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ANPI – Associazione Nazionale Partigiani d'Italia- Si è costituita a Roma la sezione ANPI RAI “Comandante Max” dedicata al Partigiano Massimo RendinaTUTTI I DETTAGLI SU https://www.anpiroma.org/2025/12/si-e-costituita-roma-la-sezione-anpi.h…
- Cgil, Anpi e Arci, Udu e Rete Studenti Medi di Modena condannano fermamente l’iniziativa del Comitato Remigrazione che si terrà a Modena venerdì 19 dicembre. Sono previsti interventi di rappresentanti del Fronte Veneto Skinheads e di CasaPoundTUTTI I DETTAGLI SU https://www.anpimodena.it/comunicato-stampa-congiunto-anpi-cgil-arci-ud…
- Anna Ferrari eletta Presidente dell'ANPI provinciale di Reggio Emilia dopo la scomparsa di Ermete Fiaccadori. È la prima donna a ricoprire questo ruoloTutti i dettagli su https://www.ilrestodelcarlino.it/reggio-emilia/cronaca/lanpi-ha-una-nuova-guida-afaff20e
- L'ANPI nel Comitato per il NO al referendum sulla giustiziaLa data del referendum sulla giustizia non è stata ancora fissata ma dovrebbe cadere nell’ambito del mese di marzo. Ciò richiede un rilevantissimo impegno di tutta l’associazione essendo in discussione, con questa legge, i princìpi essenziali dello stato di diritto e, in ultima analisi, della Costituzione repubblicana. Nell’ultima riunione del Comitato Nazionale (4 dicembre) abbiamo […]
- Nasce il Comitato per la liberazione di Marwan Barghouti. L'ANPI è tra i componentiTutti i dettagli su https://retepacedisarmo.org/2025/nasce-il-comitato-per-la-liberazione-di-marwan-barghouti-e-tutti-i-prigionieri-palestinesi-nelle-carceri-israeliane/
- Si è costituita a Roma la sezione ANPI RAI “Comandante Max” dedicata al Partigiano Massimo Rendina
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L’ANPI FESTEGGIA GLI 80 ANNI DI MARIA LETIZIA COLAJANNI
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Contrassegnato Angelo Ficarra, Antonella Azoti, Antonella Leto, Armando Sorrentino, Carmelo Botta, Concetta Di Benedetto, Daniela Dioguardi, Emilia Sakharova, Fausto Clemente, Francesca Lo Nigro, Francesco Ciminato, Franco Carollo, Gaetano Imbrociano, Gina Marino, Giuseppe Carlo Marino, Giusy Vacca, Guddo Provvidenza Maria Grazia, Ida Pidone, Lia Blanda, Maria Antonietta, Maria Letizia Colajanni, Nicola Cipolla, Ottavio Terranova, Sabatino, Salvo Li Castri
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Intitolazione del Centro Polivalente alla Medaglia d’ Oro al Valor Militare Gaetano Butera partigiano riesino ucciso nelle Fosse Ardeatine dalle S S nel 1944
Intitolazione del Centro Polivalente alla Medaglia d Oro al Valor Militare Gaetano Butera partigiano riesino ucciso nelle Fosse Ardeatine dalle S S nel 1944
Riesi. Ieri mattina è stato intitolato il Centro Polivalente di Riesi a Gaetano Butera, medaglia d’oro al valore militare e ucciso nel 1944 nelle Fosse Ardeatine; grazie al lavoro svolto da due anni a questa parte dell’assessore Franco La Cagnina e dallo studioso locale Salvatore Michele Mirisola, nonché componente della Commissione Toponomastica. Alla cerimonia hanno preso parte tutti gli studenti presenti sul territorio, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco Salvatore Chiantia, dal Presidente dell’ANPI Riesi Giuseppe Calascibetta dal Comitato provinciale dell’ANPi di Caltanissetta presieduto da Giuseppe Cammarata, dal Coordinatore Regionale ANPI Sicilia, Ottavio Terranova, dall’Associazione nazionale “Arma di Cavalleria di Sicilia”, del Capitano Salvatore Salerno, del Colonello dell’Esercito