Le falsità su Via Rasella di Pippo Baudo: la rettifica del Tg3

Questa sera, martedì 30 luglio, nel corso del Tg3 delle 19 (edizione nazionale) è stato letto il comunicato di rettifica delle falsità sui fatti di via Rasella pronunciate durante la puntata dell’8 luglio de “Il viaggio”.
Il direttore Bianca Berlinguer ha letto la seguente, circonstanziata, precisazione:
“Nella puntata di lunedì 8 luglio de “Il viaggio”, su RAI 3, condotto da Pippo Baudo, sono state fatte delle affermazioni imprecise e non corrispondenti a verità sull’eccidio delle Fosse Ardeatine e sui fatti di Via Rasella. Non fu offerta, infatti, alcuna possibilità ai partigiani dei Gap (gruppi di azione patriottica e non di azione proletaria come si è detto nella trasmissione) di offrirsi per salvare le vittime destinate alla fucilazione nelle Fosse Ardeatine: il Comando tedesco rese pubblica la notizia dell’eccidio solo dopo il suo compimento come riconosciuto dallo stesso maresciallo Kesserling nel corso di un processo. Ben due sentenze, poi, della Corte di Cassazione hanno qualificato l’azione diVia Rasella come “legittimo atto di guerra”. Il ricordo dei martiri delle Fosse Ardeatine, cui va sempre il nostro commosso pensiero, deve essere sempre improntato alla verità storica e mai strumentalizzato. La direzione RAI 3 prende doverosamente atto del comunicato dell’ANPI nazionale, rammaricandosi di quanto accaduto”.

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svastiche all’esterno della sede dell’ANPI nazionale a Roma

 

Le scritte inneggianti al criminale Erich Priebke e le svastiche apparse all’esterno della sede dell’ANPI nazionale a Roma, sono il solito vile atto di chi ancora non cede di fronte all’unica e sacrosanta verità della storia: il nazismo e il fascismo furono esclusivamente regimi sanguinari che hanno portato l’orrore della guerra e dell’odio razziale in tutta Europa e oltre.

L’ANPI proseguirà, senza farsi intimidire da alcuno, nel suo quotidiano impegno di promozione dei valori di giustizia, pace, libertà e democrazia che hanno animato la Resistenza e riconquistato il Paese alla civiltà.

LA SEGRETERIA NAZIONALE ANPI 


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1943: LE POPOLAZIONI DI MASCALUCIA CACCIANO I TEDESCHI

La lapide che ricorda la sollevazione popolare di Mascalucia contro i tedeschi, “La prima scintilla della Resistenza”,  e le foto  di Nicola Musumarra e di Domenico Stimolo della celebrazione di ieri 27 luglio del 70° anniversario. E’ stata una importante  iniziativa dell’ANPI, del Comune di Mascalucia, dell’associazione APS “Ideali Giustizia e Verità”. Una  assemblea popolare , aperta da una ampia relazione di Nicola Musumarra, con gli interventi dei sindaci di Mascalucia e di Nicolosi, dell’Anpi di Nicolosi con il dott. Mazzaglia, del sottosegretario al Ministero della Giustizia avv. Berretta, della dott.ssa Carmen Privitera, di Achille Preda dell’ ass. bersaglieri con un commosso ricordo di un caduto e con il saluto del coordinamento regionale dell’ANPI portato a nome di Ottavio Terranova da Angelo Ficarra segretario dell’ANPI Palermo. E’ stato un momento importante del percorso del recupero della memoria con una significativa commossa partecipazione dei familiari delle vittime e di quanti lottarono per la libertà. 


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120° FASCI SICILIANI: I PATTI DI CORLEONE

CONTINUA IL RISCATTO DELLE PAGINE PIU’ GLORIOSE DELLA STORIA SICILIANA

ANCORA UNA VIA “FASCI SICILIANI” IN SICILIA

Accolto l’appello di ANPI , CGIL, ARCI, LIBERA, E  L’AUSPICIO DEL CENTRO PEPPINO IMPASTATO


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70° ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI MASCALUCIA DALLE TRUPPE TEDESCHE

 

 

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Nunzio Di Francesco partigiano “Athos”

Un ricordo del partigiano “Athos” di Domenico Stimolo

21 luglio : Anniversario della morte del partigiano Nunzio Di Francesco, “Athos”, educatore alla Libertà e alla Pace, di Linguaglossa ( Catania)

 

…….sono trascorsi due anni dalla sua dipartita

 

Libero e libertario, di cuore e di fatto. Avulso alle rigidità ideologiche e alle “cordate” di qualsivoglia fattura. Tollerante, semplice e passionale. Umano, nei tratti e  nella parola, e senza fobie di selettività intellettuale. Un vero combattente per la libertà, divenuto, nello scorrere del tempo, un vecchio giusto saggio. Amante della Costituzione, dei valori dell’antifascismo, fondativi dell’Italia repubblicana, delle regole e dei diritti. Cultore della Memoria – civile e democratica, degli eventi, degli artefici uomini e donne – radice dell’oggi e del domani. Da combattente partigiano, forgiato durante la Resistenza nelle valli piemontesi, reduce dalle nefandezze dei lager nazisti, ( Mauthausen) era allenato ai sacrifici e alle fatiche; non teneva fronzoli sulla lingua.

