CARLO SMURAGLIA: le nostre posizioni di antifascisti e di combattenti per la libertà.

Ho appreso dalla stampa la notizia della consegna di una medaglia, in una sala della Camera dei deputati, dove si trovavano anche il Presidente della Repubblica e la Presidente della Camera, ad un fascista della Repubblica di Salò: Paride Mori. La notizia appariva così incredibile (e grave) che sono stato lieto di apprendere, da una dichiarazione emanata dalla Presidenza della Camera, che la Presidente Boldrini non aveva dato alcun premio, né aveva in alcun modo concorso ad individuare il nome del “premiato” tra quelli meritevoli di onorificenza (sono parole pressoché testuali del comunicato della Presidenza della Camera).

Altrettanto credo sia accaduto per il Presidente Mattarella, ma non è possibile anticipare nulla al riguardo, finché non ci sarà qualche comunicazione da parte del Quirinale.

Di certo, un’onorificenza è stata consegnata dal Sottosegretario Del Rio e dunque a nome della Presidenza del Consiglio. Anche il Sottosegretario ignorava tutto? Sembrerebbe impossibile; comunque, chi ha proposto e deciso quella onorificenza proprio nell’anno del 70° anniversario della Resistenza? A quali criteri ha obbedito la speciale Commissione che valuta per la Presidenza del Consiglio le onorificenze? È veramente difficile accontentarsi della prospettazione di un “errore”, a fronte di situazioni che imporrebbero una vera sensibilità democratica.

Pensiamo che su questo debba essere fatta chiarezza assoluta ed al più presto. Altrimenti dovremmo pensare che la Presidenza del Consiglio, che si propone di celebrare il 25 aprile e il 70° è disponibile, al tempo stesso, a riconoscere “i meriti” di chi militò dalla parte della dittatura, del fascismo, della persecuzione degli ebrei, degli antifascisti e dei “diversi”. Davvero, tutto questo appare inconcepibile; l’ANPI attende, comunque, chiarimenti precisi e definitivi e, soprattutto, che ognuno si assuma le responsabilità che gli competono. Dopo di che, prenderemo – a ragion veduta – le nostre posizioni di antifascisti e di combattenti per la libertà, che non conoscono né tentennamenti né ambiguità, ma si riconoscono nella vera storia del nostro Paese e nella Costituzione che lo regola e pretendono che altrettanto facciano le istituzioni

 

CARLO SMURAGLIA

Presidente Nazionale ANPI

 

Roma, 16 marzo 2015

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Graziano Delrio, presente alla cerimonia, tenta di fare retromarcia.

Una medaglia del governo è stata data a un militare fascista “in riconoscimento del sacrificio offerto per la Patria”.

È successo lo scorso 10 febbraio in occasione dei festeggiamenti per il Giorno del ricordo in cui si fa memoria delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Oggi il presidente della Camera Laura Boldrini ha innescato la miccia che ha fatto detonare una polemica senza precedenti. Così, mentre anche le autorità si affannano a cercare di capire come sia successo, garantendo che sarà presto fatta chiarezza, il governo si è subito affrettato a garantire che è disposto a una marcia indietro. “Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente – ha assicurato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio – il riconoscimento dovrà essere revocato”.

Dopo Laura Boldrini (che aveva provato a sfilarsi addebitando al governo la scelta dei caduti da medagliare nella “giornata del ricordo”), ora anche il vicepresidente del Consiglio, Graziano Delrio, presente alla cerimonia, dice di aver firmato un provvedimento del cui merito non era a conoscenza.

Figura pessima doppia, insomma.

Il comunicato di ieri sera, dopo una giornata di incazzatura feroce da parte di mezza Italia (noi compresi), è il solito democristiano “non sono stato io” (risentirsi Caparezza, per capire). “Se la commissione che ha vagliato centinaia di domande ha valutato erroneamente, il riconoscimento dovrà essere revocato”. Continua a leggere

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Delrio. Medaglia d’oro al fascista assassino

Un insulto clamoroso alla Resistenza, alla Costituzione, a Bologna, alla memoria dei Partigiani e quindi all’origine stessa di questa Repubblicache sta ormai affondando nell’infamia.

VERGOGNA!!! Del Rio ha buttato giù la maschera!!!

