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ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d'Italia- "Salari più alti, tutela delle pensioni, welfare: l'ANPI è vicina a tutti coloro che lottano per migliorare le condizioni di vita della grande parte del popolo italiano"«Sono sacrosante, a maggior ragione oggi, le lotte dei lavoratori per salari più alti, per la tutela delle pensioni e per il welfare. Da decenni i salari in Italia sono tra i più bassi in Europa; questa condizione è ulteriormente peggiorata per l’erosione causata dall’inflazione e dall’aumento del costo della vita. Assistiamo a forme di […]
- "Condanniamo con la massima fermezza l'assalto di sapore squadrista alla sede de La Stampa di Torino""Condanniamo con la massima fermezza l'assalto di sapore squadrista alla sede de la Stampa di Torino ed esprimiamo la nostra prossimità al direttore Andrea Malaguti, ai giornalisti, e a tutto il personale del quotidiano". ANPI Nazionale ANPI Provinciale di Torino
- Pagliarulo: "Ermete Fiaccadori era un prezioso dirigente dell'ANPI. Siamo vicini al dolore della sua famiglia e del Comitato provinciale di Reggio Emilia"Ho appreso con grande dolore della scomparsa di Ermete Fiaccadori, Presidente dell'ANPI provinciale di Reggio Emilia dal 2016. Ricordo un dirigente prezioso, ideatore di importanti iniziative di memoria attiva della Resistenza e di difesa della Costituzione, sempre attivo per la partecipazione dell'ANPI alla vita pubblica e per la presenza dell'Associazione in tutte le dinamiche democratiche […]
- "Il percorso è tormentato, ma ci auguriamo al più presto una soluzione negoziata del conflitto in Ucraina e poi una conferenza internazionale di pace"“Da più di tre anni l’ANPI auspica l’avvio di un negoziato che porti a una pace duratura nel conflitto avviatosi con l’invasione russa dell’Ucraina. Abbiamo assistito invece ad una continua escalation che ha comportato centinaia di migliaia di morti e immani distruzioni in Ucraina, assieme all’avanzata russa e alla decisione da parte dei Paesi europei […]
- "USCIRE. FUORI. TUTTE. TUTTI": IL MANIFESTO DEL COORDINAMENTO DONNE ANPI PER IL 25 NOVEMBRE
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Lampedusa faro di civiltà nella tragedia neocapitalista delle migrazioni
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Contrassegnato Lampedusa, Lia Blanda, Licia Masi
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COSTITUZIONE E DEMOCRAZIA
http://ilmanifesto.info/
Edizione del 2 ottobre 2015
Il precedente pericoloso
Massimo Villone
Avevamo la Costituzione di De Gasperi, Togliatti, Nenni, Mortati, Calamandrei, Perassi e altri, a molti di noi cari. Una Costituzione che ha retto bene il paese per decenni, anche in momenti bui. Abbiamo da oggi la Costituzione di Renzi, Boschi e Cociancich. Ogni tempo ha gli eroi che si merita.
Quando fu presentato per l’Italicum il noto emendamento Esposito, fu chiaro che si poneva un precedente pericoloso, tale da poter stroncare non solo l’ostruzionismo, ma qualsiasi dibattito o confronto parlamentare. Riassumere un dettato normativo in un emendamento da anteporre e da votare prima degli altri ha infatti la conseguenza, secondo una lettura notarile dei regolamenti, di far cadere ogni altro emendamento perché l’Aula ha ormai deciso. Scrissi allora su queste pagine che il presidente avrebbe dovuto dichiarare l’emendamento Esposito inammissibile, per carenza di contenuto normativo. Fece diversamente.
Vicenda simile abbiamo ora con l’emendamento Cocianchic (1.203). Non importa chi l’abbia scritto. Calderoli ha riferito in Aula voci per cui Cociancich «avrebbe detto a più persone che ignorava il contenuto ovvero la portata del suo emendamento».
Non sappiamo se sia vero. Comunque, non ci voleva un genio del diritto parlamentare per infilarsi nel varco aperto allora dalla decisione del presidente del senato sull’emendamento Esposito. La cosa fu già grave con l’Italicum. È ancor più grave adesso, con una riforma della Costituzione di grande momento. E non si può ribadire abbastanza che il senso della Costituzione, ed in specie dell’art. 138, non è certo quello di favorire i trucchetti per stroncare il dibattito, e arrivare in qualunque modo alla decisione.
Dopo tanto esitare, il presidente Grasso è sceso in campo per il governo. Per la verità, qualche sospetto l’avevamo. Ne troviamo ora conferma nelle decisioni sull’ordine delle votazioni e sui subemendamenti.