“Cresciuto”, poi nelle battaglie civili, con la Confederterra, nella gestione delle lotte contadine del dopoguerra, nella resa operativa del motto “pane, giustizia e libertà”. Protagonista nella divulgazione della cultura cooperativistica nell’area del suo paese natio – Linguaglossa-  nel vitivinicolo. Aveva in questo uno spiccato senso per l’organizzazione e la commercializzazione dei prodotti correlati frutto del lavoro.

Da sempre impegnato in prima fila, per consolidare tra i cittadini e  tramandare ai giovani i valori supremi della Libertà e della democrazia, il ricordo sull’abnegazione di centinaia di migliaia di persone, uomini e donne nella Lotta di Liberazione contro il nazifascismo. Per non dimenticare gli orrori dei Campi di sterminio installati dagli assassini “propagandisti” materiali della “razza eletta”, direttamente vissuti a Mauthausen.

Era un vero educatore della memoria, specie nelle scuole. Un compito, questo, certamente difficile, assunto con passione partecipativa ed assoluta dedizione. Nel corso di tanti decenni, alcune decine di migliaia di giovani, non solo in Sicilia, hanno avuto maniera di sentire le sue riflessioni e le sue narrazioni. Con voce calma e suadente attanagliava l’attenzione degli studenti. Le sue “lezioni” si svolgevano sempre in un clima di grande coinvolgimento e partecipazione emotiva. La sua “umiltà” dialettica era catalizzante. Raccontava, con amabilità,  le tragedie vissute nell’Italia  e nell’Europa  di ieri, per contestualizzarli nell’oggi. Nelle sue lezioni civili ricordava con grande veemenza i tanti patrioti della libertà che si sacrificarono nei campi di battaglia, o assassinati nei lager. Emergeva spesso la sua acredine contro la monarchia dei Savoia che consegnò l’Italia ai fascisti nell’ottobre del 22, complici diretti dello scatenamento della guerra di aggressione che provocò in Europa cinquantacinque milioni di morti ed immane distruzioni.

Educava i giovani al culto della libertà, sempre e comunque, delle scelte ragionate pesate con l’ “esperienza” della memoria; alla solidarietà, alla comprensione, all’antirazzismo; al rispetto dei diritti umani e civili.

Nunzio Di Francesco era rispettato da tutti. Dai rappresentanti istituzionali veramente democratici, dai cittadini coscienti, dagli insegnanti; dai ragazzi e dalle donne, in particolare. Aveva un “fascino” di genuinità che lasciava un segno nei cuor gentili.

Fu per diversi anni Presidente dell’ANPI  provinciale di Catania e componente del Comitato Nazionale dell’ANED.
Poi, il 21 luglio del 2011, ottantasettenne, partì per il “grande viaggio”. 

 

Nella ricorrenza i suoi tanti amici e compagni lo ricordano con affetto e dolore.

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ANPI news

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Trattativa Stato mafia: il tradimento dei chierici

Su segnalazione di un nostro iscritto riportiamo di seguito un articolo di Salvatore Parlagreco apparso su SiciliaInformazioni. Con riferimento al titolo, qui forse non è il caso di citare la “Trahison des clercs” di  Julien Benda ma, semmai, almeno per alcuni, a rileggere bene la storia, una supina orgogliosa coerenza  legata alle  scelte del passato.

Trattativa, lo storico Salvatore Lupo si iscrive al club degli eretici

14 luglio 2013

SiciliaInformazioni – di Salvatore Parlagreco

La trattativa Stato-mafia regala al processo penale un fascino irresistibile. Non è l’errore giudiziario che suscita grande interesse ma la prospettiva che il processo affaccia: lo Stato che si fa anti-Stato. Se l’atteggiamento dell’imputato determina generalmente il stile del processo penale (connivenza, falsa o reale, o inconfessata rottura), nel caso del processo di Palermo, è l’atteggiamento della pubblica accusa a determinarlo. La pubblica accusa non è l’avamposto della giustizia, ma è portatrice di valori: non cerca solo la verità processuale, ma la verità della storia.

Salvatore Lupo, storico stimato e competente – le sue analisi sul fenomeno mafioso sono molto apprezzate – è entrato nel club degli eretici del processo alla trattativa, al quale si sono iscritti, di diritto (nomen-omen), il giurista Giovanni Fiandaca e l’ex magistrato antimafia, Peppino Di Lello ed Emanuele Macaluso, entrambi esponenti della sinistra nazionale, relatori al convegno dello Steri di Palermo, ormai pensato come il luogo dell’eresia nel silenzio dei media.

In un processo che sembra cercare la verità della storia, Salvatore Lupo non siede in platea, ma rivendica, senza avere alcuna voglia di costruire un contro-processo, il suo diritto alla ricerca storica.

