AUGURI PLACIDO ARMANDO FOLLARI OGGI 90 ANNI

CARISSIMO COMANDANTE OTELLO TUTTI INSIEME TI FACCIAMO TANTI AUGURI PER I TUOI 90 ANNI.  TI VOGLIAMO DIRE CHE TI SIAMO IMMENSAMENTE GRATI PER QUELLO CHE HAI FATTO PER RICONQUISTARE LA LIBERTA’ COMBATTENDO CONTRO I FASCISTI E I NAZISTI. TI DICIAMO ANCHE CHE TI VOGLIAMO TANTO BENE E SIAMO PARTICOLARMENTE ORGOGLIOSI PER IL TUO IMPEGNO IDEALE E MORALE E FELICI CHE OGGI TU RICEVA LA MEDAGLIA DELLA CITTA’ DI PALERMO PER MANO DEL SUO SINDACO LEOLUCA ORLANDO NEL 70° ANNIVERSARIO DELLA RESISTENZA.   ANPI PALERMO

Quì il link al foglio matricolare e caratteristico di Placido Follari  “Comandante di distaccamento, fornivaripetute e belle prove di capacità e di coraggio, particolarmente distinguendosi nel combattimento di Medalana e in quello della confluenza del Setta Reno”.  Appennino Emiliano, settembre 1944 – aprile 1945     sangiacomo fasci s.2

 

 

la pergamena dell’ANPI al Comandante Otello consegnata da Ottavio Terranova durante la cerimonia a Villa Niscemi dopo la consegna della medaglia della Città di Palermo da parte del Sindaco Leoluca Orlando.

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COLLESANO RESISTENZA (seconda parte)

Dopo i “Partigiani di Collesano

26 ottobre 2012 di palermo

questa seconda parte della ricerca  di Nino Cicero da Espero , rivista del comprensorio Termini-Cefalù-Madonie.  

Continua la ricerca sul contributo dei siciliani alla  Resistenza e alla lotta di Liberazione,  dettata dalla esigenza di un recupero “partecipato” della memoria storica. 

Collesano. Resistenza

Due cugini combattenti

Salvatore Gulino e Angelo Indulsi partiti insieme come avieri, dopo l’Armistizio, fermi a Zara, furono catturati dai tedeschi e tenuti prigionieri per quindici mesi. Scelsero di scappare e di combattere gli ex alleati nazisti. Partigiani per quasi due anni, tra fame e miseria, fino alla liberazione, che ebbe il sapore della vita che ritornava

di Antonino Cicero

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70° DELLA RESISTENZA 120° DEI FASCI SICILIANI

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LOTTA ALLA MAFIA: LA RESISTENZA CONTINUA

 

 

di seguito l’indirizzo e-mail per aderire alla petizione al fine di chiedere l’esproprio del casolare in cui è stato assassinato Peppino  Impastato:

casolareimpastato@100passi.net . E’ sufficiente inviare : nome, cognome, città e indirizzo e-mail ;

nella foto accanto un momento dell’incontro dibattito contro la mafia a Padova con Giovanni Impastato  e Luigi Ficarra dei Giuristi Democratici per portare avanti l’adesione alla petizione per l’esproprio del casolare in cui fu assassinato Peppino Impastato.

 

L’ANPI PALERMO ADERISCE ALLA

PETIZIONE

 

per l’esproprio del casolare in cui è stato vigliaccamente assassinato Peppino Impastato, che rimane un grande maestro per tutti i compagni ed i cittadini che si battono per l’uguaglianza, la difesa della dignità umana e la liberazione  degli uomini dall’oppressione del bisogno.