Qual era il corretto ordine di votazione degli emendamenti? Secondo principio, gli emendamenti si votano a partire dal più lontano fino al più vicino al testo da emendare. In Aula, è stata contestata a Grasso la scelta di mettere in prima fila l’emendamento 1.203, e il presidente in realtà non ha risposto. Ancor più significativa la decisione di precludere ogni subemendamento al Cociancich. Va infatti considerato che gli emendamenti di maggioranza (quelli concordati in casa Pd) sono stati portati a conoscenza dei senatori all’ultimo momento. Molti sono andati in Aula senza nemmeno averli visti. Il presidente ha deciso che i termini per la presentazione di subemendamenti erano già scaduti. Forse vero, ma le condizioni reali del dibattito avrebbero certo suggerito, se non imposto, almeno una breve riapertura dei termini. Approvato il Cociancich, Grasso ha anche respinto il tentativo di subemendarlo attraverso l’art. 100, comma 5, reg. sen., norma raramente invocata, che però avrebbe potuto consentire una almeno parziale riapertura del confronto.
Il trucco c’è, e si vede. Con queste decisioni, l’approvazione del nuovo art. 55 della Costituzione si è sostanzialmente risolta nel voto sull’emendamento Cociancich, che ha precluso tutti gli altri, mentre veniva contestualmente impedito ai senatori di opposizione qualsiasi intervento in via di subemendamento. È stata così anche superata una raffica di voti segreti, rischiosi per il governo. All’accusa di avere consentito l’uso strumentale dell’emendamento 1.203 contro le opposizioni — avanzata da molti nella seduta di giovedì — Grasso ha reagito con stizza, ma senza porre argomenti. E nemmeno ha raccolto le ripetute e insistite richieste di riunire la Giunta per il regolamento. Non a caso. Come sappiamo, i numeri della Giunta non sono blindati per il governo, e il passaggio poteva rivelarsi pericoloso. Analoghe manovre si preannunciano per gli articoli successivi al primo. A quanto leggiamo, per i subemendamenti all’art. 2 il tempo concesso è mezz’ora.
Grasso protagonista, dunque. Avremmo pensato che il primo dovere di un presidente di assemblea fosse nei confronti dell’istituzione presieduta. Dobbiamo ricrederci. Possiamo forse capire l’atteggiamento tenuto verso gli 82 milioni di emendamenti Calderoli, per cui poteva valere l’argomento che non si può mai favorire la paralisi dell’istituzione. Ma questo era ieri. Oggi, vediamo Grasso schierato al fianco del governo. Erano possibili scelte diverse, e letture di regolamento secundum constitutionem, più attente alla necessità che una Costituzione nasca da un confronto reale, e non per il sostegno acritico di maggioranze occasionali e raccogliticce, popolate di anime morte e di voltagabbana.
Quanto accade ci conferma che la fu minoranza Pd ha sbagliato facendosi riassorbire nel gruppone, e sostanzialmente scomparendo nel gorgo della rottamazione costituzionale. Un pezzo del paese non accetta la Costituzione di Renzi, senza se e senza ma perché quella che abbiamo è di gran lunga migliore. Il senatore Cociancich ci comunica in una intervista di preferire la precisione e non la quantità come Calderoli. Rispetto ad entrambi, preferiamo l’intelligenza.
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Una riforma che divide, la Costituzione e la casa di tutti
Una riforma che divide, la Costituzione e la casa di tutti
Ad un passo dall’approvazione della riforma del Senato, si cambia la Costituzione come se servisse per dividere, per far prevalere un’unica ragione
Antifascismo Bicameralismo Costituzione Democrazia Libertà Politica
Siamo ad un tornante decisivo. Se il Senato approverà il disegno di legge costituzionale senza modifiche profonde non rimarrà che aspettare pochi mesi per un’ultima votazione da parte dei due rami del Parlamento e poi si giungerà al referendum, senza possibilità di cambiar più nulla. Siamo, dunque, alla probabile vigilia della più profonda trasformazione della Repubblica democratica nata dalla Resistenza. Eppure non sembra esservi una diffusa consapevolezza della solennità e gravità del momento. L’intero dibattito politico sembra ben più attento alle procedure parlamentari, agli equilibri tra le diverse anime dei partiti (profonda la divisione all’interno del maggiore partito di governo), alla sfida tra leader, che non al merito della riforma propagandata.