Italiano, Petralia, dal Comandante dei Carabinieri di Riesi, Rosario Alessandro e dal Comandante dei Vigili Urbani Salvatore Miccichè. Una cerimonia solenne scandita dal silenzio e dall’inno nazionale intonato dalla Banda Musicale Don Bosco, seguita dalla benedizione della stele commemorativa da parte del Vicario Foraneo Don Antonella Bonasera. I ragazzi delle scuole elementari, medie e superiori hanno potuto visitare la mostra di pittura “RiESISTENTI” che racconta la resistenza e l’antifascismo di Riesi, curata da Rosario Riggio e Attilio Gerbino. La testimonianza di Gaetano Butera è stata raccontata dalla signora Silvia Baglio, cugina del partigiano Butera, e socia dell’ANPi di Roma
sezione Don Papagallo. A tal proposito afferma: “Gaetano Butera era un giovane di 19 anni che ha sacrificato la propria vita per un ideale di libertà e democrazia. E deve essere un esempio luminoso per tutti i giovani presenti. Mio cugino inoltre ha combattuto a Roma nella ottava zona, e veniva aiutato molto spesso dai carabinieri che gli cedevano le loro armi per combattere i fascisti per poi riportarli nella notte stessa. Sono orgogliosa che oggi a Riesi c’è un edificio pubblico intitolato a mio cugino e soprattutto che esiste una sezione ANPI a Riesi”.
Giuseppe Montedoro
Fonte La Siclia, Caltanissetta 17 settembre 201
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Contrassegnato Angelo Ficarra, Capitano Salvatore Salerno, Colonello dell’Esercito Italiano Petralia, Comandante dei Carabinieri di Riesi Rosario Alessandro, Comandante dei Vigili Urbani Salvatore Miccichè, Gaetano Butera partigiano, Giuseppe Calascibetta, Giuseppe Cammarata, Ottavio Terranova, Rosario Riggio, Salvatore Chiantia, Salvo Li Castri, Silvia Baglio
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LECTIO MAGISTRALIS DEL PROF LUIGI FERRAJOLI
PROF LUIGI FERRAJOLI
“LA COSTITUZIONE OGGITRA PUNTI FERMI, LIMITI, POTENZIALITà E GRANDI INCOMPIUTE”
VENERDI’ 16 SETTEMBRE ORE 17,00
DIPARTIMENTO GIURISPRUDENZA UNIVERSITA’ DI PALERMO
Partecipano:
Giuseppina Ancona, Emanuele Villa, Alfio Foti, prof. Aldo Schiavello, Rita Borsellino
INCONTRO PUBBLICO
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Contrassegnato Alfio Foti, Emanuele Villa, Giuseppina Ancona, http:;/festaunitàpdbologna.org/, PROF LUIGI FERRAJOLI, prof. Aldo Schiavello, Rita Borsellino
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MERCOLEDI’ 14 /9/ ORTO BOTANICO ORE 18,30 VADEMECUM RIFORME COSTITUZIONALI
MERCOLEDI’ 14 /9/ ORTO BOTANICO ORE 18,30 VADEMECUM RIFORME COSTITUZIONALI CON FRANCESCO PALLANTE, ARMANDO SORRENTINO, RICCARDO NUTI, GIUSEPPE LO BIANCO
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Contrassegnato Agende Rosse Palermo, Armando Sorrentino, Coordinamento Democrazia Costituzionale Palermo, Francesco Pallante, Giuseppe Cataldo, Giuseppe Lo Bianco, Luciano Zagrelbesky, Riccardo Nuti
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L’arma segreta
19/08/2016
Durante la seconda guerra mondiale, quando le sorti del conflitto volgevano al peggio per le potenze dell’Asse, si era diffusa l’illusione che la Germania stesse mettendo a punto delle armi segrete che avrebbero rovesciato l’esito della guerra. Il mito dell’arma segreta è duro a morire e qualche volta ricorre anche, sotto forma di metafora, quando il confronto politico si fa più accanito. I dati pubblicati dall’Istat qualche giorno fa sulla crescita zero annunciano una cattiva novella che mette in mutande i cantori del miracolo italiano. Dell’Italia che riparte