Esprimiamo inoltre piena ed incondizionata solidarietà dell’ANPI Palermo all’associazione culturale “Il Brigante” di Serra San Bruno in Calabria che giorni fa ha subito una pesante intimidazione mafiosa. “Vi siamo particolarmente vicini. La lotta contro la mafia è oggi la nostra Resistenza, la nuova frontiera della lotta per la Giustizia, l’Uguaglianza e per la Libertà.”

http://www.ilvizzarro.it/inquietante-messaggio-al-brigante-una-testa-mozzata

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25 APRILE A TERMINI IMERESE

Nell’ambito della ricorrenza della festa della liberazione un interessante dibattito  del circolo ANPI di Termini Imerese per ricostruire la Storia e la Memoria di una fase importante della Resistenza italiana caratterizzata dalla adesione della stragrande maggioranza dell’Esercito italiano al NO alla vergognosa avventura di Salò a costo della deportazione nei lager nazisti e  spesso anche della morte. Al convegno su gli “Internati Militari Italiani”, oltre a vari esponenti dell’Amministrazione comunale di Termini e al Presidente della “Società Operaia” che lo ospita, partecipano Maria Letizia Colajanni  e Giorgio Colajanni.

Nell’occasione sarà dal Comune di Termini intitolata una piazza alla “Liberazione” e una via ad  ANTONINO LO BELLO che fu deportato in Germania.

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Quirinale: Anpi, nuovo Presidente sia antifascista

L’Associazione nazionale Partigiani prende posizione in vista dell’elezione del presidente della Repubblica. In un ordine del giorno approvato dal Comitato nazionale dell’Anpi nella riunione del 9 aprile 2013 e ripreso dall’agenzia Dire, si esprime “seria preoccupazione per la grave situazione politica e sociale del Paese e per i rischi che il protrarsi della stessa può comportare”.

Tra le altre cose l’Anpi auspica che “ogni scelta sia ispirata ai principi ed ai valori della Costituzione ed alla esigenza di moralità e di correttezza da tante parti sollecitata” e che “si riesca, in tempi brevi, ad ottenere la formazione di un Governo stabile e democratico, che riscuota la fiducia sia del Parlamento, sia dei cittadini e delle cittadine, corrisponda, nel complesso, all’esito del voto espresso dal popolo e sia in grado di fare fronte alle gravi difficoltà che il Paese sta attraversando, alla vera e propria emergenza sociale in atto, ai problemi del lavoro e della mancanza di occupazione e della stessa dignità nel lavoro, adottando – nel contempo – le misure necessarie per ricostruire un vero rapporto di fiducia col Paese”.

Rispetto all’elezione del nuovo Presidente, l’Anpi ribadisce la necessità che “avvenga nella più netta e trasparente chiarezza, conducendo alla scelta della persona più adatta ad esercitare un ruolo di garanzia così delicato, non solo per la sua personale storia ma anche per un’autorevolezza che fondi le sue radici nella nostra storia e nei valori fondamentali espressi dalla Costituzione nata dalla Resistenza. Un Presidente, insomma, che dia piena garanzia – conclude il documento dell’associazione dei partigiani – di sobrietà ed imparzialità e prima di tutto di piena rappresentanza dell’unità nazionale, dell’antifascismo e della democrazia”.

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”Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo:”

“Gent.mo Prof.

Enzo Barnabà

Sono Francesco Dainotti, nipote di Francesco Dainotti, da Lei citato nell’articolo “L’umanità e la dignità di Francesco Dainotti, il Valguarnerese deportato nei campi di concentramento nazisti.”  http://www.valguarnera.com/parliamo_di/Dainotti_francesco.htm

Volevo ringraziarLa profondamente per l’articolo, frutto di una importante ricerca di avvenimenti storici che hanno così radicalmente segnato intere generazioni, sopravvissute alle indicibili bestialità che hanno pervaso in maniera nefasta molti popoli e molte famiglie. Ancora oggi, sono fortemente presenti, nella mia famiglia i segni di un accadimento che ne ha segnato inesorabilmente la storia. Mio padre Giuseppe, che mio tramite sentitamente la ringrazia, troppo emozionato e colpito per scriverLe personalmente, fu a seguito di questa disgrazia rinchiuso nell’orfanotrofio per orfani di guerra della Certosa di Padula (SA), portandosi dentro segni indelebili per un bambino, che oltre aver perso il padre, ha pagato personalmente colpe che non poteva capire. Tragedia personale gestita nel tempo con grande dignità, con il doloroso silenzio su questa storia, alle volte più duro di mille spiegazioni  e con l’amore protettivo di sua moglie, mia madre.