Pur di non discutere si forzano le procedure parlamentari e si forniscono interpretazioni “strette” dei regolamenti delle Camere. La risicata maggioranza filogovernativa si chiude a riccio di fronte alle legittime divisioni politiche, ai contrasti di opinione, alle proposte alternative delle opposizioni (ma anche dinanzi alle preoccupazioni che provengono dall’interno stesso della fragile maggioranza): anziché discuterle nel merito nelle sedi proprie (in Parlamento) ci si limita ad irriderle nelle sedi improprie (interviste, direzioni di partito, dialoghi diretti con l’opinione pubblica). La diffusa mancanza di consenso non ferma la corsa intrapresa, semmai impone la ricerca di strade traverse per ottenere comunque “i numeri necessari”: quasi che la riforma della Costituzione fosse una mera questione contabile. Non ci si avvede che una Costituzione approvata a stretta maggioranza sarebbe una Costituzione dimidiata, non potendo più rappresentare la “casa di tutti”, ma finendo per essere percepita come imposta dal Governo in carica a tutti i cittadini. Verrebbe meno così uno dei caratteri più profondi della nostra Costituzione repubblicana, formata per unire tutte le diverse anime che avevano combattuto il regime autoritario fascista. Ora, non più: la Costituzione serve per dividere, per far prevalere un’unica ragione, magari uno specifico indirizzo politico contro i suoi “nemici”. Lo scontro in atto – più sul Governo che sul merito della riforma – ne rappresenta plastica dimostrazione.

In questa prospettiva ha assunto un valore simbolico un solo punto, importante ma non decisivo: le modalità di elezione dei senatori. Quel che sembra però in tal modo sottovalutarsi è che la composizione degli organi costituzionali (del Senato, nel nostro caso) è una conseguenza delle funzioni che essi esercitano. Non avrebbe senso, ad esempio, far eleggere direttamente dal corpo elettorale un ramo del Parlamento privo di ogni potere, puro simulacro di una Camera “rappresentativa”. Ed è proprio questo il rischio maggiore che si corre. La scarsità di funzioni proprie, la minorità rispetto all’altro ramo del Parlamento, la confusione nelle competenze attribuite, il dominio che su di esso eserciterebbe l’esecutivo, secondo quanto previsto dal disegno di legge in discussione, rendono assai debole l’organo Senato.
C’è molta confusione del dibattito politico, che sembra più propenso alla propaganda che non alla riflessione. Eppure cambiare una costituzione presupporrebbe grande attenzione e competenza. Così non è. Basta richiamare la cronaca. Si è partiti da una considerazione che può essere condivisa, accettata da tutti i soggetti politici: si è proposto di differenziare le funzioni esercitate dai due rami del Parlamento, il nostro bicameralismo perfetto ha fatto il suo tempo ed è ora di differenziare il lavoro delle due Camere. Un accordo generalizzato s’è anche trovato con riferimento ai compiti esclusivi della Camera dei Deputati: solo ad essa va attribuito il potere di conferire la fiducia al Governo. E l’altro ramo del Parlamento? Qui la confusione ha regnato sovrana, sin da principio. In una prima fase, nell’originario disegno di legge del Governo, s’era pensato di farle esprimere solo dei pareri sulle leggi approvate dalla Camera (ma, incoerentemente, s’era lasciato anche al Senato il delicatissimo compito di revisione della costituzione), poi si sono assegnati una serie disorganica di competenze legislative, moltiplicando irragionevolmente la tipologia delle leggi, complicando (anziché semplificare!) i rapporti con l’altro ramo del Parlamento, infine – nell’ultimo esame svolto dalla Camera – si sono ridotti ulteriormente i poteri e confuse le funzioni del Senato.

Nel dibattito pubblico, ma anche nei testi in discussione, si sostiene che al Senato spetterebbe il compito di rappresentare le istituzioni territoriali. A tutto concedere, dovrebbe però aggiungersi che sarebbe questa una rappresentanza assai fragile, vista la riduzione dei poteri e dell’autonomia che questa revisione costituzionale impone. Un netto passo indietro rispetto alla pur insoddisfacente riforme del titolo V effettuata nel 2001.
In sostanza tutto concorre non tanto a semplificare il sistema istituzionale quanto a renderlo incoerente, con il rischio di passare da un bicameralismo perfetto ad un bicameralismo confuso. Non sarebbe certo un buon risultato.
È per questo che una classe dirigente consapevole dovrebbe avere il coraggio di tornare a riflettere, ritrovare le fila perdute di un percorso coerente di riforma, prima di gettare a mare una costituzione che può essere riformata, ma non stravolta.
