Angelo Ficarra, Antonella Leto, Antonina Azoti, Armando Sorrentino, calogero, Corrado Carpinteri, Giuseppe Marchese, Giuseppe Sunseri, Giusy Vacca, Lia Blanda, Maltese, Michele Maraventano, Ninni Cirrincione, Ottavio Terranava, Salvo Li Castri, Sonia Spallitta
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4 luglio Teatro Mediterraneo Occupato: ASSEMBLEA REFERENDUM immagini
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Contrassegnato Angelo Ficarra, Antonella Leto, banchetto Referendum Feltrinelli, calogero, FIOM; ANPI Palermo., Frank Ferlisi, Giuseppe Lipari, Giuseppe Sunseri, Michele Maraventano, MOVIMENTO EX CARCERE, Ninni Cirincione, Ottavio Terranava, Salvo Li Castri, Sonia Spallitta, Stefano Quaranta, Tommaso Mazzara, Vincenzo Fumetta, Vittorio
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2016 otto luglio 1960
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