perché adesso c’è una classe dirigente che fa le riforme, che sblocca tutto e rimette in moto il paese. Se questa narrazione del miracolo italiano diviene incredibile, se la fiducia in questo ceto politico dirigente decresce rapidamente, diventa sempre più concreto il rischio che il malcontento popolare verso il Governo possa portare ad una bocciatura della riforma costituzionale, sulla quale il Presidente del Consiglio ci ha messo la faccia. Per rovesciare questa china ci vorrebbe un’arma segreta. Ed è arrivata: hanno cominciato a tuonare i cannoni della finanza internazionale. Il Wall Street Journal (che come dice il nome è il giornale portavoce della finanza) nell’edizione del 15 agosto ha sganciato una bomba a favore del Sì, paragonando il referendum costituzionale italiano alla Brexit, affermando senza vergogna alcuna: “È questo scenario che rende il referendum vitale, probabilmente più importante di Brexit”. Il giornale americano riferisce che “i mercati sono concentrati sulla posta in gioco politica del referendum”, cioè il rischio che una bocciatura degli elettori travolga Renzi, “ma il vero costo per l’Italia sarebbe che l’economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo termine” rendendo più difficile la soluzione di tanti problemi: dal debito pubblico alle sofferenze bancarie. All’attacco del Wall Street Journal hanno fatto eco il New York Times ed il Financial Times che hanno evocato scenari disastrosi se gli elettori italiani bocceranno la riforma di Renzi. Orbene, paragonare gli effetti della possibile bocciatura della riforma costituzionale in Italia a quelli derivanti dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un’idiozia talmente assurda che può trovare spiegazione soltanto nella faziosità di chi l’ha proposta. Anche un bambino capirebbe che i due fenomeni non sono comparabili. L’annullamento di una riforma costituzionale, che non è mai entrata in vigore, non comporta nessun mutamento nell’assetto giuridico (e politico) vigente e non comporta nessuna variazione degli assetti economico- sociali, non incide sull’economia proprio perché non produce alcun effetto. L’uscita di un paese membro dall’Unione Europea, al contrario, è un fatto che incide direttamente, con una portata che è difficile da determinare, sugli assetti economicosociali di quel paese perché comporta l’uscita dal mercato unico (con effetti immediati su importazioni ed esportazioni) e l’impossibilità di continuare a percepire le sovvenzioni dell’Unione Europea. E’ evidente che quella del Wall Street Journal non è un’analisi seria, è una dichiarazione partigiana di smaccato sostegno politico al “nuovo corso” del segretario fiorentino. Ha scritto l’ex vice presidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena: “l’articolo uscito stamattina (17 agosto) su Repubblica (che cita Wall Street Journal, New York Times e Financial Times) è la conferma che la riforma costituzionale Renzi-Boschi giova soltanto alla finanza e che il Presidente del Consiglio è un esecutore dei voleri di quest’ultima. La minaccia di un’ecatombe finanziaria in caso di vittoria del No è un’offesa alla sovranità del popolo italiano ed alla libertà di voto dei cittadini” A noi rimane un dubbio, se questa è l’arma segreta che vogliono impiegare i riformatori per vincere il referendum, non è che, alla fine, si potrebbe rivelare controproducente? Vuoi vedere che gli elettori mangino la foglia e votino No proprio perché la riforma piace tanto agli gnomi della finanza internazionale?