Gaetano Azzariti, professore di Diritto costituzionale presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma
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ANPI news 174 Colpi di scena sulla riforma del Senato
Palermo via Cavour davanti la Prefettura ore 16,30
Roma, 23 settembre 2015 ‒ Piazza delle Cinque Lune ‒ ore 15/20
e davanti a tutte le Prefetture d’Italia
Perché siamo e saremo in piazza
CONTRO LO STRAVOLGIMENTO DELLA COSTITUZIONE REPUBBLICANA
nata dalla Resistenza?
Perché la (contro)riforma in discussione:
– aggrava la ferita già arrecata alle strutture portanti del sistema democratico dall’Italicum, legge elettorale truffaldina con cui si determina una sinergia perversa e inevitabile;
– indebolisce irrimediabilmente l’istituzione parlamento, che con il senato non elettivo vede ribadito il diniego ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti già derivante dall’Italicum con il voto bloccato sui capilista. L’esito ultimo è che solo una esigua minoranza di parlamentari sarà scelta dagli elettori con il proprio voto; mentre al superamento del bicameralismo paritario si potrebbe ugualmente giungere, mantenendo l’elezione diretta dei senatori;
– asservisce il parlamento al governo sia attraverso la previsione di una maggioranza blindata da un premio sostanzialmente senza soglia per la previsione del ballottaggio, sia con l’attribuzione all’esecutivo di poteri sull’agenda dei lavori parlamentari;
– vanifica sostanzialmente il sistema di checks and balances (controlli e bilanciamenti), dando al partito vincente con il premio di maggioranza un peso decisivo nella scelta di giudici costituzionali, componenti del Consiglio Superiore della Magistratura, e persino del Capo dello Stato;
– indebolisce la stessa rigidità della Costituzione, principale garanzia di diritti e libertà, esposta a modifiche potenzialmente volute da un partito minoritario gonfiato nei numeri parlamentari fino a superare la maggioranza assoluta dei componenti in base alla legge elettorale;
– rende più difficile il ricorso a strumenti di democrazia diretta, e in particolare del referendum abrogativo con l’innalzamento delle firme richieste per la proposizione dei quesiti;
– opera uno stravolgimento di capisaldi della Costituzione in base al voto di un parlamento colpito nei suoi fondamenti per la incostituzionalità della legge elettorale. È in particolare grave che i numeri parlamentari necessari per la riforma siano dati proprio dal premio di maggioranza dichiarato costituzionalmente illegittimo;
– indebolisce le assemblee rappresentative e la partecipazione democratica, aprendo la via a politiche conservatrici quando non reazionarie. Ne sono già ora esempio le scelte sulla scuola, sul Jobs Act, sui controlli nei luoghi di lavoro, sulle pensioni, sui bavagli alla stampa, sul fisco (IMU e TASI). Anche se questa (contro)riforma sembra riguardare solo la parte organizzativa della Costituzione, si pongono in realtà a rischio i diritti fondamentali che richiedono un’attuazione legislativa (lavoro, istruzione, sanità, previdenza). È dunque indispensabile utilizzare, con una lettura ampia e non notarile di norme regolamentari e prassi, ogni possibile occasione per un’ampia e sostanziale modifica della proposta in discussione.
Salvaguardare la democrazia oggi, è garantire la propria libera voce domani.
Diciamo NO allo scempio della Costituzione
attuato attraverso una riforma che sottrae poteri ai cittadini e mortifica il Parlamento!!!
Mobilitiamoci per far sentire la nostra voce in tutte le sedi e fermare questo progetto politico che vuole riportare indietro le lancette della storia, azzerando il lascito della Resistenza.
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Contrassegnato Anpi news 174, Carlo Smuraglia
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Gli uomini e le donne i bambini morti in mare non sono numeri, ma VITE UMANE!
“Palermo senza frontiere”: Gli uomini e le donne, i bambini morti in mare non sono numeri, ma VITE UMANE!
Un manifesto e un’iniziativa del Forum Antirazzista di Palermo che possa riunire tutte le istanze e le voci di singoli, associazioni, movimenti, centri sociali, chiunque senta il bisogno di essere presente nel chiedere verità e giustizia per tutte le vittime dello spaventoso genocidio in atto da decenni alle frontiere di un’Europa sempre meno unita e sempre più Fortezza.
Il Forum Antirazzista di Palermo sarà presente domani alle 19 a piazza Massimo con le stesse modalità attuate a Milano, per una veglia non urlata, con le immagini di alcuni desaparecidos, i volti di migranti mai restituiti dal mare, immagini di cui i genitori hanno concesso l’uso.
Come le madri di Plaza de Mayo dal 1977, anche a Milano da giugno, e a Palermo da domani, ogni giovedì gireremo in cerchio portando le immagini di quei volti.
