CARLO SMURAGLIA E LA TRAGEDIA DEL POPOLO KURDO.
► La tragedia di Ankara e la violenza nel mondo
Non posso dire di avere davanti agli occhi la ormai consueta distesa di cadaveri e di resti, di persone e cose provocata da ogni attentato, non perché quello di Ankara sia meno grave di altri (oltre 120 morti e si parla di più di 500 feriti), ma per la semplice ragione che la pubblicazione e la trasmissione delle immagini è stata vietata dal Governo Erdogan.
Così, alla tragedia di manifestanti per la pace che vengono uccisi, per di più alla vigilia delle elezioni e dunque con un chiaro significato politico intimidatorio, si aggiunge la clamorosa dimostrazione della natura del regime di Erdogan, il quale non solo persegue i suoi interessi con l’autoritarismo che conosciamo, ma addirittura proibisce le manifestazioni di pensiero e la diffusione di notizie scomode (peggio del fascismo, se possibile).
Siamo di fronte ad un altro gradino dell’escalation mondiale, in cui molti popoli perdono la libertà e addirittura la vita. I curdi vengono prima bombardati “per caso” e poi uccisi perché la loro rappresentanza non deve andare al governo; in Palestina stanno scoppiando violenze e scontri e non si capisce dove si andrà a finire. Non sto qui ad analizzare le ragioni ed a soffermarmi su chi ha ucciso per primo; ma sottolineerò che queste cose non accadono per caso, ma nascono da situazioni che si è voluto incancrenire, anche a dispetto delle indicazioni di Paesi tradizionalmente amici di Israele.
Anche in questo caso nessuno ha nulla da guadagnarci; è una partita drammatica che non si può concludere con una vittoria e una sconfitta, ma con la soluzione di un problema reale, importantissimo che è un problema di convivenza, di libertà, di umanità, per tutti. Voglio sottolineare che su tutto grava l’ombra sinistra dell’ISIS, che finora rappresentava un pericolo temuto da entrambe le parti: adesso, l’ombra si è fatta più scura e degli errori di ognuno c’è chi è pronto ad approfittare, in Siria come in Palestina ed Israele.
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Ancora una volta, la linea di due Stati indipendenti, costretti dalla sorte a convivere a breve distanza, e destinati a comprendersi e rispettarsi se non vogliono vivere perennemente in uno stato di guerra o pre-guerra, è l’unica che può prospettarsi con serietà e che dovrebbe essere accettata da parte di chi ancora resiste alla sola idea della “pacificazione”. Va ricordato, a costoro, che i costi, in misura maggiore o minore, finiscono per pagarli tutti, e che il caos può costituire soltanto un facile terreno per chi, come l’ISIS, persegue ben altri obiettivi.
Esprimo tutta la mia solidarietà nei confronti delle vittime della violenza. Ma devo esprimerla in questa specifica occasione, in modo particolare, nei confronti del popolo curdo, che sta subendo, da tempo immemorabile, persecuzioni, che si protraggono nel tempo, nelle forme più svariate ed ora si esprimono perfino con un vile attentato a cittadini che manifestano per la pace e la libertà.