Durante la seconda guerra mondiale, quando le sorti del conflitto volgevano al peggio per le potenze dell’Asse, si era diffusa l’illusione che la Germania stesse mettendo a punto delle armi segrete che avrebbero rovesciato l’esito della guerra. Il mito dell’arma segreta è duro a morire e qualche volta ricorre anche, sotto forma di metafora, quando il confronto politico si fa più accanito. I dati pubblicati dall’Istat qualche giorno fa sulla crescita zero annunciano una cattiva novella che mette in mutande i cantori del miracolo italiano. Dell’Italia che riparte perché adesso c’è una classe dirigente che fa le riforme, che sblocca tutto e rimette in moto il paese. Se questa narrazione del miracolo italiano diviene incredibile, se la fiducia in questo ceto politico dirigente decresce rapidamente, diventa sempre più concreto il rischio che il malcontento popolare verso il Governo possa portare ad una bocciatura della riforma costituzionale, sulla quale il Presidente del Consiglio ci ha messo la faccia. Per rovesciare questa china ci vorrebbe un’arma segreta. Ed è arrivata: hanno cominciato a tuonare i cannoni della finanza internazionale. Il Wall Street Journal (che come dice il nome è il giornale portavoce della finanza) nell’edizione del 15 agosto ha sganciato una bomba a favore del Sì, paragonando il referendum costituzionale italiano alla Brexit, affermando senza vergogna alcuna: “È questo scenario che rende il referendum vitale, probabilmente più importante di Brexit”. Il giornale americano riferisce che “i mercati sono concentrati sulla posta in gioco politica del referendum”, cioè il rischio che una bocciatura degli elettori travolga Renzi, “ma il vero costo per l’Italia sarebbe che l’economia resterebbe inchiodata nella sua stagnazione di lungo termine” rendendo più difficile la soluzione di tanti problemi: dal debito pubblico alle sofferenze bancarie. All’attacco del Wall Street Journal hanno fatto eco il New York Times ed il Financial Times che hanno evocato scenari disastrosi se gli elettori italiani bocceranno la riforma di Renzi. Orbene, paragonare gli effetti della possibile bocciatura della riforma costituzionale in Italia a quelli derivanti dall’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è un’idiozia talmente assurda che può trovare spiegazione soltanto nella faziosità di chi l’ha proposta. Anche un bambino capirebbe che i due fenomeni non sono comparabili. L’annullamento di una riforma costituzionale, che non è mai entrata in vigore, non comporta nessun mutamento nell’assetto giuridico (e politico) vigente e non comporta nessuna variazione degli assetti economico- sociali, non incide sull’economia proprio perché non produce alcun effetto. L’uscita di un paese membro dall’Unione Europea, al contrario, è un fatto che incide direttamente, con una portata che è difficile da determinare, sugli assetti economicosociali di quel paese perché comporta l’uscita dal mercato unico (con effetti immediati su importazioni ed esportazioni) e l’impossibilità di continuare a percepire le sovvenzioni dell’Unione Europea. E’ evidente che quella del Wall Street Journal non è un’analisi seria, è una dichiarazione partigiana di smaccato sostegno politico al “nuovo corso” del segretario fiorentino. Ha scritto l’ex vice presidente della Corte Costituzionale Paolo Maddalena: “l’articolo uscito stamattina (17 agosto) su Repubblica (che cita Wall Street Journal, New York Times e Financial Times) è la conferma che la riforma costituzionale Renzi-Boschi giova soltanto alla finanza e che il Presidente del Consiglio è un esecutore dei voleri di quest’ultima. La minaccia di un’ecatombe finanziaria in caso di vittoria del No è un’offesa alla sovranità del popolo italiano ed alla libertà di voto dei cittadini” A noi rimane un dubbio, se questa è l’arma segreta che vogliono impiegare i riformatori per vincere il referendum, non è che, alla fine, si potrebbe rivelare controproducente? Vuoi vedere che gli elettori mangino la foglia e votino No proprio perché la riforma piace tanto agli gnomi della finanza internazionale?
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Contrassegnato Corriere dell'Irpinia
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Antifascismo e revisionismo storico
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Contrassegnato Giuseppe Carlo Marino
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Google Maps cancella dalle cartine il nome Palestina
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Contrassegnato Palestina
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Splendida serata in memoria di Giuseppe Pietramale
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Contrassegnato Angelo Ficarra, Caterina Pollichino, Dario Carnevale, Enza Crispi, Giuseppe Pietramale, Ottavio Terranova, Salvo Li Castri
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OCCUPAZIONE RAI IN VISTA DEL REFERENDUM SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Comitato per il NO ha aggiunto un nuovo video: SALVATORE SETTIS E LA COSTITUZIONE.
Siamo in fase di vacanze, ma non ci sfugge e non può sfuggire a nessuno la gravità di alcune cose che stanno accadendo, in vista del referendum sulla riforma del Senato.