A lanciarlo, premiando con la medaglia d’oro un fascista repubblichino, collaborazionista dei nazisti, un assassino inquadrato nelle Ss, la presidente della Camera e il vicepresidente del consiglio, quel Delrio che era stato addirittura sindaco di Reggio Emilia in virtù della sua apparente “democraticità” di democristiano “popolare”. La vera natura del regime si vede anche da queste cose. O forse si chiarisce in modo lampante, meglio di tante analisi, in un colpo solo, proprio da questo tipo di iniziative. Che sarebbe sbagliato considerare solo simboliche: sono invece un programma politico, una promessa di “reintegro” dei nazifascisti all’interno del sistema di potere e controllo.

Un’infamia clamorosa, che ha sconcertato persino il giornale più renziano del paese, quella Repubblica che rappresenta forse la perversione più autentica del “perbenismo” presuntamente “democratico”. Di seguito l’articolo con cui dà notizia dell’infamia commessa ieri.

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“Passaggio dalla migrazione come sofferenza, alla mobilità come diritto umano.

MESSAGGIO DI PALERMO AL MONDO!!!

“Passaggio dalla migrazione come sofferenza, alla mobilità come diritto umano. Le attuali previsioni internazionali – continua Orlando – garantiscono, ipocritamente, il diritto di emigrare, ma non garantiscono un corrispondente diritto all’ingresso, con uno specifico dovere di accoglienza da parte degli Stati. Anche se il permesso di soggiorno è previsto dalla legge, questo non significa che sia una buona cosa: anche la schiavitù e la pena di morte erano previste dalle leggi.

Terza ed ultima giornata oggi ai Cantieri culturali alla Zisa, del convegno internazionale, “Io Sono persona”, dove è stata approvata, su proposta del sindaco Leoluca Orlando, la “Mobilità umana internazionale – Carta di Palermo 2015”, per l’abolizione del permesso di soggiorno e per l’approvazione delle modifiche radicali alla legge sulla cittadinanza, in modo che vada verso un allargamento dei diritti degli essere umani.

“Questo è un giorno storico per la nostra città – ha detto il sindaco Orlando che ha concluso i lavori -. Il nostro è un atto per la storia. E’ tempo, quindi, che almeno l’Unione europea promuova l’abolizione del permesso di soggiorno sollecitando la Comunità mondiale al riconoscimento della mobilità di tutti gli esseri umani come un diritto, non soltanto al suo interno. Il nodo centrale è, pertanto, il passaggio dalla migrazione come sofferenza, alla mobilità come diritto umano. Le attuali previsioni internazionali – continua Orlando – garantiscono, ipocritamente, il diritto di emigrare, ma non garantiscono un corrispondente diritto all’ingresso, con uno specifico dovere di accoglienza da parte degli Stati. Anche se il permesso di soggiorno è previsto dalla legge, questo non significa che sia una buona cosa: anche la schiavitù e la pena di morte erano previste dalle leggi. Occorre, quindi, riconoscere il diritto alla mobilità, sia per quanto riguarda la possibilità di lasciare il proprio Paese, sia per quella di essere accolto. Inoltre bisogna accelerare l’iter per il rilascio della cittadinanza alle persone che nascono sul nostro territorio, occorrono tempi più rapidi. E’ singolare il fatto che noi, in due anni, abbiamo concesso più di mille cittadinanze e che, coloro che ci hanno preceduto, ne abbiano concesse appena una decina. Non occorre scomodare né dichiarazioni universali, né interventi di altri Paesi per procedere ad una riforma radicale della legge sulla cittadinanza, sempre rinviata da decenni, dal Parlamento italiano. Occorre – prosegue il sindaco di Palermo – riconoscere la piena equiparazione, a fini dell’accesso a tutti i servizi e anche di elettorato attivo e passivo, a cominciare dalle elezioni amministrative locali, di persone cittadini italiani e persone residenti stabilmente in Italia. Occorre ridurre i tempi e le pastoie burocratiche che ostacolano il riconoscimento della cittadinanza italiana, rimettendo alla discrezionalità più totale e sensibilità delle amministrazioni locali ridurre i tempi e la penosità delle procedure”