Sicuramente questo articolo oltre ad essere utile per la mia famiglia, per averci, tra l’altro, fatto meglio comprendere  i valori, oggi in disuso, dell’umanità e della dignità anche in posti dove può sembrare impossibile l’esistenza di questi sentimenti, è, oggi più che mai, di esempio e testimonianza per le nuove generazioni perché come scrisse Primo Levi: ”Tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo:””

Con stima

Francesco Dainotti”

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Festa della Liberazione dell’antifascismo e della democrazia

di Carlo Smuraglia

Un anno pieno di provocazioni fasciste. Il richiamo alla Costituzione e alla Resistenza. L’arrivo del Movimento Cinque Stelle e la necessità di un cambiamento

In una situazione di grave crisi economica e morale

Da Patria Indipendente uno stralcio dall’editoriale di Carlo Smuraglia

…..nell’anno trascorso e soprattutto negli ultimi mesi, abbiamo assistito ad un crescendo di iniziative neofasciste, da quelle più squallide a quelle più “forti” e davvero insopportabili.

…un’altra, inconcepibile iniziativa, quella di far tenere una lezione agli allievi di una scuola militare da un fascista come Mario Merlino.

Tutto questo ci fa non solo riflettere e indignare, ma ci assegna il compito e il dovere di reagire con tutte le nostre forze, coinvolgendo i cittadini, le istituzioni, i partiti, in una grande operazione culturale e politica, che faccia finire questo scempio, che oltretutto è anche pericoloso per il futuro del Paese.

…..Tutto questo dobbiamo esprimere, con forza, il 25 aprile, facendone, certamente un giorno di festa, ma anche un giorno di riflessione e di coinvolgimento, di partecipazione, contro l’indifferenza, il distacco, la rassegnazione. Quale che sia la situazione politica al momento della Festa della Liberazione, faremo in modo che alla doverosa memoria delle pagine più belle della nostra storia e all’altrettanto doveroso ricordo dei Caduti per la libertà, si unisca l’apertura di uno spiraglio vero verso un futuro diverso, più equo e solidale con le categorie più deboli e più esposte, più fondato, davvero, sul lavoro, come vuole la Costituzione; un futuro che dia adito finalmente a nuove certezze, a nuove speranze per chi soffre il peso della crisi, e per chi non ne può più di un sistema avvelenato ed incancrenito,dal quale il nostro Paese deve uscire nel nome dell’antifascismo e della democrazia.

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LA MEMORIA: CASTELBUONO LA STORIA DI DUE DEPORTATI VINCENZO CALIGIURI E VANNI MAIORANA

Dalla testimonianza  di 
Ignazio Maiorana 
    figlio di Vanni.

Chissà che non ti venga in mente di sacrificare 5 minuti di attenzione…

            Le cartoline sul vischio

Da ragazzini non avevamo soldi per comprare gli addobbi. L’albero di Natale lo facevamo con rametti di vischio legati a un chiodo al muro. Alle bacche collose applicavamo le cartoline colorate di auguri natalizi e pasquali indirizzate negli anni precedenti a mio padre, recanti le affettuosità di amici lontani. Ne facemmo per diversi anni alberi di Natale con le cartoline al posto delle palline. Non sapevamo del valore documentale di quei brevi scritti firmati. Mia madre non si curava molto di quelle cartoline, se ci permetteva di usarle come addobbi natalizi. A inviarle a mio padre, a Castelbuono, erano stati numerosi compagni di militare e di prigionia nei campi tedeschi. Le cartoline cominciarono a giungere a casa subito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Poi, via via, il loro arrivo si diradò col passare degli anni. Di quella esperienza in Germania non si parlava in casa. Vanni, come tanti altri reduci, voleva rimuoverla dalla propria memoria.