Si è compiuta, in questi giorni, la “occupazione” della RAI da parte del Governo, già avviata con la nomina di un Amministratore delegato dotato di amplissimi poteri, ed ora con la più evidente e chiara delle tante conseguenze dell’impostazione della riforma della televisione pubblica.
Sono stati cambiati quasi tutti i direttori dei telegiornali. Colpisce soprattutto la sostituzione di Bianca Berlinguer, al Tg3 (che neppure Berlusconi aveva osato toccare, rispettando almeno un minimo di pluralismo), per di più con un personaggio che ha dimostrato le sue simpatie politiche (non è lui che si dimise da una carica in RAI per protesta contro la giusta reazione di Giannini ad un attacco piuttosto pesante del Presidente del Consiglio?).
Insomma, si vuole preparare il terreno per un tipo di informazione sui temi del referendum, che corrisponda ancora di più a quanto è già avvenuto nel primo periodo della raccolta delle firme (abbiamo già dimenticato il rapporto documentato tra le 17 ore dedicate al “SI” e il minuto dedicato al “NO”?).
Ma non basta. Leggiamo su tutta la stampa che un Ministro ha lanciato la “campagna d’estate”, impegnando i Sindaci perché si attivino nella campagna per il SI. Ci diranno che non lo ha fatto come Ministro, ma come persona; ma come si fa a distinguere, anche se ciò fosse, visto che tutti i giornali parlano dell’iniziativa del “Ministro” in questione per contattare e sollecitare i Sindaci?
E’ legittimo e politicamente corretto, tutto questo? Non dovrebbe il Governo (e non dovrebbero i Ministri) restare neutrale nella campagna referendaria? E’ vero che è lo stesso Governo che ha “creato” queste riforme e si è impegnato a fondo per farle passare, con tutti i mezzi, in Parlamento; ma la decenza imporrebbe che almeno nella campagna referendaria lasciasse decidere liberamente i cittadini, garantendo una corretta informazione, anziché cercare di influenzarli, direttamente o indirettamente, per il “SI”.
Ma i tempi sono quelli che sono; tutto questo lo abbiamo visto (e pour cause) sotto il sole di agosto, ma temo che dobbiamo aspettarci ben altro per l’ormai imminente autunno. Per parte nostra reagiremo sempre a questi tentativi di impedire la formazione di orientamenti liberi e informati; ma confidiamo che a garantire la libertà e l’indipendenza di giudizio dei cittadini intervengano anche quegli organi dello Stato cui spetta il compito, appunto, di tutelare i diritti di tutti.
CARLO SMURAGLIA
AGOSTO 2016
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Contrassegnato BIANCA BERLINGUER, Carlo Smuraglia, OCCUPAZIONE RAI
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Con la riforma la guerra la decide il governo
Con la riforma la guerra la decide il governo
Se guardiamo alla sostanza delle cose e non solo alle parole, l’Italia si è infilata dritta come un fuso in una nuova avventura bellica. In Libia per giunta. Il passato ritorna. Gli Stati Uniti hanno programmato un intervento aereo la cui durata sarà come minimo di un mese. Ma vi è già chi, nell’ establishment militare americano, fa capire che è solo un termine indicativo, fatto più per essere prolungato che rispettato. Si invoca, e il governo italiano si è subito allineato, la risoluzione 2259 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, attraverso la solita cavillosa interpretazione del paragrafo 12 della medesima, che la Russia apertamente contesta, pretendendo invece una nuova eventuale decisione ad hoc da parte del supremo organo dell’Onu.
In questo quadro il coinvolgimento italiano è inevitabile se non viene espressa una volontà esplicitamente contraria. Le ragioni sono di natura militare e politica. Un’azione così prolungata nel tempo richiede l’utilizzo delle basi di Aviano e di Sigonella. Particolarmente di quest’ultima, distante solo una ventina di minuti di volo dall’obiettivo. D’altro canto la Sicilia è sempre stata considerata oltreoceano una “portaerei americana” nel Mediterraneo, espressione mutuata da una quasi identica di Mussolini riferita a tutt’altro contesto. A parte la parentesi dello scontro Craxi-Reagan di una trentina di anni fa, ha continuato ad esserlo fino ai giorni nostri. D’altro canto se l’Italia vuole realmente candidarsi alla guida della missione Liam per la “stabilizzazione” del paese libico, qualche contributo lo deve dare. In altre parole se gli scarponi non sono sul terreno, le basi aeree italiane sono già in guerra.