“La storia che si fa scenario pubblico”, esordisce Salvatore Lupo, “è quella dei magistrati di Palermo”. Il processo è stato sempre un grande spettacolo pubblico. Perché dovrebbe fare eccezione il processo di Palermo?

Lo storico nega la premessa che giustifica il processo, al pari di Fiandaca e di Di Lello: “Non c’è mafia senza trattativa permanente con lo Stato”, sostiene Lupo. “Qualunque crimine organizzato tratta con gli apparati di sicurezza e qualunque apparato di sicurezza possiede una delega a trattare con le mafie”.

Lo Stato, corregge Lupo, non può in ogni caso essere chiamato in causa, è semmai il governo che risponde dei suoi atti. Fu il governo democratico appena costituito a trattare con la mafia, non lo Stato, per per catturare Salvatore Giuliano, ricorda Lupo. Fu la polizia fascista, il governo di Mussolini, a stipendiare il boss Jo Bonanno per spiare i nemici del regime.

La trattativa, di per sé, non è reato, perché è atto di governo.

Sono in tanti oggi a credere che bisognasse trattare per liberare Aldo Moro. Ferdinando Impositato attribuisce gravi responsabilità sull’assassinio dello statista democristiano, è affermazione recente, a Giulio Andreotti e Francesco Cossiga, che impedirono la trattativa. Bisognava trattare per liberare Moro? Bisognava evitare per impedire la strage di carabinieri allo stadio Olimpico di Roma? “Sarebbe stata ottima cosa trattare per prevenire la morte di decine di carabinieri”, afferma senza esitazione Salvatore Lupo.

“La pretesa di combattere tutte le mafie non sta in piedi”, avverte quindi lo storico. Occorre trattare di volta in volta con la parte che serve per sconfiggere il crimine organizzato. La mafia non è una sola. Con i collaboratori di giustizia si tratta anche quando appare evidente che le loro rivelazioni sono parziali ed interessate, al fine di servirsi degli apparati di sicurezza per sconfiggere i clan avversi.

Non solo la trattativa governo-mafia è “condizione” del crimine organizzato, ma la trattativa del 92/93 di Palermo, sale senza alcun movente plausibile sul banco degli imputati. Essa, osserva Lupo, “non registra alcun successo, anzi subisce una sconfitta”, perché il regime carcerario di massima sicurezza, il 41 bis, viene mantenuto sia ai boss di prima grandezza quanto alle mezze tacche.

L’equilibrio fra i poteri dello Stato è in pericolo, osserva Lupo, la cultura democratica sembra fare passi indietro. La sicurezza, ricorda lo storico, appartiene agli apparati di polizia, al Ministero degli Interni, è affidata alla responsabilità del governo, non alla magistratura, cui spetta invece il compito di perseguire il delitto, punire il reato, perseguire l’illecito.

“Non si chiama il magistrato per rendere la piazza del comizio più sicura, ma il questore o il prefetto”. Il processo penale va usato con parsimonia, ammonisce Lupo, “è la grande scure dello Stato, un modo estremamente violento di risolvere i conflitti”.

Il protagonismo della magistratura, conclude lo storico, è figlio della “supplenza” della politica e della debolezza delle forze di sicurezza.

L’equilibrio dei poteri, è nostra considerazione, non si conquista per sempre. Le dinamiche sociali, la cognizione dei valori e dei bisogni, i bisogni emergenti, l’evoluzione della civiltà giuridica, dei diritti dei doveri, delle libertà individuali e collettive, modificano continuamente il luogo su cui poggia l’equilibrio, per sua natura instabile.

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basta con questa sub cultura razzista e fascista

PETIZIONE per le dimissioni di Calderoli

http://www.change.org/it/petizioni/presidente-del-senato-pietro-grasso-dimissioni-di-calderoli-iostoconcecilekyenge

Il TESTO:

Le battute di Calderoli contro la ministra Kyenge (“sembra un orango”) sono la spia di una sub cultura razzista per troppo tempo accettata o derubricata a “eccessi verbali”. Nelle sue parole, come sempre, traspare l’odio per la ministra Kyenge, che ha il doppio torto di essere donna e di non avere la pelle bianca. Questa spirale va ora stroncata. Ci auguriamo che già alla prossima seduta del Senato sia posta la richiesta di far dimettere questo signore, quantomeno dalla carica di vicepresidente del Senato e che siano disertate le sedute da lui eventualmente presiedute.

Per raggiungere questo obiettivo abbiamo deciso di avviare una raccolta di firme sul sito Change.org per chiedere le dimissioni di Calderoli, vice presidente del Senato ed invieremo al presidente Grasso le firme già raccolte per chiedere al Parlamento Europeo le dimissioni di Borghezio, protagonista di analoghe imprese, petizione vittoriosa con oltre 130mila firme. Il parlamento europeo ha duramente censurato quelle parole e Borghezio è stato messo alla porta dal gruppo. Non vi è ragione alcuna perché l’Italia non faccia lo stesso, anzi di più.

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STRAGI: VERITA’ E GIUSTIZIA

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