Avevo dieci anni l’unica volta che vidi piangere mio padre. Durante un banchetto matrimoniale gli stavo seduto di fronte al tavolo. Un trio musicale stava eseguendo Paloma, uno struggente tango spagnolo. Vanni aveva le gote rigate.

– Pa’, perché piangi? – gli chiesi stupito e preoccupato.

– È la musica di la prigiunìa – rispose asciugandosi le lacrime.

Non capii. Compresi quarant’anni dopo, quando seppi da ex deportati che anche in altri campi tedeschi era consuetudine accompagnare alla “doccia” (camera a gas) i deportati nudi al suono di violino e fisarmonica sulle note di Paloma. Il brano veniva eseguito da due musici al seguito. Lo sventurato condannato a morte veniva caricato su un carro trainato da un paio di suoi compagni. L’immagine era sempre il preludio del forno crematorio.

Ma chi era stato in realtà Giovanni Maiorana, lontano dalla sua attività di allevatore e casaro tra le montagne madonite? Tra le sue passioni quella della medicina. Non aveva potuto studiarla per le ristrettezze economiche della sua famiglia di pastori. Nel 1928, al servizio di leva militare in Fanteria, tuttavia, fu inserito nel reparto sanità per il suo interesse verso la Medicina.

Vanni fu richiamato in servizio a Roma intorno al ’42, durante la seconda guerra mondiale. Dopo poco tempo, fu preso dai tedeschi e condotto prima in Jugoslavia e poi trasferito nel campo di sterminio di Kahla, nei pressi di Lipsia, in Germania. Nel caos e nella contraddizione di quegli eventi, nessuno ne sapeva il motivo.

Comunque la qualifica di provenienza a Vanni giovò. Tra le migliaia di ospiti in quel campo fu organizzata un’infermeria gestita da un medico e da un infermiere, anch’essi prigionieri. L’aiutante del dottore era proprio Giovanni Maiorana. Egli aveva il compito di registrare, ogni mattina, nome, numero e stato di salute di quanti marcavano visita. Era una processione giornaliera di forme umane denutrite. Tra queste persone in coda si trovò, un giorno, anche un giovane preso dai tedeschi appena arruolatosi in Marina: era Vincenzo Caligiuri e aveva 16 anni. Grazie a lui ho potuto avere diretta e spontanea testimonianza su un particolare aspetto della prigionia di mio padre. Ecco come sono venuto a sapere.

Da Caligiuri, ormai ottantenne, alcuni anni fa, mi sentii chiamare mentre stavo attraversando la strada. Seduto sull’uscio di casa, mi disse:

– Lei è figlio di Vanni Maiorana? Venga, venga… Suo padre mi ha salvato la vita.

– Si sta sbagliando – risposi. – Mio padre è scomparso da trent’anni.

– Lo so – replicò Caligiuri – Si accomodi dentro, la prego.

L’anziano ufficiale di Marina cominciò il suo racconto.

– Mi sentivo morire, mi trascinavo in coda a tanti altri prigionieri e deportati. L’unica cosa da fare era recarmi in infermeria a chiedere aiuto. “Come ti chiami?”, mi chiese l’infermiere.

– Caligiuri, risposi. E lui: – “Caligiuri? Di dove sei?”

– Di Castelbuono.

Vanni, sgranando gli occhi: “Anch’io. Mettiti da parte, lascia passare gli altri. Alla fine penserò a te”.