Ma chi lo ha deciso e chi lo avrebbe dovuto decidere? E’ ridicolo che siano solo le commissioni Esteri e Difesa riunite delle due camere ad essere “informate”, mentre l’Aula si deve accontentare di una question time della ministra Pinotti. Non si tratta di riferire ma di trovare la sede della decisione.
Si dirà che non è la prima volta che si verifica l’esautoramento del Parlamento da una delle decisioni più esiziali per un paese, l’entrata in guerra comunque mascherata – il termine intervento umanitario è immancabilmente ricomparso nelle dichiarazioni di Gentiloni -. Ma non è una buona ragione per perseverare.
Quindi non solo è giusto e necessario che si chieda l’immediata convocazione delle camere per discutere il ruolo dell’Italia nella vicenda libica, ma che si torni a riflettere sulle conseguenze che la “deforma” della Costituzione può avere in questo campo.
Infatti tra i 47 articoli revisionati dalla legge Renzi-Boschi vi è anche l’articolo 78 che concerne la dichiarazione dello stato di guerra. Per la precisione l’attuale testo, ancora vigente fino (e speriamo anche dopo) al pronunciamento referendario recita “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”, mentre quello deformato dice: ” La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari”.
Come è noto attorno a questo articolo si è sviluppato negli anni un larghissimo dibattito, dai tempi della Costituente fino a quello degli anni migliori del movimento pacifista. Riassumerlo qui sarebbe un’ambizione smodata e insensata.
Ma è certo che tale formulazione era stata pensata dai costituenti come una deroga solo temporanea ed eccezionale, come strumento ultimo di difesa e non di offesa, al principio di ripudio della guerra sancito dall’articolo 11 facente parte dei principi fondamentali della Carta. Il potere di attivare lo stato di guerra spettante al Parlamento si configura quindi come atto politico per eccellenza, presuppone e coinvolge principi etici, un’accurata valutazione del quadro politico e militare internazionale, una discussione grave e approfondita circa la necessità del l’instaurazione del regime giuridico di eccezionalità. Discussione tanto più impegnativa e imprescindibile se si tiene conto delle modalità extraistituzionali, a a livello internazionale e interno, con cui le decisioni belliche vengono assunte e i relativi mascheramenti linguistici con cui vengono giustificate. Per questa ragione più d’uno ha pensato che prevedere una maggioranza superiore per l’elezione, almeno in prima battuta, del Presidente della Repubblica a quella della dichiarazione dello stato di guerra fosse una assurdità. E vi sono state iniziative di parlamentari, anche trasversali, ma inascoltate, che hanno cercato di porre rimedio chiedendo che la dichiarazione dello stato di guerra potesse avvenire solo sulla base di un voto dei due terzi dei componenti le camere.
Il testo della “deforma” costituzionale peggiora in modo evidente questo quadro. Non solo e non tanto perché è solo una Camera che viene chiamata a pronunciarsi. Infatti il Senato continua ad esistere ed entra in decisioni chiave, come le leggi di revisione costituzionale, ma non su questa che è la più importante di tutte. Ma perché la nuova norma costituzionale, applicata in un contesto nel quale è entrato in vigore l’Italicum, fa sì che la maggioranza assoluta richiesta sia già data all’atto stesso della nascita della camera – grazie al premio di maggioranza dato a una minoranza – e che appartenga a un solo partito.
In questo modo la dichiarazione di guerra è affare esclusivo del partito di maggioranza relativa e, visti gli attuali chiari di luna, di un uomo solo, cioè il suo segretario. Potente regressione della democrazia e della civiltà giuridica, che possiamo e dobbiamo fermare con un forte No nel prossimo autunno.
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