Al centro della piazza stenderemo la lista delle oltre 23000 vittime accertate (si valuta circa un terzo di quelle reali) alle frontiere.
Vi aspettiamo, come successivo (ma certamente non unico) passo per dar seguito alla marcia delle donne e degli uomini scalzi del 10 settembre.
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Contrassegnato ANPI Palermo, Pasqua De Candia
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NO TRIV – Salvaguardia della salute dei cittadini e la tutela mari .
Resistere… Resistere… Resistere…

Antonella Leto
COMUNICATO STAMPA
CROCETTA SI SCHIERI PER LA SOSTENIBILITA’ AMBIENTALE E CONTRO TRIVELLAZIONI ED INCENERITORI
Palermo 9 settembre. Il Forum Siciliano dei Movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni ha scritto al presidente Crocetta per sollecitare una sua forte presa di posizione in conferenza stato-regioni contro i decreti attuativi dello Sblocca-Italia del governo Renzi, ed in particolare contro l’art.35 sulla gestione dei rifiuti, e chiede che la Regione Siciliana deliberi per il referendum abrogativo dell’art. 35 del decreto sviluppo del governo Monti, per bloccare i processi autorizzativi sulle trivellazioni a mare per la ricerca di idrocarburi e gas.
Le due iniziative promosse rispettivamente da Zero-Waste Sicilia e dal Coordinamento Nazionale No-Triv, già componenti del nostro Forum regionale, sono supportate da un’ampia documentazione che abbiamo nuovamente trasmesso al Presidente, nella quale si evidenziano le ragioni etiche, tecniche e scientifiche che dovrebbero indurre Crocetta a farsi interprete dell’interesse collettivo del nostro territorio, concorrendo a determinare una opposizione convinta ai decreti attuativi, ed a promuovere insieme ad almeno altre quattro regioni entro il 30 settembre il referendum abrogativo.
Riteniamo indispensabile che la nostra regione si doti di una politica energetica rivolta all’uscita dal fossile ed orientata alle energie rinnovabili ed al recupero di materia anziché all’incenerimento, anche in considerazione dei mutamenti climatici in atto ai quali la conferenza sul clima di Parigi di dicembre 2015 dovrà dare risposta.
Crediamo che gli obiettivi di salvaguardia della salute dei cittadini e la tutela dei nostri mari debbano indurre a promuovere politiche di salvaguardia e sostenibilità ambientale; che con la conversione ecologica, che promuoviamo, si possa contribuire ad aumentare i livelli occupazionali nei settori del turismo e dell’impiantistica necessaria alla conversione energetica, dando ossigeno all’economia siciliana anziché favorire gli interessi di gruppi finanziari che poco o nulla lasciano sul territorio.
Auspichiamo pertanto, insieme a moltissime altre associazioni e personalità della cultura a livello nazionale, che il nostro appello possa essere accolto e che la Sicilia imbocchi un percorso virtuoso che faccia gli interessi della collettività.
Aderiamo a tutte le manifestazioni di ordine regionale e nazionale che sostengono questi obiettivi comuni.
Forum Siciliano dei Movimenti per l’Acqua ed i Beni Comuni.
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Contrassegnato Antonella Leto
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GUERRE E RIGURGITI FASCISTI : gravissimi campanelli d’allarme
On.le Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
On.le Presidente del Senato della Repubblica, Pietro Grasso
On.le Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini,
Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi
On.le Ministro degli Interni, Angelino Alfano
Illustri Presidenti e Onorevole Ministro,
dalle pagine milanesi di un quotidiano nazionale (La Repubblica), ho appreso che sarebbero previste, a breve, in Lombardia, due manifestazioni di netta marca fascista (significativo il titolo dell’articolo “La galassia nera arriva a Milano“), una Festa nazionale di tre giorni di CasaPound, a Milano e, pressoché contemporaneamente, un meeting internazionale a Cantù, promosso da Forza Nuova. La concomitanza di due manifestazioni del genere, che hanno precedenti ben noti, indigna e preoccupa chiunque sia dotato di una vera sensibilità democratica. In particolare l’ANPI, riconosciuta da diverse sentenze di Tribunali militari come erede e successore dei Combattenti per la libertà, è legittimata e tenuta a reagire nei confronti di eventi che contrastino con i valori per i quali si batterono donne e uomini della Resistenza e su cui si fonda la Costituzione repubblicana. La nostra mobilitazione, dunque, è legittima e doverosa; ma non basta, perché il primo compito e il primo dovere di intervento spettano alle Istituzioni democratiche, che devono sapere, e far sapere, che i diritti di libertà trovano un limite imprescindibile nella natura democratica e antifascista del nostro Stato.