Orlando ha anche detto che la “Carta di Palermo 2015” “sarà oggetto di un’apposita seduta della Consulta delle Culture ed il testo sarà poi inoltrato al Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, a Papa Francesco, al presidente del Consiglio dei ministri, Matteo Renzi, ai presidenti di Senato e Camera, all’Organizzazione delle Nazioni unite, a tutte le Agenzie internazionali, al presidente del Parlamento europeo, a quello della Commissione europea e, tramite l’Anci nazionale, a tutti i sindaci italiani e all’Ars, sperando di aprire un dibattito su questo argomento che porti all’avvio di una petizione europea che ponga sul tavolo della Comunità internazionale le questioni sulle quali abbiamo discusso in questi giorni che non sono più procrastinabili”. Continua a leggere

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CENTRO PROFUGHI DI MINEO: NOVITA’ GIUDIZIARIE

CARA DI MINEO, novità giudiziarie……… inquietanti

 

E’ noto, forse ai più, che in provincia di Catania, nell’entroterra collinare in località Mineo, è sito il luogo di “internamento” degli umani detti “migranti clandestini” più grande in Europa.

E’ un sito costituito da diverse centinaia di costruzioni (….“villette”) adibite  fino a pochi anni addietro ad uso abitativo dalle famiglie dei militari statunitensi stanziati nella mega base militare di Sigonella, non molto distante.

Poi, spostatosi gli americani, dal 2010  è stato fatto diventare “luogo di accoglienza” per migranti/profughi. Quelli che pur di fuggire a guerre, dittature, sopraffazioni e fame, imbarcati sulle barchette, sopravvissuti alle tempeste marine, hanno sfidato le ire del Mar Mediterraneo.

E’ sempre strapieno, in almeno 3500,  di uomini donne e bambini, per oltre –quasi il doppio – della normale capienza abitativa. In attesa del riconoscimento di asilo ( accoglienza, protezione umanitaria) permangono mediamente per circa dodici/diciotto mesi.

Nel corso del tempo tante sono state le manifestazioni di protesta promosse dai rifugiati,  energiche e partecipate, contro i tempi lunghissimi di permanenza,  contestando  le generali ed “asfissianti”  condizioni di scadente  qualità assistenziale/umanitaria.  Un lungo  “internamento” coatto che facilmente scade nel degrado, con tutti i potenziali rischi che possono determinarsi, per donne e uomini, data la promiscuità e la ricerca da parte di “caporali” esterni di lavoro a bassissimo costo.

Parecchie le iniziative di sostegno, di solidarietà attiva,  operate  davanti al Cara – cortei e presidi –   da parte di gruppi democratici ed antirazzisti che agiscono nell’area territoriale del catanese. Denunziate le rilevanti contraddizioni che caratterizzano le quotidianità del CARA di Mineo: i tempi di concessione dei permessi, le modalità utilizzate per l’accoglienza, la qualità dell’assistenza generale, vitto, abbigliamenti, supporto sanitario e formazione per l’inserimento sociale, le modalità delle concessioni ( ….”gare di appalto”)  e gli enormi costi di gestione.

Ora la situazione è finalmente “deflagrata”! E proprio di oggi 12 marzo la notizia, riportata da tutti gli organi di informazione, che le procure di Catania e Caltagirone, già in opera d’indagine da tempo –  in particolare a seguito della presenza ispettiva a Mineo una settimana addietro di Raffaele Cantone, Presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione -, si  sono mosse sulle modalità attuative delle gare di appalto sulla gestione, nello specifico quella  bandita nel luglio dello scorso anno, per un valore di quasi cento milioni di euro, con valenza triennale. Poi c’è da guardare anche al pregresso. Sarebbero iscritte  nel registro degli indagati  numerose persone coinvolte a vario titolo nella conduzione del Consorzio del calatino, “soggetto attuatore” del CARA, comprendente parecchi comuni del comprensorio territoriale interessato.

Si mormora di nomi anche “ di pezzi grossi”. Si parla, oltre di Luca Odevaine già coinvolto mesi addietro nell’inchiesta di “Mafia capitale”, anche del sottosegretario Giuseppe Castiglione, ex presidente della Provincia di Catania.

Che sia fatta Giustizia, civile e democratica. Per i tanti profughi sofferenti…..e per i morti annegati.

Una nota finale. La Rai ogniqualvolta fa servizi sul Cara di Mineo manda da tempo in onda un breve consolidato filmato “storico”. Sempre lo stesso. Le immagini si soffermano su profughi che giocano al calcio, ed altri  che si dondolano su un’altalena………. Come se il luogo fosse un’amena località di villeggiatura. Speriamo che adesso “cambi il vento”!