Durante il racconto Caligiuri non conteneva la sua emozione. Il suo torace era scosso da piccoli sussulti. “Una pausa per un gelato”, consigliò la moglie.

– Posso ritornare un’altra volta, se volete – mi sembrò giusto proporre.

– No, meglio subito – intervenne determinato l’anziano signore. E riprese a raccontare.

– Terminate le visite del medico, Vanni mi chiese se fossi disposto a isolarmi nel recinto degli affetti da scabbia. Mi assicurò che lì poteva assistermi meglio. Gli risposi di sì, forse potrò salvarmi…, pensai. Vanni mi fece spogliare e mi spalmò in tutto il corpo una puzzolentissima pomata. In quella baracca soggiornai dieci giorni, godendo di una razione alimentare leggermente più congrua, utile a riprendermi fisicamente. L’ultimo giorno Maiorana mi riferì che i tedeschi cercavano un gruppetto di prigionieri più idonei alla raccolta di patate in un campo lontano da lì. Mi chiese se me la sentivo di andare. Qualche patata forse avrei potuto furtivamente mangiarla…

E così fu. Maiorana era persona sensibile, generosa. Non sappiamo quante persone aiutò e come lo fece. Sicuramente molte, a giudicare dalle cartoline che i suoi amici gli spedivano dopo la guerra. Vanni e Vincenzo non s’incontrarono più nel campo. Non seppero mai perché furono presi dai tedeschi che erano alleati degli italiani durante il fascismo. Né i rispettivi familiari avevano loro notizie. I loro destini furono separati. Finita la guerra, comunque, ognuno di loro, tra pene e guai, riuscì a guadagnare la propria casa, a riabbracciare la famiglia. Vincenzo riprese la navigazione militare, Vanni raggiunse la moglie e le due figliolette nate prima del suo richiamo alle armi. Subito riprese il lavoro di curatolo nelle aziende armentizie, lontano da casa.

Dopo la pesantissima esperienza vissuta, mio padre necessitava di un recupero psicologico e affettivo, ma il dovere e il bisogno di pensare al sostentamento della famiglia non gli davano tempo né possibilità di farlo.

Dopo alcuni anni Vincenzo Caligiuri, molto più giovane di Vanni, si fece una famiglia a Palermo. Ma un altro duro colpo lo scosse: la perdita di un figlio di 16 anni di età per un incidente in vespa. La notizia destò scalpore al suo paese natìo dove fu portata la salma per essere tumulata. Vanni lo seppe e scese dalla montagna, raggiunse in tempo i dolenti al cimitero. Fermatosi dinanzi alla bara, disse:

– Questa volta non posso far nulla.

Fu allora che Vincenzo lo riconobbe. Quattro persone hanno dovuto separare i due ex prigionieri amici dal loro commosso, fortissimo abbraccio nell’infausta evenienza. Ma Caligiuri solo a tarda età si decise a raccontare a qualcuno la sua vicenda di prigioniero in Germania. Fino ad allora aveva taciuto.

Dovrei approfondire la storia di mio padre nei campi tedeschi. Oggi le cartoline usate da bambino per l’addobbo dell’albero di Natale agevolerebbero la mia ricerca. Ma sono andate tutte perdute. Unico cimelio in mio possesso è una cassettina in legno dove Vanni teneva i piccoli oggetti di valore durante la prigionia. Fino ad alcuni anni fa, aprendola, sentivo ancora un pungente odore di medicine.

Per rendere omaggio alla prigionia in Germania di mio padre sono andato a visitare un campo di sterminio. È poca cosa. Allora, mentre c’è ancora facoltà e piacere di scrivere, ho voluto raccogliere e proporre questi doverosi appunti perché l’esperienza sulla quale mio padre preferì tacere non venga rimossa del tutto.

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NO MUOS L’ANPI CON LA NOSTRA COSTITUZIONE RIPUDIA LA GUERRA

 

IDEALMENTE DA COMISO A NISCEMI

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