A nome di tutta l’Associazione che ho l’onore di presiedere attendo, quindi, un pronto e deciso intervento da parte di chi ha competenza in materia e una indifferibile presa di posizione delle massime Istituzioni nazionali sulla questione di fondo: l’Italia, che si è liberata 70 anni fa dalla dittatura fascista e dall’occupazione tedesca, è e deve essere un Paese democratico e antifascista, non lasciando alcuno spazio a chi sogna impossibili ritorni o propugna forme nuove di autoritarismo.
Con osservanza,
Il Presidente Nazionale ANPI
Prof. Carlo Smuraglia
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A proposito di “stranieri”, emigrazione e guerra.
E’ IMPORTANTE CONOSCERE QUELLO CHE SU QUESTE TRAGEDIE E’ STATO SCRITTO
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente…Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo”.
Se questo è un uomo – Primo Levi
“Non vogliamo essere rassegnati ad assumere in massa e definitivamente – pagandone in futuro le inevitabili conseguenze di odio e violenza – atteggiamenti di rifiuto-rigetto nei confronti di esseri umani colpevoli di essere a noi “stranieri nemici”, soltanto perché non abbiamo scelto di rifiutare che l’uomo, qualsiasi essere umano possa essere “una cosa” agli occhi dell’uomo”.
Leoluca Orlando – Sindaco di Palermo, in L’Unità del 18 agosto 2015.
“Se è pur vero che fra i buonisti si incontrano talora persone superficiali inclini a generici embrassons nous, coloro che vengono spesso definiti con sprezzo «buonisti» sono in linea di principio esseri umani che si pongono il problema dell’altro, delle minoranze e si ritengono responsabili del «volto altrui», per dirla con il filosofo Levinass, o mettono in pratica il dettato evangelico: «Ciò che fai allo straniero lo fai a me». Del resto, la questione dell’accoglienza dell’altro è la madre di tutte le questioni, quella la cui mancata soluzione è causa di ogni violenza e di tutte le infamie che devastano la convivenza delle comunità.
Nel mio caso, appartengo ad una ulteriore fattispecie, sono un ex «altro» entrato nel salotto dei privilegiati. Io sono ebreo e so che significa essere gravato da pregiudizi, calunniato, perseguitato, deriso, massacrato e sterminato.
Oggi, molti cattivisti vi diranno che l’ebreo non è come il rom. Oggi ve lo dicono, ma in passato i «perfidi giudei» erano trattati allo stesso modo, con una sola differenza che i rom non ricevevano l’accusa di essere deicidi, in quanto cristiani o mussulmani.
Credete che l’antisemitismo abbia perso aggressività a causa dell’orrore provocato dalla Shoà? Non è così, anche rom e sinti hanno subito lo stesso destino. La vera ragione è che oggi esiste uno stato ebraico ( la definizione è di Teodor Herzel, suo Ideologo, das Juden Staat ) con un esercito, un governo e servizi segreti che sanno essere molto «cattivisti».
Per rom e sinti non c’è nessuno Stato che parli e agisca, nessuno li difende da posizioni di forza e gli attacchi razzisti contro di loro sono solo azioni di vigliacchi. È razzista chiunque attribuisca reati di individui all’intera comunità. Ma io, che appartengo simultaneamente anche ad un altra categoria, i settantenni, ho buona memoria. E che c’entra con l’argomento in discussione? C’entra!
Ricordo quando sui muri della prospera «Padania», della sua capitale «morale» c’erano le infami scritte razziste «via i meridionali dalle nostre città!», «non si affitta ai terroni!». Mi ricordo dell’eco di Marcinelle quando i nostri italiani più poveri, trattati come bestie in quanto italiani, venivano venduti come schiavi da miniera perché tutta l’Italia avesse carbone. Mi ricordo delle scritte «vietato agli italiani e ai cani» nel civile Nord Europa.
Allora gli zingari eravamo noi. Salvini se lo ricorda?
Ma cosa volete che si ricordi un populista demagogo alla ricerca di voti? A lui, a quelli come lui, i voti non servono per fare politica, ma per fare un mestiere, quello del nazionalista da piccola patria, come i Karadzic, gli Arkan, i Mladic e i loro omologhi croati, gli sterminatori della ex Jugoslavia. Un mestiere molto redditizio che si nutre di odio, approfitta della paura dei più fragili, garantisce posti nei parlamenti e gratificante visibilità mediatica”.