 

domenico stimolo

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“Bambini a Gaza”, le foto di Rossana Zampini

Diario dal Mediterraneo – “Bambini a Gaza”, le foto di Rossana Zampini

di Grazia La Paglia, Repubblica Palermo – 25 febbraio 2015

Diario dal Mediterraneo - "Bambini a Gaza", le foto di Rossana Zampini  

Nella Striscia di Gaza c’è un muro azzurro forato da proiettili. Una bambina, a cui le bombe hanno sottratto i giocattoli e l’infanzia, li osserva e con la fantasia può immaginare quei buchi come palline colorate con cui potersi improvvisare giocoliera. Un altro bambino, povero di giochi come lei, occhi grandi e profondi che fissano l’obiettivo della fotocamera, tiene tra le braccia un’anguria là dove dovrebbe reggere un pallone di stoffa, come tutti i bambini del mondo. Sono questi alcuni dei volti-protagonisti della mostra “Cicando Gaza – Bambini a Gaza” inaugurata nella sede dell’Associazione delle Arti Visive in Sicilia di via Valenti e realizzata dalla fotografa Rossana Zampini l’estate scorsa, tra i campi profughi di Jabalya, Beit Lahya e Gaza City.

Gli scatti sull’infanzia negata resteranno esposti fino al 27 febbraio e rientrano nel più ampio progetto del Ciss – Cooperazione Internazionale Sud Sud – impegnato a lavorare con oltre 500 bambini gazawi con programmi di ludoterapia e clownterapia. Un lavoro che si concretizza tra le corsie degli ospedali e nelle stesse case dei bambini grazie ad una clinica mobile.

“L’arte circense in situazioni di assedio è strumento per l’analisi e la rimozione dei traumi. Aiuta i bambini ad esternare emozioni e stimola la loro creatività in un processo ostinato di ricostruzione, ogni giorno messo a dura prova dalle bombe – spiega la fotografa. – L’attività di ludoterapia del Ciss vuole spingere i bambini a riappropriarsi del proprio spazio, della propria infanzia e delle proprie capacità per meglio affrontare la quotidianità e non farsi schiacciare dal dramma. Per questo motivo, nelle foto, i protagonisti giocano con oggetti inusuali.”

Grazie al progetto, i bambini potranno riavere tra le mani birilli, biciclette e altri giochi scomparsi tra le macerie

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TERMINI INTITOLA piazza alla Partigiana GIUSEPPINA VITTONE LI CAUSI

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8 e 9 marzo Isnello ricorda Giovanni Ortoleva

Ai giorni nostri, il revisionismo sembra essere riuscito a imporre una rivisitazione della dittatura mussoliniana e la Resistenza italiana è stata gradualmente sminuita e denigrata finendo per essere additata, al massimo, come una delle parti in gioco del conflitto, alla pari con l’altra. I tempi della barbarie fascista sembrano quasi ricordi lontani

Ma nell’anno del settantesimo anniversario della Resistenza, a noi di fare questo sforzo, inutile quanto dannoso, proprio non va.

Anzi, ne faremo un altro in direzione opposta, per raccontare la storia  di uno dei tanti giovani partigiani, morti per la patria e la libertà.

Giovanni Ortoleva, questo il suo nome, nasce in un piccolo paesino di montagna, a Isnello, in Sicilia, il 14 aprile del 1921.

Giovane di belle speranze, come tanti altri suoi coetanei, a venti anni finisce per essere arruolato nell’esercito italiano e per partecipare alla grande guerra.

Dopo l’armistizio con le forze alleate, annunciato da Badoglio l’otto settembre del 1943, Giovanni sceglie di andare a combattere insieme alle forze partigiane: si unisce alla 109° Brigata della 12° Divisione d’assalto Garibaldi, tra le più politicizzate e le più impregnate d’ideologia comunista.

Il  suo  campo di battaglia sarà il Piemonte. I compagni lo chiamano “Iaccon”.