Moni Ovadia – Manifesto 30 maggio 2015
“Sono il nuovo Sindaco delle isole di Lampedusa e di Linosa. Eletta a maggio 2012, al 3 di novembre mi sono stati consegnati già 21 cadaveri di persone> annegate mentre tentavano di raggiungere Lampedusa e questa per me è una cosa insopportabile. Per Lampedusa è un enorme fardello di dolore. Abbiamo dovuto chiedere aiuto attraverso la Prefettura ai Sindaci della provincia per poter dare una dignitosa sepoltura alle ultime 11 salme, perché il Comune non aveva più loculi disponibili. Ne faremo altri, ma rivolgo a tutti una domanda: quanto deve essere grande il cimitero della mia isola?
Non riesco a comprendere come una simile tragedia possa essere considerata normale, come si possa rimuovere dalla vita quotidiana l’idea, per esempio, che 11 persone, tra cui 8 giovanissime donne e due ragazzini di 11 e 13 anni, possano morire tutti insieme, come sabato scorso, durante un viaggio che avrebbe dovuto essere per loro l’inizio di una nuova vita. Ne sono stati salvati 76 maerano in 115, il numero dei morti è sempre di gran lunga superiore al numero dei corpi che il mare restituisce.
Sono indignata dall’assuefazione che sembra avere contagiato tutti, sono scandalizzata dal silenzio dell’Europa che ha appena ricevuto il Nobel della Pace e che tace di fronte ad una strage che ha i numeri di una vera e propria guerra. Sono sempre più convinta che la politica europea sull’immigrazione consideri questo tributo di vite umane un modo per calmierare i flussi, se non un deterrente. Ma se per queste persone il viaggio sui barconi è tuttora l’unica possibilità di sperare, io credo che la loro morte in mare debba essere per l’Europa motivo di vergogna e disonore.
In tutta questa tristissima pagina di storia che stiamo tutti scrivendo, l’unico motivo di orgoglio ce lo offrono quotidianamente gli uomini dello Stato italiano che salvano vite umane a 140 miglia da Lampedusa, mentre chi era a sole 30 miglia dai naufraghi, come è successo sabato scorso, ed avrebbe dovuto accorrere con le velocissime motovedette che il nostro precedente governo ha regalato a Gheddafi, ha invece ignorato la loro richiesta di aiuto. Quelle motovedette vengono però efficacemente utilizzate per sequestrare i nostri pescherecci, anche quando pescano al di fuori delle acque territoriali libiche.
Tutti devono sapere che è Lampedusa, con i suoi abitanti, con le forze preposte al soccorso e all’accoglienza, che dà dignità di esseri umani a queste persone, che dà dignità al nostro Paese e all’Europa intera.
Allora, se questi morti sono soltanto nostri, allora io voglio ricevere i telegrammi di condoglianze dopo ogni annegato che mi viene consegnato. Come se avesse la pelle bianca, come se fosse un figlio nostro annegato durante una vacanza”.
Giusi Nicolini – Sindaco di Lampedusa – dicembre 2012
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L’ANPI A USTICA
Con le parole e le immagini di Lucia Vincenti in occasione della presentazione del suo “Vento di Sicilia” diamo notizia della bella iniziativa de ‘L’ANPI a Ustica’ .
La storia dell’isola tra passato e presente. Tra luoghi di confino e acque cristalline..
Col presidente Anpi Ottavio Terranova, il presidente Vito Ailara, la prof. Rosa Venuti, la prof Annamaria Amitrano, il dott. Nuccio Pepe; il sindaco Attilio Licciardi.
Con l’occasione sono state conferite tessera ad honorem e pergamena al sindaco Attilio Licciardi e al presidente Vito Ailara.
Un pomeriggio dedicato ad una stupenda visita guidata sui luoghi storicamente determinanti. La casa di Gramsci.. E il centro documentazione. Nell’isola vi era persino la “fossa” dei condannati. Ed entrata li.. Tra le viscere della terra, mi sembrava di trovarmi tra le pagine del libro di Natoli..
E alla fine, L’emozione più grande.. La commozione del sindaco che da sfogo alle lacrime ricevendo tessera e pergamena Anpi..
Lucia Vincenti
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NON C’E’ PIU’ TEMPO
Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo
Il mio editoriale per L’Unità di oggi:
SE QUESTA E’ EUROPA.GENOCIDIO TEMPO NIENTE.
“A molti, individui o popoli, può accadere di ritenere, più o meno consapevolmente, che «ogni straniero è nemico». Per lo più questa convinzione giace in fondo agli animi come una infezione latente…
Parte del nostro esistere ha sede nelle anime di chi ci accosta: ecco perché è non-umana l’esperienza di chi ha vissuto giorni in cui l’uomo è stato una cosa agli occhi dell’uomo.”