Quelli che precedono il 9 marzo del 1945, tra le campagne della pianura Vercellese, sono giorni convulsi. Al gruppo nel quale Giovanni è inquadrato arrivano notizie confuse sulla fine della guerra e sulla resa dei fascisti. I suoi compagni cominciano ad essere meno guardinghi: il clima si fa più rilassato, le tradizionali abitudini e misure di sicurezza cominciano ad assopirsi tra i commilitoni. Così capita che nessuno si chieda chi debba fare la guardia e che una notte, uno dopo l’altro, i partigiani si abbandonino tutti alla stanchezza e al sonno, in un casolare di campagna abbandonato: errore che si rivelerà fatale. Intercettati dai fascisti – complice forse una soffiata – vengono sorpresi ancora sonnolenti e costretti alla resa con facilità. I partigiani vengono divisi in due gruppi, di cui uno viene spedito a Vercelli ed un secondo, di venti persone o poco più, la storia non è stata clemente neanche con i numeri, rimase per essere interrogato. Da quel momento avrà inizio un supplizio che terminerà con il trasferimento a Salussola e la strage perpetrata nel suo municipio, il 9 marzo del 1945. I ricordi di Giovanni sono stati a lungo affidati all’unico sopravvissuto, Sergio Canuto Rosa il “pittore”, questo il suo nome di battaglia: “il primo ad essere portato via per gli interrogatori fu Iaccon, un giovane siciliano. Quando tornò ci riferì che il comandante del contingente fascista addetto alla nostra sorveglianza era un suo compaesano e ne parlava con voce piena di speranza. Qualcuno di noi cominciava ad avere dubbi, in altri nasceva speranza. Poi, infine, all’ultimo colloquio, Iaccon rientrò e ci disse che lui avrebbe potuto salvarsi. Bastava che accettasse di indossare la loro divisa e passare dalla loro parte. Nessuno di noi diceva una sola parola, neppure il nostro commissario di distaccamento. Sapevamo tutti che la scelta che avrebbe fatto sarebbe stata una scelta per la vita o per la morte. Scegliere di morire a venti anni non è facile. Ci guardava ad uno a uno, come se aspettasse una parola, un consiglio. Poi il silenzio fu rotto dalla sua voce colma di pianto: non posso questa è la mia divisa. Siete voi i miei compagni. La scelta era fatta. Di colpo ci stringemmo tutti a lui mentre un nodo ci chiudeva la gola e sentivamo le lacrime che scendevano copiose bagnarci le guance. Eravamo fieri di questo nostro compagno che così lontano dalla sua terra, dalla sua famiglia, aveva saputo resistere al tradimento dei nostri ideali.”

Da lì a breve sarebbe stata compiuta la strage. Le mura insanguinate che furono portate alla luce dopo il 9 marzo raccontano di torture inimmaginabili e di agonie indicibili impresse sulla carne dei “garibaldini” dai fascisti della Montebello, come a voler simboleggiare il disprezzo della vita umana.

 

Il pittore, dicevamo, fu l’unico superstite: coraggioso e spregiudicato nella sua gioventù a ingaggiare una colluttazione convulsa con uno degli aguzzini, proprio pochi attimi prima di essere fucilato e a scappare lanciandosi in una scarpata. Sergio riuscì ad allentare la corda e ciò gli permise di avere le mani libere per colpire il fascista e rinviare l’appuntamento con la morte. Gli altri commilitoni, invece, morirono quella stessa notte. Tra di loro Giovanni, unico siciliano del gruppo, morto a migliaia di km da casa per la libertà e per aver partecipato ad una resistenza oggi spesso offesa e derisa: aveva 24 anni. I loro corpi sarebbero stati seppelliti a Crevacuore, luogo natio di molti dei combattenti della brigata. Negli anni seguenti la loro storia sarebbe stata oscurata. In particolare sulla figura di Giovanni Ortoleva cadde l’oblio, fino a quando venuto alla luce il suo ruolo, il comune del paese che gli diede i natali accolse finalmente i resti cremati di Giovanni nel settembre del 2011, rendendo gli onori ad un suo figlio dimenticato.

Francesco Fustaneo

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GIORNO DEI GIUSTI: CALOGERO MARRONE

ANPI 6 marzo 2015 al giardino dei giusti in via Alloro ricordiamo Calogero Marrone Giusto tra le nazioni

Tanti sono stati gli eroi siciliani che hanno combattuto per difendere la libertà contro la sopraffazione e, fra coloro che sacrificarono la loro vita nel tentativo di salvarne altre, spicca la figura di Calogero Marrone.