(Se questo è un uomo – Primo Levi)
Sento, sentiamo in tanti, la vergogna di assistere ad un genocidio, ad un genocidio che 70 anni fa che Primo Levi ha con forza denunciato e che oggi non ha il volto del nazifascismo, ma ha il volto di una Unione Europea vittima di una “infezione latente”, nascosta dietro egoismi sempre più criminogeni e criminali.
Se questo è un uomo, denunciava Primo Levi.
Se questa è Europa, denunciamo noi.
Non c’è più tempo di trarre conforto dal comportamento generoso di quanti in mare – dalla Guardia Costiera ai semplici pescatori, passando per Medici senza Frontiere e per tanti uomini di mare di diversa nazionalità – soccorrono migliaia di migranti; non è più tempo di ricordare la solidarietà e l’accoglienza esemplari delle comunità siciliane e la straordinaria collaborazione tra istituzioni e volontariato che si registra nei porti di Palermo, della Sicilia e di tante altre comunità e città del Meridione; non è più tempo di sottolineare che a fronte di quasi 300.000 migranti che sono passati attraverso la Sicilia negli ultimi 20 mesi non si è manifestato un solo significativo atto di razzismo e intolleranza, come purtroppo a volte è successo in altre comunità italiane cui è stato richiesto di accogliere 5, 10 o 20 migranti.
Non è più tempo di trarre conforto da testimonianze positive di generosità e di civile accoglienza.
Oggi non c’è più tempo per continuare a negare che la mobilità internazionale è un diritto umano inviolabile e che nessuno può essere costretto a morire nel luogo dove è nato.
Non c’è più tempo per continuare ad applicare i criminali e criminogeni accordi europei, che condannano alla schiavitù e alla pena di morte centinaia di migliaia di persone ad opera di criminali scafisti e anche troppo spesso di turpi speculatori della cosiddetta accoglienza.
Non c’è più tempo per ritardare ancora la abolizione del permesso di soggiorno, quale strumento di schiavitù e morte. Una proposta che è già stata codificata nella “Carta di Palermo” approvata a Palermo a marzo di quest’anno.
Non c’è più tempo per continuare in atteggiamenti che peseranno sulla stessa futura convivenza all’interno dell’Unione Europea.
Non c’è più tempo per l’immobilismo o per voltare lo sguardo da un’altra parte, come 70 anni fa compresero che non c’era più tempo coloro che anche a rischio della loro stessa vita tentarono di mettere in salvo le vittime designate della bestialità nazifascista.
Non c’è più tempo per l’indifferenza, come 70 anni fa compresero che non c’era più tempo per l’indifferenza i tanti partigiani che in Italia e in Europa ma anche in Germania con i giovani della Rosa Bianca fecero una scelta di parte.
Non c’è più tempo oggi per l’Unione Europea; si liberi subito dalla vergogna di ciò che peserà come un macigno sulla sua stessa ragione di esistere, da una vergogna che la Storia attribuirà alla responsabilità di quanti hanno avuto la possibilità di costruire una straordinaria esperienza di rispetto degli esseri e dei diritti umani ed hanno invece scelto la cieca e criminale obbedienza al Dio denaro.
Non c’è più tempo, come ci ricordano le migliaia di vittime; le migliaia di esseri umani di ogni età, religione, etnia, i cui resti sfigurati vengono recuperati nel mare e spesso senza il conforto di un nome e ancor più i cui resti restano inghiottiti senza il conforto di una sepoltura.
Non c’è più tempo, come ci ricordano le mamme, le figlie, i fratelli posti a migliaia dentro orrende zattere della morte e spesso posti nella disumana condizione di sopravvivere a discapito di altri figli, genitori, sorelle.
Non c’è più tempo, come ci ricordano quanti abbiamo incontrato e sentito raccontare terribili esperienze di violenza e brutalità, quanti abbiamo visto in lacrime silenziose tentare o non riuscire a riconoscere il corpo sfigurato di propri cari, madri incinte e bambini di appena un anno.
Non c’è più tempo per scegliere se essere complici di incivili criminali e della “civilissima” Europa che quelle migliaia di morti portano sulla coscienza.
Non c’è più tempo se non vogliamo essere rassegnati ad assumere in massa e definitivamente – pagandone in futuro le inevitabili conseguenze di odio e violenza – atteggiamenti criminali nei confronti di esseri umani colpevoli di essere a noi “stranieri nemici”, soltanto perché non abbiamo scelto di rifiutare che l’uomo, qualsiasi essere umano possa essere “una cosa” agli occhi dell’uomo.
Leoluca Orlando
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