 Calogero Marrone nacque a Favara, in provincia di Agrigento il 12 maggio 1889. Fu, sin dall’avvento del fascismo, tenace antifascista. Era impiegato comunale. Nel 1931 si trasferì a Varese con la moglie Giuseppina e i figli Filippina, Salvatore, Dina e Domenico dopo aver vinto il concorso come applicato comunale al comune di Varese. Nel 1934 divenne dirigente presso l’ufficio anagrafe e dal 1937 capo dello stesso reparto. Il 31 dicembre del 1943 Calogero Marrone fu tradito da una delazione. e il 7 Gennaio 1944 due ufficiali tedeschi si presentarono nel suo appartamento accusandolo di avere favorito la fuga di alcuni ebrei fornendo documenti falsi. Fu arrestato e portato nel carcere di Miogni, a Varese. Fu torturato, ma non parlò. Il 25 gennaio, conosciuta l’intenzione partigiana di un piano d’evasione, fu trasferito nel carcere di Como. Nel luglio fu trasferito nelle carceri di Milano, a S. Vittore. Il 23 Settembre 1944 fu portato nel campo di Bolzano da dove partì, il 5 ottobre, per Dachau insieme ad altri 518 compagni di viaggio con il trasporto n. 90. Non ne fece ritorno. Morì, ufficialmente di tifo, il 15 febbraio 1945. Morì nel lager, ma il suo esempio e il suo coraggio risplenderà per sempre, GIUSTO TRA LE NAZIONI.

A cura di Lucia Vincenti

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Mercoledì 4 marzo ore 21,30 Rai Storia: La vita di Giuliana Saladino

 Da Laura Schimmenti regista e nipote della medaglia d’oro Carmelo Onorato
Mercoledì 4 Marzo 2015 ore 21:30 
su Rai Storia canale 54 del digitale terrestre, sul canale 23 di Tivùsat, sul canale 805 della piattaforma satellitare Sky.
Sinossi

La vita di Giuliana Saladino racconta un’assunzione di consapevolezza, dalle utopie libertarie e comuniste ad un impegno civile fatto di piccoli e grandi gesti quotidiani.

Il documentario ripercorre la Storia di Palermo e della Sicilia tra gli anni ’40 e gli anni ’90 del Novecento attraverso la biografia e l’opera di Giuliana Saladino. I suoi articoli e i suoi romanzi in bilico tra cronaca, indagine giornalistica e letteratura autobiografica offrono un lucido affresco delle complesse trasformazioni sociali e politiche che caratterizzarono gli anni del dopoguerra, illustrando i passaggi epocali che si consumarono nelle campagne e nelle città di una terra sfaccettata e contraddittoria come la Sicilia. La scrittura di Giuliana Saladino scabra e malinconica ma animata da un filo sottile d’ironia consente di rivisitare mezzo secolo di storia siciliana. Tramite le immagini di repertorio, il documentario fornisce un riscontro visivo alla narrazione delle storie individuali e collettive raccontate dall’autrice contribuendo alla divulgazione di fatti ed eventi storici utili per comprendere la complessità del nostro presente. Il film riporta alla memoria avvenimenti e circostanze recenti e passate, che si dipanano davanti agli occhi dello spettatore raccontando l’epopea di diverse generazioni. 

Una produzione Playmaker realizzata in collaborazione con la Regione Siciliana. Dipartimento del Turismo, 
dello Sport e dello Spettacolo nell’ambito del programma Sensi Contemporanei Cinema
Partner del progetto: Istituto Gramsci Siciliano, Biblioteca Regionale Siciliana A. Bombace, Centro dell’Inventario e del Catalogo – Filmoteca Regionale, Aamod, Fabio Lanfranca, Famiglia Cimino. 


Interventi di:

Gabriella Saladino, Maria Pia Saladino, Emilio Camillo Arcuri, Giovanna Fiume , Marcello Sorgi, Nicola Cipolla, Giuseppe De Maria, Simona Mafai, Piero Violante, Franco Nicastro, Roberto Alajmo, Marta Cimino, Laura Zanca, Piero Barbera, Antonella Franchina, Salvatore Nicosia, Caterina Cammarata, Giulia Barbera, Beatrice Monroy.

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